CRM – My lunch (OverDubRecordings)

My Lunch

Tappeti di elettronica post punk arrivano a condensare le melodie di Moby attraverso una musica d’effetto, a tratti psichedelica che non si risparmia, ma che ritrova, nel gusto dall’andare, una vibrante attesa di novità sulfurea e sogni da costruire. Il disco dei CRM è un concentrato di pure visioni identificabili in un mood non edulcorato, ma sghembo, spesso scomposto e nel contempo lisergico quanto basta per diffondere significati che sanno di sperimentazioni notturne e di composizioni ad incrociare le stelle. Ci sono nove pezzi. Tra i più significativi la stessa title track, ma anche canzoni come Buy, Alone, Weirdo e la finale Jesus’s back a ristabilire un nuovo volo attraverso regole in divenire e trasformazioni che ricordano gli anni ottanta, ma che inevitabilmente ci trasportano in questa epoca fatta di pochi, rari, momenti da poter assaporare appieno.

Sons of shit – Freakshow (OverDubRecordings)

s_02 FREAKSHOW

L’incazzatura globale si respira ancora una volta nell’intricato bisogno di apparire all’interno di un quadro mai delineato di punk, rock, hardcore, rap che sa di tempesta, di orrore mai celato e incubi a dormire dietro l’angolo. Il nuovo dei Sons of shit non delude le aspettative e racchiude, all’interno delle nove tracce proposte, l’illusione di questi tempi raccontata attraverso le peripezie notturne costruite attorno ad un crossover di bisogni da reclamare e sincerità da custodire. Un album pregno di parole. Un disco attuale per temi trattati che trova, nel desiderio di inglobare le asperità, una musica mai scontata e banale che cerca, in qualche modo, di ricucire la strada perduta grazie ad una formula innovativa e ad affetto. Dall’intro lasciata a Nelle puntate precedenti… fino a Fastidio i nostri intavolano un puzzle dove le barriere vengono abbattute e dove la parola diventa veicolo per raccontare le inadeguatezze della vita.


ThëM – Frames (OverDubRecordings)

Frames

Disco compresso all’interno di territori ostili dove stringersi e aspettare questo futuro incerto. La rabbia incisa per l’occasione in questo Frames è decisiva per comprendere una poetica che racchiude una meraviglia capace di esplodere dalla decomposizione di questa realtà. Un album magnifico che vive di luce propria e costringe l’ascoltatore a rimanere imbrigliato in una rete di luce e buio che colpisce per compattezza impattante e di sicuro effetto. Sono nove canzoni che cercano una valvola di sfogo e giustamente respirano un suono che diventa incrociatore stellare per un post rock che trova nelle sfumature hardcore un segnale di ripresa oltre ciò che viviamo giorno dopo giorno. Da Blinded fino a Time passando per le bellissime Smart pressure, Restless, Fragments, Ghost of myself, Time, i nostri ci invitano ad ammirare, questo tutto, a bocca aperta.


 

Alma Irata – Pillole di inquietudine sociale (OverDubRecordings)

PILLOLE DI INQUIETUDINE SOCIALE | ALMA IRATA

Rock di denuncia sociale che imbriglia momenti di puro lirismo ispirato nel parlare della nostra società malata troppo spesso impressa nelle velleità dei social e poco vissuta nel quotidiano. Ritornano gli Alma Irata con un disco arrabbiato e tosto. Un album che non si risparmia fagocitando il nulla intorno e rigettandolo con potenza incontrollata e sensazionale bisogno di esistenza oltre l’inutilità di questi tempi. Un insieme di tracce che costringono l’ascoltatore a non ignorare mai il proprio credo cercando di contrapporre tutto ciò che è futile a ciò che conta veramente. C’è la politica in queste canzoni, una politica che diventa, per l’occasione, aria essenziale da respirare ogni giorno della nostra esistenza a raccontare il disastro sociale ed economico creato dal capitalismo imperante e a costruire una denuncia nei confronti di questo nostro stare che al grido di libertà per tutti raccoglie, con coraggio, la polvere della quotidianità, per ripartire, di nuovo.


Sommossa – Autentica (Overdub Recordings)

Risultati immagini per sommossa autentica

Suoni dal profondo che eviscerano un rock capace di penetrare la carne e coinvolgere sapientemente passato e futuro in un sola band. I Sommossa creano una prova dal sapore ’90 condita da un alternative cantato in italiano davvero potente nella forma strutturale, nel lirismo e nella canzone raccolta. Dubbi e riflessioni su questa era post apocalittica vengono snocciolati a dovere. Pensieri in cui l’oscurità vince sulla luce e dove alternanze immaginate rendono Autentica una vera e propria prova di rock d’autore d’oltreoceano. Da Mark Lanegan ai compianti e conterranei della band Estra di Giulio Casale, i nostri intascano una prova pregna di significato che non si accontenta di apparire, ma scava fino alle radici della nostra anima per dare un senso pesato a parole che hanno il sapore della terra, il colore del tempo, di questo nostro tempo. I Sommossa incidono un disco corale cantando di questa società malata, cantando ancora del nostro vivere.


Tre Chiodi – Murmure (Overdub Recordings)

Dai suoni del corpo la speranza per comprenderci maggiormente in un solitario declino che muove verso orizzonti da scoprire e desideri da raggiungere, partendo proprio da quelle voci che sentiamo dentro, dalla carne che si sgretola e si ricompone, dal chiarore abissale di una comprensione che va aldilà delle singole mode e delle singole impressioni, Murmure è un disco stratificato e sostanzioso, pieno di riferimenti all’abbandono dell’anima, un album capace di penetrare con una formula inusuale, ma convincente, un rock alternativo implementato da una voce che non c’entra nulla, ma convince a dismisura, con testi che si affacciano al cantautorato più vissuto, in una costruzione di ideali che si affaccia direttamente alle storie di ogni giorno, a quella sostanza inquietante che si chiama vita e qui ben rappresentata in pezzi come Trago, Cuore, Vertebra e la finale Capelli; parti di corpo, parti di noi, parti di vittoria e parti di sconfitta in una prosecuzione naturale delle cose che vede nella bellezza della disfatta un motivo in più per crescere ancora.

Deathwood – …And if it were true? (OverdubRecordings)

Entrare nel bosco delle proprie paure e respirare la certezza che qualcosa succederà, tra l’ossigeno in decomposizione e il bisogno di correre, devastando tutto ciò che ci troviamo davanti o sotto i piedi nell’attesa di vedere una luce che mai arriverà, un corridoio, un antro color tempesta e temporale che travalica le nostre coscienze e si nutra della nostra voracità nell’essere umani.

Questo punk rock si fa racconto terrificante e sospeso, ricco di atmosfera e coinvolgente già in partenza, mitigato qua e là da sonorità già conosciute, ma capaci di penetrare in profondità come storia attorno al fuoco, come ricordo di fantasmi dentro di noi e ovviamente come fondo di verità, perché dentro ad ogni leggenda possiamo comprendere l’incomprensibile e questo ce lo spiegano i nostri Deathwood che per l’occasione registrano un disco che è esso stesso concept orrorifico carico di significato, che mescola vissuti personali con storie abruzzesi di altri giorni, ma che ritroviamo in questo disco sporco di punk rock scuola americana in un concentrato di narrazione ultraterrena sempre sopra le righe e ricco di sostanza.

Nove pezzi che attingono direttamente dall’immaginario horror targato anni ’80 condito da un punk ben lavorato e capace di dare un senso all’ascolto, capace di rendere la paura ancora tangibile; una colonna sonora per lo Scream del domani.

Dissidio – Thisorientamento (OverDubRecordings)

Atmosfere che si fanno incubo, che sono distese di cupezze oscurali e graffianti che coincidono con l’eclissi e frastagliano eleganti giornate in brutti sogni ad occhi aperti da assaporare, da maneggiare con cura e con estrema volontà affrontare giorno dopo giorno.

Canzoni intrise da poetica teatrale istrionica, maneggevolezza che esplode in un solo vacuo sospiro disilluso, fonte di saggezza e capacità di narrare che con rabbia e maestria colpisce al cuore e non se ne va tanto facilmente.

Il circo grottesco ad occhi aperti che ricalca una volontà fatta di immagini e racconti, pensieri disordinati che si apprestano in poco tempo a creare storie: gli Elettrofandango incontrano Il teatro degli Orrori per fondersi alla rumorosità dei Massimo Volume in un vortice post espressionista di dilagante apertura mentale.

Raccontare con rabbia un’Italia che non gira creando un senso di disorientamento che ci accomuna, che accomuna speranze e per intensità ci affoga come in un vortice, facendo morire tutto ciò in cui noi crediamo, perdendo la strada della ragione e rendendoci partecipi di un costrutto lento da assorbire e privo di punti fermi da cui incanalare nuova e più vigile vitalità.

Si parte con Ciao, Ciao parte 1 passando per le irriverenti ha ha ha e quel gusto per il teatrale sommerso in Pezzo di sfiga e Vetrina specchio in modo da condurci ancora una volta al senso di tutte le parole, al nostro io rapportato ad un mondo da superare.

Disco carico di personalità questo, che elargisce e non ci abbandona, ma ci accompagna, grazie a questa grande band, davanti a nuove sfide da affrontare, senza paura del vento, senza la paura di ciò che verrà.

A l’aube Fluorescente – Taking my youth (Overdub Recordings)

Prendi la mia giovinezza e scaraventala al suolo, immola grida di dolore verso ciò che non è più tuo e compi un gesto d’amore, verso chi ti teme, verso il caldo estivo, verso il piccolo che è dentro di te e che deve in qualche modo far parte di un qualcosa di più grande, di più sentito, verso territori lontani; nostalgici coinvolgimenti emotivi tra rock sognante per partenze cosmiche.

Gli Alaf segnano il cammino con questa nuova prova e lo fanno con un suono di tutto rispetto, mescolando sapientemente il post grunge e creando un alternative rock non forzato, ma che imbastisce trame sonore senza tempo, un estinguersi di gioia verso territori sconfinati, un infinito che si tocca con mano e rende la proposta un’eterogeneità complessa e non banale, dando prova ancora una volta della capacità intrinseca della band di creare in tutto e per tutto meraviglia.

Prendere la giovinezza è un inno generazionale che dentro di noi esplode come fosse materia incandescente, tra le divagazioni sonore di Wiser, passando per la linea d’ombra di The King of air castle e altalenando il tutto sino ad arrivare alla bellezza di Venetian Green Room.

Un disco che per approccio si coordina ad una nuova forma di metal melodico, tra sospiri senza tempo che sono anch’essi veicolo per territori da esplorare, alla ricerca di quel bambino, alla ricerca del caldo d’Agosto, alla ricerca di qualcosa che giace sotto la polvere nel nostro cuore e che ogni tanto avrebbe bisogno di una luce nuova.

Like a Paperplane – Unfolding Light (OverdubRecordings)

Cieli e spazi indefiniti che piovono miracoli di stelle lucenti da prendere e delicatamente custodire.

Aerei di carta che si innestano a coprire foglie di alberi spogli e sostanza, dove se ne trova, a rischiarar dalle nuvole e poi il sereno.

Abbondanza di post rock nel nuovo disco dei Like a Paperplane, che mira a costruire una trama sonora fitta ed efficace, capace di raggiungere profondità in bagliori di luce e possibilità di vita, vera, autentica.

Il primo full length è passione cosmica per l’indefinito e per quell’elettronica che fa da contorno a cavalcate sonore che si prestano ad abbozzare un paesaggio lunare pronto ad essere scoperto e assaporato.

Dieci tracce che tendono, nella loro interezza, alla perfezione, in quadro non del tutto definito, ma ricco di sostanziali e ipnotiche aspettative.