Il geometra Mangoni – L’anticiclone delle Azzorre (Qui base luna)

Canzoni siderali che parlano d’amore senza usare la parola amore, quel sentimento abbracciato alla vita e alla natura che sottilmente pervade l’atmosfera di codici velati e di parole che si susseguono, cantate magistralmente in italiano e composte per creare una poesia post crepuscolare e accesa da qualche bagliore di luce, da qualche sottigliezza che esagerando si inabissa nel nostro profondo, dentro a mete ricercate, vissute e composte.

Maurizio Mangoni con i suoi fidi collaboratori intasca una prova di puro indie pop internazionale condito da un’elettronica efficace e mai banale che evidenza le stratificazioni del pezzo e divincola il passato, lasciando posto ad un presente ben incasellato e immaginifico; un’immaginazione coinvolta e sorpresa, sentita e ricondotta al nostro essere come non mai.

Un curriculum di tutto rispetto, che porta appresso la svolta, una svolta dal sapore di neve e colori tenui, tinte pastello che non si stancano di raccontare e raccontarsi, aria di quiete e solitudine nel frastuono quotidiano, unica via di salvezza e lontano quella fiamma, la fiamma del cantautorato che oggi ha un nuovo esponente, fuori dai cantautori degli anni zero, questo geometra che misura parola per parola nel dare un senso necessario alla nostra vita.

Beatrice Antolini – Vivid (Qui base luna)

Ascoltare questi dischi ti fa capire che forse stiamo raggiungendo una perfezione che va ben oltre la capacità di investire denaro e tempo per creare un prodotto finito ad alti livelli.

Qui si sta parlando di una cura maniacale ad ogni singola nota, ad ogni singolo istante che Beatrice Antolini vuole raccontare, perfezionando i precedenti e dando quel qualcosa in più che forse è molto difficile da trovare in altre formazioni/cantautrici.

Come in una fotografia si lascia il territorio nazionale per percorrere strade che sono lontane da noi, dal sapore extraeuropeo, delle volte si possono sentire echi medio orientali che ti entrano e non ti lasciano più fuggire,tanto la proposta si fa variegata, quanto la ricerca del mood eccellente è presente in ogni traccia.

Beatrice suona di tutto e lo sappiamo, già musicista con A toys orchestra e presente nella compilation Il paese è reale di Manuel Agnelli e co., la cantante si insidia in modo preponderante già dalle prime battute in PineBrain, passando per l’orientaleggiante Vertical love, echi lontani si ascoltano in Taste of all arrivando alla perfezione sonora in Vibration 7, si scherza poi in My name is an invention chiudendo con sonorità Bat for Lashes in Happy Europa.

Lo scarabeo si insinua lentamente dentro il tuo corpo cambiando colore, come in una mattina di sole il tuo sentire si trasmuta dando forma ad un arcobaleno di pensieri sinceri, che si possono condividere e che fanno di te una persona migliore.

Un disco elegante, ben suonato, sicuro e destinato a diventare uno dei più bei dischi del 2014.

Angela Kinczly – La visita (Qui base luna)

Profumo di rose e di prati che colgono ogni raggio di luce per assecondare il ricordo alla ragione quasi in un’estasi mistica da cui uscirne illesi, privi di qualsiasi potenzialità, privi di quella ingenuinità che prima ci caratterizzava e ora resta solo polvere nei nostri occhi.

Magia adolescenziale e savoir faire da adulta per il disco di Angela Kinczly “La visita”, uno spaccato di emozioni che si concentrano su di un cielo ricco di avvenire e sogni da poter inseguire ancora per una volta come fosserro soffi di rugiada nel mattino che discende come coperta a racchiudere i corpi di due amanti persi nel sonno profondo.

11 tracce di un pop non gridato, non richiesto, non urlato; ma un pop che si colora di pastelli che mescolati ad acquarelli ci regalano un disco che miscela il meglio di tutto ciò che la scena italiana offre.

Bellissimi pezzi come “Lucciole” o la graffiante in sperimetalismi compiuti “Mercoledì no movie” ti trasportano in mondi lontanissimi.

“Orologi liquidi” è un omaggio a Dalì mentre il tutto si fa deserto nella strumentale “Nick and Joni” accompagnata da “Un giorno di settembre” ricordando Micah P Hinson su tutti.

“Volerò” invece si staglia come traccia sonora di incredibile grazia.

Un album perennemente in divenire che alterna momenti vibranti ad attimi di introspezione sonore.

Non possiamo far altro che sederci e lasciarci trasportare da quel profumo di rosa e dalla luce che avanza aspettando un nuovo passo, aldilà, verso il cielo.

LaTarma – Antitarma (Qui base luna)

Marta Ascari in arte LaTarma esordisce con un full length ricco di sperimentazioni pop in bilico tra l’indie e il mainstream, cercando di produrre un suono del tutto personale e fuori da qualsiasi tipo di schema prestabilito, ricomponendo il tutto ad ambizione profonda che si fa carne viva, naturale, in completo cambiamento.

E’ un disco si che suona pop, ma che riesce a catturare l’attenzione per sonorità affini ad un mondo poco convenzionale, ricco di sfumtaure che si librano soprattutto in un cantato moderno, ricercato e ricco di senso e condivisione.

Entrare nel mondo di Marta non è difficile anzi, lei mette a disposizione tutto quello di cui abbiamo bisogno per sperimentare e sperimentarci.

Un musica che si fa viva e raggiante racchiusa in brevi momenti di intimità che si fanno portavoce di un esistenzialismo moderno e di controcultura letteraria.

I testi sono in bilico tra il non sense e l’ossimoro esibito che prende forma all’interno di un contesto che racchiude perle da custodire e conservare, quasi fosse un regalo prezioso da far vedere solo a chi veramente conta.

Latarma sa il fatto suo e colpisce nel segno con pezzi come il singolo “Icastica” o l’energia in “fiori neri” passando per la tiepida “Istanbul”; fanno capolino poi nel finale la malinconica “Mongolfiera” e la sperimentale “La bellezza delle cose”.

Un disco per ogni stagione, che racconta il disincanto e la passione, un album che fa sperare tra la poesia e la magia: il mondo raccontato da Marta è un mondo dove poter vivere.