Plastic Lungs – Chameleon (Autoproduzione)

Dimensione elettronica in beat ponderati che regalano emozioni camaleontiche ricche di fascino per la scena d’oltreoceano intrecciando arditamente l’Europa di Lali Puna e Air per un suono esigente e ricco di spettacolari improvvisazioni, capaci di ricreare un ambient atmosferico penetrante e mai banale, con forti debiti nei confronti di un’internazionalità mai sospinta, ma allo stesso tempo esigente nei confronti di una scena, la nostra, priva tante volte di una sostanziosa memoria da annoverare tra i ricordi.

Questo primo EP dei vicentini Plastic Lungs finalmente consegna ad una provincia votata al punk rock, al metal e alle sue banali derivazioni, un attimo di respiro e di originalità, quell’originalità capace di conquistare ad un primo ascolto, con canzoni abbastanza eterogenee che permettono l’ascoltatore di entrare e farsi un’idea sentita di un genere che risulta essere alle nostre orecchie alquanto inusuale.

Quattro pezzi che si muovono rapidamente dall’iniziale Chameleon fino alla bellissima Song for a mother, apice del disco, che racchiude le sperimentazioni dei Radiohead dell’ultima fatica a Moon shaped pool; un disco d’esordio per palati raffinati, che spero si imponga presto come utile alternativa ad una musica territoriale poco originale, una speranza quindi per i nostri quattro, una speranza da curare giorno dopo giorno, tra le fatiche e i sogni da conquistare.

The fangs – The fangs (Autoproduzione)

Prendete la scena di Seattle più sporca e cupa ricca di improvvisazioni sonore e cataclismi rivoluzionari che caratterizzavano il continuo divenire di un’epoca.

Prendete un po’ di britpop, si proprio quello, la facilità di ascolto dei ritornelli e quello stile che si intreccia a convenzionali che non sono più convenzionali assoli di chitarra gainizzata e niente di più.

Prendete infine tre ragazzi che la musica la masticano a pranzo e a cena con del buon vino e un sorriso ironico che rende tutto più semplice, pacato ed espressivo.

Ecco allora che nascono i The fangs, gruppo vicentino che al loro primo demo intona un grunge vivo più che mai, contaminato da gruppi come QOTSA e A perfect Circle non dimenticando le origini Pearliane sorrette da un cantato che ricorda per certi versi il compianto Layne Staley.

Un mix di colori che si sovrappongono al grigiore, un impasto sonoro che si fa carne viva pulsante in pezzi come l’energica Fingerz, la sincopata Sheriff, il delirio di Bukkake, passando per la Bluriana Behind the camel e finendo con le improvvisazioni sonore di Root, incisiva come i solchi di un aratro che si fa ancora pulsante in un mare di corpi che affogano, ancora di una nave  pronta a solcare, lasciando alle spalle i giorni che non funzionano, i giorni andati a male.

Cinque pezzi che racchiudono un mondo, il mondo di Diego Zandiri, Paolo Facci e Michele Petullà, un microcosmo di vibrati virali che racchiudono un urlo che sentirete ancora per molto.