Bioscrape – Exp.ZeroOne (OverDub Recordings/Worm Hole Death)

Discesa negli inferi senza risalita, violente sberle in faccia che non sono di certo rassicuranti, per gli amanti del genere questa è roba che spacca, un incrocio di Brutal con il Metal e l’Hardcore a creare una commistione sonora tanto cara a chi, per scelta, decide di vivere una vita nel cocktail degli eccessi e della velocità.

Un mix quindi che non ha fine e che si prende il meglio contaminato per trasfromarlo, ricreandolo sapientemente in una profilassi sonora che non ha nulla da invidiare agli esterofili che sul piedistallo danno le indicazioni per creare questa e altra musica.

Un gruppo che certamente sa intrattenere al suon di pogo ammiratori della prima e ultima ora, intrecciando confusione mentale e ragionevoli eccessi capaci di stupire.

Una band  dal sapore internazionale che innesca la miccia della ribalta, calcando il palcoscenico in modo pesante tra linee ritmiche instancabili e urla strazianti color grigio cielo.

Warped – Intorno a me (OverDub Recordings)

http://image1.frequency.com/uri/w234_h132_ctrim_ll/_/item/1/4/5/5/Intorno_A_Me_Warped_145586762_thumbnail.jpgMascelle che si contorcono e distorte si assottigliano fino ad entrarti prepotentemente nella testa come fosse in un videogioco, quel videogioco a cui non riesci a rinunciare tanto ti coinvolge quanto ti ruba l’anima, i pensieri gli affetti.

I Warped non cercano mezze misure sono incavolati con tutto quello che li circonda e fanno del Nu Metal vecchia scuola la loro carta d’identità; un substrato di vissuti laceranti dove l’inizio non ha mai fine e i territori da invadere e scoprire si fanno sempre più larghi.

Un senso di tensione ti attanaglia e poi le parole sono snocciolate tutte d’un fiato quasi a comporre una lirica sonora che non ha mai fine.

10 pezzi cantati in italiano che rispecchiano la vita dei cinque ragazzi, 10 pezzi che, come vetri affilati ti misurano la pelle e la fanno diventare qualcosa di autentico e sensazionale: ascoltare per credere A Pugni chiusi o Fa male.

Un continuo reagire agli stimoli esterni, un continuo frapporsi di termini, come la nostra vita fosse un continuo ossimoro, dove il chiarore si affaccia al buio, dove il sole illumina la notte, a completare un percorso di istinti e passioni.

Fankaz – Burning leaves of empty fawns (OverDubRecordings)

La velocità fa bene, la velocità è pura delizia per un corpo che non riesce a controllarsi tante sono le incursioni sonore che si respirano e tante altre sono quelle che ancora non conosci e vorresti condividere in un mondo diverso da questo, più naturale dove l’armonia si coniuga in modo perfetto al fragoroso incedere di nuvole elettriche che non smettono di tuonare.

Fankaz è un po’ la medicina per i mali di stagione, ispirati da gruppi come Action Men, NoUseForAName e Sun Eats Hours, non però i convertiti sulla via di Damasco The Sun, ma i primi più sfuggevoli e vissuti, i nostri si concedono il privilegio di spaziare dal melodico e più classico hardcore fino a toccare attimi di brutal death tra sezioni ritmiche da cardioplama dove i fusti della batteria sono pronti ad incediarsi in un solo alto fuoco che si comprime al pensiero che tutto possa svanire da un momento all’altro.

Attimi di luce quindi in una foresta in cui la luce ci sfiora appena lasciando solo quel piccolo spiraglio per respirare e rendere tutto omogeneo in una continua disillusione.

14 tracce con echi di cori in lontananza, che in modo massiccio si fanno sentire e si fanno ascoltare; quella caparbietà che solo il pensiero più lontano può rendere vicino, quella grinta che poche band accomuna e che i Fankaz sanno sfruttare appieno nel semideserto di ogni giorno.

Un disco sicuramente da esportare che sarà presente anche nel mercato internazionale e che vedrà i nostri portabandiera di un’italianità svanita in molti campi, ma nello stesso tempo sarà anche portavoce di qulacosa di più grande.

 

Red Shelter – Nothing more…Nothing Less (OverDubRecordings)

Musica sbarazzina, pimpante, con quel tocco di brio che mai guasta alle produzioni nostrane che in questo caso si affacciano prepotentemente sul canale della manica per far valere le proprie capacità ed intascando ad ogni ascolto sogni di gloria e speranza.

La band nasce nel 2010 e dopo un periodo di classiche cover band si interroga sul da farsi e soprattutto sulla voglia di creare qualcosa assieme che vada ben oltre l’intrattenimento da stuzzichini facili.

Ecco allora che nasce Nothing more…nothing less: 10 tracce che ti fanno alzare lo sguardo al cielo e in modo spensierato ti concedono attimi di luce solare nella piovosa Primavera che ci appartiene.

Nonostante una cupa copertina, l’idea dominante si trova in quella lampadina che ricopre traiettorie che non sono sempre uguali, ma che si contendono la via giusta da seguire.

Questa strada, i nostri, la conoscono egregiamente e con pezzi degni del loro nome dall’inizio di Alone passando per Just a game e nel finale di Floating in my mind il suono si concentra in attimi di pura energia che si divincola dal già sentito per prendere una nuova e personale via.

Un disco pieno e vivo, ricco di quella vitalità che non ha nulla da invidiare a produzioni ben più costose ed internazionali. Complimenti.

La XII notte – Il venerdì dei mostri (Overdubrecordings)

Prendi un banchetto dove chi aspetta sta per compiere qualcosa di favoloso, lucente e allo stesso tempo oscuro, vorace, di quella voracità pronta ad esplodere e  a lasciare in aria tracce di sostanze in decomposizione che si allineano all’idea di grottesco come uccelli che perdono il volo cadendo inesorabilmente a terra.

Prendi ciò che resta da questo banchetto di fine anni ’90: resta il grunge, il post rock, resta il rock nella sua più vera essenza, gridato a squarciagola e sudato fino all’inverosimile, fino alla tenuta di ciò che ora non ci appartiene più.

Prendi poi un gruppo di ragazzi, La dodicesima notte appunto, che mette su questo banchetto tutte le loro pietanze più buone, tutti i loro interessi, con l’intento si smascherare coloro che al banchetto indossano la maschera dell’opportunismo e del qualunquismo.

Ecco allora che tutto è spiegato, svelato, come fosse proprio quella magia che il mago, in tenere età, c’ha rivelato di nascosto in un orecchio, creando uno stato di svanimento misto all’arcano che si è protratto fino ad oggi nel vivere quotidiano.

Il venerdì dei mostri racconta proprio questo, racconta di un mondo che ci vede sempre Sul podio, ma nel contempo ci rende Borderline racchiudendoci in un Vortice che si porta tutto via.

Un disco per il nostro tempo, un disco che in qualche modo ci fa sperare di essere diversi, forse migliori, in attesa che i giorni cambino o meglio in attesa di cambiarli.