E’ di nuovo in pista la band bresciana che ha saputo piantare nella terra i semi divenuti radice di una pianta rock con sfumature grunge intessuta in quegli angoli di tempo che trovano negli anni novanta un punto di svolta sicuramente necessario e unico. Headaches è un disco complesso, duro e puro. Un rock contaminato da un alternative che trova nelle costruzioni e nelle intercapedini della vita un punto di contatto con ciò che ci portiamo dentro nel tentativo di creare un disegno sempre più reale, ma enigmatico, di una quotidianità fatta di passione e sudore. Sono otto tracce belle compresse che ambiscono ad aperture sensazionali. Si parte con Took me down per arrivare a Cuddle in a jail passando per le riuscite Nice day, Away e la stessa title track a ritrovare nel suono e nelle variazioni interiori una classe che non ha smesso di brillare.
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One eyed jack – What’m I getting high on? (Fill 1933/Supernova Music)
Bombarde cosmiche di impatto sostanziale che prendono spunto dalla forza degli anni ’90, alzando il tiro e confezionando una prova dal sapore grunge e alternative rock dove la presenza di un power trio impattante regala soddisfazioni che riempiono di decibel le nostre orecchie e il nostro di dentro. I One eyed jack citano Twin Peaks già dal loro nome e in qualche modo ci fanno rivivere le situazioni musicali di quel periodo, nella loro musica si possono ascoltare echi di Nirvana, Pearl Jam, ma anche di Smashing Pumpkins e Soundgarden per un costrutto che si rifà all’epoca d’oro di Seattle, ma proiettato ai giorni nostri. I testi sono ridondanti per scelta, ripetizioni di frasi ad entrare e ad uscire fino a penetrare nel profondo della carne per un album che spazza via le incertezze e consegna un suono alquanto granitico dove i muri di chitarre sono riempitivo per una base ritmica solida e incalzante. What’m I getting high on? è un disco che potrebbe definirsi anacronistico, ma non lo è, perché piccoli elementi di contorno attuale rendono la proposta alquanto sincera e allettante, abbandonando i conformismi e ricercando una propria strada da seguire.
One eyed jack – Sea Plant Pollen (Gufo Records)
Post rock dalla provincia bresciana che si scontra e incontra tutto il rock del tardo ’90 caratterizzato da un post grunge essenziale e riscoperto, carico di significati e incanalato attraverso la polvere che si alza lasciando al passaggio solo uno strato tetro e spesso come un muro a far da spartiacque esistenziale a suoni granitici e compressi che appesantiscono la scena e tentano di cercare una nuova via per ridare speranza, ridare un senso al rock morto da decenni.
One eyed jack di ispirazione Lynchiana è il nome di questo trio che fa della potenza devastante una delle carte per giocarsi la sfida con un mondo musicale sempre più concorrenziale cercando sempre nuove aperture verso l’esterno capaci di ridare nuova linfa e vigore, ottenebrando il passato e dando un senso alla formula power trio spesso uniformata.
Strutture prettamente pop che abbandonano però la concezione classica a cui siamo abituati per screpolarci al sole e raccontare di un disagio, di un male interiore che non lascia scampo e ossessivo tende ad aprirsi e logorare le strutture pre impostate che ci portiamo dentro.
Un disco ruvido e quasi oscuro, un disco fatto con passione e tagliente energia che cambia le carte in tavola e cerca di donare nuove speranze al genere, nuove attese forse e nuove domande sul futuro del rock oggi e di tutta la musica che ci attenderà da qui al futuro.