-FUMETTO- Wish you were here/Syd Barrett e i Pink Floyd – Danilo Deninotti/Luca Lenci (Edizioni BD)

Wish You Were Here - Syd Barrett e i Pink Floyd

 

Titolo: Wish you were here/Syd Barrett e i Pink Floyd

Autori: Danilo Deninotti/Luca Lenci

Casa Editrice: Edizioni BD

ISBN: 9788868832919

Prezzo: 13,90€

 

 

Parlare di un genio indiscusso dell’arte a tutto tondo non è sempre facile, non è sempre immediato e d’altro canto è sempre difficile entrare nella mente di chi vive situazioni, esperienze e attimi che possono sembrare scintille, meteore  e costrutti che in qualche modo parlano di chi la musica l’ha inventata per come la sentiamo oggi, tra le sperimentazioni divincolate dalla società del tempo e quegli sprazzi di luce abbagliante che come un lampo illuminano gli orizzonti da qui al futuro.

Partire con questo racconto a vignette mi sembra essenziale per comprendere almeno a livello diretto, lontano da qualsivoglia forma enciclopedica, la storia di Syd Barrett, la storia di un uomo che nel bene e nel male ha costruito i Pink Floyd per come li conosciamo o perlomeno ha contribuito a disegnare un periodo, gettando le basi, per ciò che poi il gruppo londinese, sarebbe diventato.

Un viaggio emozionante, un viaggio in primis legato all’amicizia, quell’amicizia profonda che lega, ma che inevitabilmente poi tradisce e quel desiderio di fare gruppo, oltre ogni aspettativa, quando ancora la musica la si faceva per passione e non per denaro, un viaggio tra vignette che permettono al lettore di entrare in profondità per comprendere caratterialmente le esigenze di quel diamante pazzo che sconvolge, incorpora e amalgama e allo stesso tempo distrugge e si annienta subendo il peso delle droghe, quel peso che porta il nostro a strafarsi prima dei concerti,  costringendo i Pink Floyd a sostituire la sua presenza con il chitarrista Gilmour, proprio nel post periodo di The Piper at the Gates of Dawn, un album che è esso stesso capostipite della psichedelia per come la conosciamo, un disco sul buio cosmico che si innalza nella ricerca di una nuova luce, quella luce che forse proprio Barrett, da li in poi non è riuscito più a vedere e ad esplorare.

Chiaro scuri in netto contrasto portano le vicende fino all’ultima apparizione negli Abbey Road Studios, datata 1975, durante le registrazioni di Wish you were here, un album forse dedicato proprio al nostro, un’apparizione al gruppo però quasi destabilizzante, un Barrett calvo, grasso, con le sopracciglia rasate e un borsa per la spesa: un cosmonauta dagli occhi dispersi e lontani, fuori da ogni stato mentale normalmente concepibile, per come la si intende la cosiddetta, soggettiva, normalità.

Il tutto viene raccontato egregiamente da Danilo Deninotti, autore dei testi, che trasforma i vissuti di quel tempo in qualcosa che possa restare nell’immaginario delle generazioni future, senza dimenticare le superbe illustrazioni di Luca Lenci che si muovono su più livelli, ad incontrare De Luca per alcune scelte stilistiche e contornando il tutto grazie a salti temporali artistici ed efficaci.

Un fumetto che è esso storia e si fa portatore di una nostalgia contagiosa, il tutto ambientato nella più naturale delle normalità, tra i giorni che si inseguono e un tempo immodificabile, tra la pioggia dei ricordi e quell’insieme di colori durati un lampo; perché per qualche momento, in un tempo indefinito, Syd Barrett era l’arcobaleno e i Pink Floyd i colori che lo componevano.

Officina della camomilla – Palazzina Liberty (Garrincha Dischi/Panico Dischi)

Disco che disorienta e spazia in maniera del tutto improvvisata da sonorità lisergiche e quasi psichedeliche verso sostanziose ballate chitarristiche quasi live che in primo piano si fanno racconto di un mondo in decadenza, di un’istantanea accesa dal colore del mare e pronta a sconfiggere l’inutilità per arrivare al succo comprensibile solo da pochi; questo disco è un salto nel vuoto, il vuoto del tempo da colmare, il passaggio segreto, osando e ripetendo, evitando la caduta e magari costruendo nuove forme di società reale, vera, grazie ad occhi sempre aperti, fatti per vedere, fatti per respirare.

Sgangheratezza cosmica che si lascia espandere con intro infinite, dilatate, orchestrali, arrangiamenti studiati per creare tappeti addobbanti foreste, tra Swing, Valzer, Industrial da rave e quell’approccio tanto caro al passato che vede ancora quella tastiera a comporre melodie di facile presa e giusta ambizione, i Beatles e i Verdena, spruzzate di Pink Floyd, Sycamore Age e la cover simil Closer dei compianti Division per un album che è pura transizione per i giorni che verranno, uno studio di un concetto, di un qualcosa che era e che ora si fa ombra, un corridoio oscuro, una porta in fondo alla notte e poi la luce, tanto bella ed essenziale che ti viene voglia di baciarla.