Mellow Mood – Large (La Tempesta Dub)

Sonorità colorate e sospese attraverso una solida base ritmica che si sposa alla perfezione con un suono sempre in evoluzione per la band reggae più importante che l’Italia possa avere. Ritornano i Mellow Mood con un disco compatto che tratta in maniera sempre chiara e senza mezze misure il consumismo sfrenato che investe la nostra società, la nostra economia, raccontando di un mondo in decadenza e proponendo ricette alternative che nella semplicità ritrovano una speranza di cambiamento, una speranza di scissione con tutto ciò che è passato. Large è un disco davvero di notevoli dimensioni, i suoni contemporanei si sposano a meraviglia con ciò che può essere inteso tradizionale e i colori che escono dal caleidoscopio dei nostri non sono altro che forme di racconto, forme di narrazione e di sostanza. Da Call back the love fino a Place called home i gemelli Garzia e il resto della ciurma ritornano con un disco da far passare da mente a mente, un album per tutti coloro che oltre i muri guardano lontano. 


David Lion – Mandala (Sugar Cane Records)

Pittura ricca di atmosfere in grado di compiere il giro del mondo attingendo la propria forza nella multiculturalità di genere e intensificando rapporti con suoni che non sono propriamente reggae, ma si fanno contaminare da un qualcosa di più ampio e vissuto, condiviso e sentito in un’innovazione sonora che il nostro David Lion, aka LIOND, sa domare, intensificare e distillare a dovere procedendo con suoni che provengono direttamente dal soul, dall’R’n’B, dall’elettronica spruzzata, da un rock mai conclamato, ma piuttosto sedimentato e fatto ad impalcatura per sorreggere questo disco impattante e ben ideato. Mandala è l’ineluttabilità della vita, è il giro continuo che non ha mai fine, è la ruota del nostro essere che si ripercuote con il nostro intorno raggiungendo apici notevoli in pezzi come Cast Away o Peaceful Warrior che vede la presenza di Antony B a supportare le note della canzone stessa. Il disco vede la partecipazione di numerosi artisti, tra gli altri Dean Fraser, Raphael, Piero Dread per un sodalizio musicale che abbatte le barriere e si pone come centro, fulcro fondamentale per una musica priva di confini; quadro essenziale e mutevole nella nostra vita.

Chisco – Ital (JamRockRecords)

Un mondo esploso in moltitudini colorate newroot per uno dei più rappresentativi, reggaeman italiani, Chisco, già voce dei Working Vibes , vincitori del Premio Ciampi nel 2009 e fautori di collaborazioni nonché condivisioni dello stesso palco con Manu Chao, Negrita, Ziggy Marley, Bluebeaters tanto per citarne alcuni, nomi sensazionali che hanno saputo dare piccoli insegnamenti di vita al nostro che ritorna e prosegue il suo cammino in solitaria, una cammino che è fusione della tavolozza cromatica originaria con nuovi suoni e nuove idee, dal piglio più deciso e incalzante, un ritmo che regala emozioni conquistando platee gremite, per una musica senza barriere e confini, quasi rivoluzionaria e molto appariscente, un palco colorato per giorni che sembrano non finire mai, sotto il segno del ritmo e del cantato in italiano per pezzi che si snocciolano al sole e che vantano la presenza di nomi illustri del panorama di genere come Terron Fabio dei Sud Sound System, KGMan, Papa Massi e Jaka, Sistah Franzy, Queen Mary, Francisca e Mis Tilla,una festa dentro la festa che crea un’armonia legata al filo della musica da Come il reggae fino A calci e pugni, passando per un frullato post estivo di musica da ballare anche in pieno inverno, in ricordo di questa estate, in ricordo di una vita da vivere ancora.

Fantasia pura italiana – Buffoni pecore e re (VREC)

La teatralità del  momento affonda le proprie radici lungo cinque pezzi che si muovono in modo assolutamente naturale tra folk, cantautorato, funk e ska alla ricerca del mood giusto per riuscire nell’intento di prendere alla leggera i grandi temi della vita, trasformando le aspirazioni del tempo in qualcosa di più concreto e sentito, disinvolto e ironico, in grado di entrare nella testa di chi ascolta, assaporandone versi, parole e concentrati di emozioni ben definite, da ballare, per un’estate che è emblema per questa musica, per un’estate che non vuole finire.

Loro sono toscani, ma trapiantati a Roma, hanno un nome da linea alimentare da supermercato, ma non per questo sono commerciali, anzi, la loro canzone pop è intrisa di significati congegnali ad ogni occasione, si passa facilmente dal singolo Piripì fino a Fette biscottate e Rock’n’roll, cambiando genere, sentendo il respiro della gente, il calore umano, necessario a questo tipo di band per progredire, un calore generato dalla commistione di più elementi in grado di apportare una formula tanto strampalata, quanto riuscita, in nome della musica, per la musica.

Questo è un disco che non è un riempitivo per l’aperitivo delle sei, anzi, questo è un album in grado  di far comprendere una musica che al primo ascolto sembra leggera come un vento primaverile, ma che nel profondo porta con sé le necessità del nostro vivere quotidiano.

Empatee du Weiss – Old tricks for Young dogs (Autoproduzione)

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Sperimentazione sonora che non ha mai fine tendendo a ricostruire degnamente una colonna sonora d’avanguardia e ricercata nell’unire i fiati ska all’improvvisazione jazz, addolcendo l’atmosfera con melodie a tratti malinconiche, a tratti sostenute e divincolate dalla realtà per un sogno psichedelico ad occhi aperti che permette l’ascoltatore di entrare in mondi spruzzati di rarefazione e soprattutto di note stilistiche che sorprendono per l’acutezza nell’accostare i paradigmi e i costrutti musicali in levare inglobati dal reggae, dallo ska fino ad arrivare al funk, passando per lo swing e l’hip hop.

Un disco d’avanguardia sonora che colpisce per capacità compositiva e lettura musicale di strati intellegibili di vita che non guardano al passato, ma si proiettano in un futuro carico di speranze e di attese, un futuro migliore in cui scavare nella ricerca della propria casa, l’idea di svecchiamento costante e l’essenza della materia che ci porta a tendere verso qualcosa che sa di fresco e nuovo.

Un album che prima di tutto è una dedica a Omar Saad, che ha rifiutato la leva militare israeliana, un disco che nasconde una velata protesta e impegno soprattutto sociale, oggi più che mai, oggi più di allora.

Tra collaborazioni illustri, Luigi de Gaspari degli Africa Unite e The Bluebeaters, Matilda De Angelis dei Rumba de Bodas e Max Collini degli Offlaga e dell’ultimo progetto Spartiti, i nostri sanno raccontare, attraverso i suoni, un istante che  di sgretola e si ricompone, abbandonando il vecchio e dando un senso maggiore alla luce che avanza.

New Zion Trio – Sunshine Seas (RareNoiseRecords)

Appunti sparsi per terra, gettati al vento in solitaria, fiori ancora freschi dentro al vaso sopra al comò e raggi di sole impazziti coprono la finestra che guarda il mare, là oltre l’orizzonte che conosciamo; una qualche spiaggia brasiliana che si dipinge in un quadro dai colori sgargianti, un gioco di luci a dominare la scena e poi il silenzio di quel continuo reflusso di maree che porta sulla spiaggia amore verso il domani.

New Zion Trio si evolve in sonorità, il fenomeno di New York Jamie Saft non smette di stupire e assieme a Bred Jones al basso acustico ed elettrico e Craig Santiago alla batteria e alle percussioni sforna una prova di tutto rispetto verso generi apparentemente diversi, tra sperimentazione e nuove forme di linguaggio, tra reggae e dub fino alla chillout calibrata a dovere, reinventando il tutto, dando un senso maggiore all’indecifrabile ordinarietà e conquistando l’ascoltatore con un’eterogeneità di movimenti sincronizzati.

Il trio lievita per dimensioni con Vanessa Saft alla voce in Sunshine seas e con il percussionista e cantante brasiliano Cyro Baptista già collaboratore con Santana, David Byrne, Brian Eno tanto per citarni alcuni, un trio che diventa per l’occasione un quintetto, fatto di sogni futuri e un amore eterno per la musica vera, quella sudata, quella ragionata, quella che si respira in ogni dove e non smette di stupire.

Pavese Rudie – Pavese Rudie (Baracca Records)

Jacopo in arte Pavese Rudie è una creatura che si muove nella scena capitolina e intasca una prova dal sapore forte, che ingloba una musica di genere specificatamente reggae, indorando testi e cercando di trovare nuovi significati ed espressioni al contesto in cui vive.

Affacciato verso l’Atlantico, il nostro è debitore di un suono che colpisce per espressività e arte incisiva, un miscuglio eterogeneo di vissuti di luce e soprattutto una capacità che si applica completamente in toto solo con l’aiuto del collettivo Baracca, una grande famiglia, un grande gruppo di amici che comprende componenti di Radici nel cemento, Banda Bassotti, Banda Baracca e altri ancora per un suono che è un incontro, un’unione multiculturale e ricca di appeal.

Scrivere in metrica, scrivere in rima, lasciare il tempo al tempo e concentrarsi su ciò che resterà dopo di noi: le parole, quelle scritte, quelle che restano, un modo indelebile di lasciare traccia, quell’essere incisivi che si può tranquillamente ascoltare in pezzi come Polvere, Il mondo che vorrei e poi Estate ancora, quelle parole a segnare il cammino che vivono dentro di noi per sempre.

Un disco dal sapore di sfida, un disco da ascoltare e un album che racchiude quella parte di noi da riconquistare e assaporare al meglio fino alla fine dei giorni, perché poi tutto quello che resta inciso vivrà in un eco eterno.

Earth Beat Movement – 70BPM (Princevibe)

I colori della terra che prendono forma e regalano vita a qualsiasi pezzo di eternità che ci gira intorno, un costrutto emozionale che si staglia nel cielo e un amore per le cose fatte con calma, osservando, lasciando da parte le cose inutili e incastrando il tempo prezioso con ciò che amiamo fare di più.

Gli Earth Beat Movement, band fiorentina, dopo il successo del disco del 2015 Right Road, si concede con il nuovo a sonorità molto più reggae e incentrare nella massima conoscenza di se stessi protagonisti di una terra che ci vuole al centro delle nostre scelte e padroni del nostro pensare.

Il respiro che fa parte di noi lo possiamo assaporare e scoprire lungo le 14 canzoni che compongono il disco, a segnare il cammino, a comporre impressioni che abbandonano il tempo per riscoprirci nuova sostanza mutevole.

Ma noi vogliamo rimanere con i piedi ben saldi al terreno, essere legame unico con ciò che ci circonda; un disco che è un punto di riferimento per la scena reggae italiana, un album che, attraverso un concetto fondamentale, e non illusorio, ci permette di capire dove stiamo andando e cosa vogliamo fare della nostra vita.

Malamanera – Il primo passo (Autoproduzione)

Musica d’autore scanzonata e spensierata che grazie ad un ritmo latino ci proietta inesorabilmente in un mondo fatto di colori e sensazioni, ritornelli facili da memorizzare inglobati da una linea melodica che prende fin dalle prime note.

Un disco ricco di sole, che lascia da parte le malinconie invernali per concedersi in un solo e lungo caldo abbraccio, un momento di pace interiore che rispecchia in primis un amore sconsiderato per la natura, quella natura raccolta e coltivata, una natura che dona frutti sperati e ripaga dello sforzo fatto grazie ad un suono dub incuriosito dallo step avvincente di fisarmonica incastonata con la batteria.

La voce poi si innesta perfettamente creando con basso e chitarra un incalzante filastrocca continua che si fa portatrice di un suono fresco, non troppo manipolato e che si lascia all’intuizione brillante e pulita di un levare accompagnato dal reggae sud americano e decantato tra samba e ska nostrano.

Otto composizioni che seguono una linea guida, otto canzoni che parlano di noi e della positività partendo con Maldita e finendo con Tu Que tra viaggi sognanti in territori lontani e selvaggi.

Un disco d’autore quindi fatto da una band, un disco che si racconta si con leggero impegno, ma che si lascia anche trasportare dall’emozione e dal contatto con qualcosa che per consuetudine è lontano, ma che grazie alla scoperta risulta essere incredibilmente vicino.