Non voglio che Clara – Superspleen Vol.1 (Dischi Sotterranei)

Complessità in dissolvenza per evoluzioni di forma e sostanza ad abbracciare una solare impresa nel raccontare spaccati di questa e altre vite, di questo e altri dolori. Ritornano i Non voglio che Clara, ritornano con un disco che suona contemporaneo e nel contempo inafferrabile visione di un periodo che non c’è più. Il cantautorato degli esordi, lasciato quasi alle spalle, si colora di impronte pop e la band veneta dichiara apertamente un cambio di rotta che già si era iniziato a vedere e a percepire con Dei Cani poi sottolineato in L’amore fin che dura. I singoli usciti qualche tempo fa, La Croazia e Superspleen, sono solo due piccole perle di una collana più grande, intricata, a tratti misteriosa ed elaborata, sicuramente matura. Una musica che non si accontenta, ma che in qualche modo cerca di parlare di un quotidiano vivere da leggere su più piani. Marcate visioni quindi di una realtà intima che in questo disco riesce ad uscire per catturare l’attenzione grazie a maggiori accordi, a serenità che nasconde, a quiete prima della tempesta. Si perché i testi sono sempre pronti ad inglobare un pensiero più grande, lontano dall’apparenza a cui siamo abituati, lontano dal vortice del chiacchiericcio moderno. I paragoni sembrano inutili. Qui dentro c’è davvero un mondo. Si passa dalla title track iniziale per arrivare alla stessa ripresa nella finale Altrove/Peugeot, in mezzo le bellissime Epica Omerica, San Lorenzo, Il miracolo. Un album intenso che sa intrattenere e far riflettere. Cosa difficile ai giorni nostri. I Non voglio che Clara hanno trovato forse una nuova via per raccontare qualcosa o forse hanno solo trovato un po’ di luce? Qualunque sia la risposta resta il fatto che queste canzoni lasciano il segno e in tempi come questi non è poco.


-LIVE REPORT- Non voglio che Clara + Iasevoli – Mame Club Padova – 13/01/17

Il Mame di Padova si trova nella prima periferia della città, un luogo molto accogliente con un cartellone ricco di proposte della scena indie italiana e non e con occhio attento e un gusto variegato nei confronti delle situazioni musicali attuali capace di accontentare, da quello che ho potuto vedere fin’ora, anche i palati più esigenti. Complice forse la temperatura esterna ieri sera il locale si presentava alquanto freddo, della serie senza cappotto la vedevo dura restarci dentro e forse un bel pentolone di brulè non sarebbe stato del tutto fuori luogo.

Ad aprire il concerto di ritrovo, in vista delle registrazioni del nuovo album del gruppo semi-bellunese Non voglio che Clara, Iasevoli, già recensito sulle pagine di Indiepercui (iasevoli – Bolero! (Lavorare Stanca) e per l’occasione accompagnato da sola chitarra-voce. Gianluigi Iasevoli è un’artista naif puro, un cantastorie di punk tascabile in cui la passione e l’interpretazione personalissima dei brani si sposa con l’esigenza di mettersi in gioco per cercare di comunicare sensazioni già apprezzate in toto nell’album di esordio Bolero, da Atlantico fino ad una creazione improvvisata di gelo e carezze notturne, passando per Un’estate distratta e Tigre del Bengala il nostro ne esce vittorioso intascando gli applausi sinceri di un pubblico attento e interessato.

Cambio palco e via i NVCC con le loro incursioni elettroniche per nuovi apporti che hanno saputo dare un diverso volto al progetto stesso trasformando l’approccio prettamente acustico degli inizi in un qualcosa di maggiormente destabilizzante mescolando una formula di indie rock e musica d’autore, incrociando chitarre pianoforte e sintetizzatori in ascensione e abbandonando quasi le parole stesse in un’esigenza di dare forma e colore alla musica di supporto, così essenziale e così magistralmente suonata da quattro musicisti che hanno saputo, nel tempo, dimostrare il proprio valore in molti altri progetti paralleli (Il teatro degli orrori, Public, Norman, Sara Loreni) e che stasera ritrovano conferma in un live particolarmente curato dove il suono ben differenziato colpisce come pugno allo stomaco in un divenire emozionale carico di quella premura che consola attraverso cavalcate post rock capaci di immagazzinare le poesie introspettive di Fabio De Min.

I NVCC si confermano pionieri di indiscussa classe ed eleganza, raccontando storie al limite, ma raccontando anche le storie nostre e dei giorni nostri dove l’amore è sostanza materica per il giorno che verrà e dove il vivere la calma di tutte le sere ci porta ad entrare in mondi in cui la scoperta del nostro essere interiore si confronta e si scontra inevitabilmente con l’altro ricordandoci che tante volte anche un cuore che si consuma è sempre un cuore.

SETLIST:

  1. IL TUO CARATTERE E IL MIO
  2. LA MAREGGIATA DEL ’66
  3.  LE ANITRE
  4. LO ZIO
  5. LA BONNE HEURE
  6. L’INCONSOLABILE
  7.  LE GUERRE
  8. L’ESCAMOTAGE
  9. GLI ANNI DELL’UNIVERSITA’
  10. LE MOGLI
  11. MALAMORE
  12. LA CACCIA
  13. CARY GRANT
  14. QUESTO LASCIATELO DIRE
  15. L’ESTATE
  16. LE ORE (della settimana)

Antonio Fiabane – Torna di moda il binocolo (Lavorare stanca)

Cantautore introspettivo che raccoglie l’eredità dei tempi per trasformarla in un campo di grano estivo da dove poter raccogliere le migliori spighe per rendere il raccolto un frutto da scoprire giorno dopo giorno in una malinconia che accenna ad aperture velatamente cantautorali di un tempo passato con contrapposizioni eleganti e soprattutto coraggiose.

Antonio Fiabane è un cantautore con la C maiuscola, uno che da senso alla parola, al substrato che essa contiene per consegnare agli ascoltatori una prova dove la voce, di un Gaetano Curreri malinconico, si scontra con la realtà moderna, creando un post cantautorato che si discosta notevolmente dalle proposte di queste annate; Antonio guarda più al passato che al futuro, questo continuando a mantenere un legame con ciò che lo circonda, essenziale per la sua poetica.

Proveniente da Belluno, il nostro non condivide soltanto, con la band per eccellenza della provincia i Non Voglio Che Clara, l’amore per il tempo che fu, ma il disco è co prodotto dallo stesso Fabio De Min esponente di spicco del gruppo.

Gli arrangiamenti sono delicati, quasi in secondo piano e lasciano una visione d’insieme che lascia trasportare il suono lontano e in primo piano una voce personalissima e penetrante, esigenza e caratteristica essenziale per l’attesa che avanza fino al gran finale.

Torna di moda il binocolo è un disco che ci permette di vedere con altri occhi ciò che è lontano, è tanta sostanza, è un amarcord perpetuo, una fotografia di quelle a grana grossa, pastose, di un bianco e nero oltre l’apparenza e il cliché, oltra la moda: una nostalgia per i tempi migliori che non torneranno più.

Intervista a Fabio De Min dei Non voglio che Clara – Hotel Tivoli dieci anni dopo

Io IndiePerCui voglio molto bene ai ragazzi di Aiuola dischi, ma porco cacchio trovarmi Hotel Tivoli dei Veneti Non Voglio che Clara (non scrivo bellunesi perché non lo sono più) a 50 euro come rarità, ovviamente fuori catalogo, mi sembra un tantino una scelta azzardata in tempi di crisi; la cultura non ha prezzo però e qui, in questo post, dedichiamo un po’ di spazio a Fabio de Min, cantante, pianista, chitarrista, autore e fondatore dei NVCC che ha ben pensato, per i 10 anni dall’uscita di Hotel Tivoli, di ristamparlo con un nuovo mix, nuovo mastering, una nuova copertina, un poster e una bonus track.

La nuova grafica

cover hoteltivoliOvviamente, a mio modesto avviso, stiamo parlando di uno tra i migliori album di musica d’autore, uscito dopo gli anni zero, in Italia e Fabio, in questa breve intervista, ci racconta il suo pensiero proiettato nel passato, all’uscita del suo/loro primo lavoro.

  • Hotel Tivoli a 10 anni dall’uscita, raccontaci perché questa scelta.
    • Il disco era fuori catalogo da qualche anno. Da tempo pensavo a una ristampa e ho voluto aspettare di avere il tempo di rimetterci mano e curare anche l’aspetto sonoro e il packaging. Non ero contento di come suonava quel disco, per cui quest’estate sono tornato in studio per mixarlo nuovamente. Contemporaneamente ho ricevuto la disponibilità dello studio Furoshiki di Berlino che si è occupato del restyling grafico.
  • I primi album a mio avviso sono più nudi, essenziali con il risultato che la forma canzone non ha bisogno di ulteriori strutture come si ascolta soprattutto negli ultimi due lavori. Questa evoluzione è stata autoimposta o è stato il normale processo di maturazione del gruppo anche dopo i cambi di line up?
    • Ho sempre cercato di seguire il percorso indicato dalle canzoni, di assecondare le suggestioni che i brani mi suggerivano in quel momento. Questo rende probabilmente Hotel Tivoli e L’amore fin che dura due dischi molto diversi e ciò potrebbe scontentare qualcuno. Ma da ascoltatore preferirei questo tipo di atteggiamento piuttosto che l’adagiarsi su una formula già collaudata.
  • Premettendo che suonare davanti a dieci persone non è come suonare davanti a trecento e più; parlaci di come al tempo di Hotel Tivoli siete riusciti a farvi conoscere  . 
    • Quando è uscito Hotel Tivoli fu accolto davvero molto bene. Non eravamo pronti a un accoglienza simile e se guardo indietro penso a quanto fossimo degli sprovveduti in fatto di comunicazione. Però c’era molta più attenzione alle nuove proposte di quanto ce ne sia ora e tutto questo parlare del disco ha fatto si che anche il pubblico si accorgesse della nostra musica.
  • Nella tua carriera musicale, soprattutto agli esordi, ti è mai capitato di dire mollo tutto, fare il musicista “rock” per professione, in Italia è semi-impossibile?
    • Mah, non so nemmeno se fare il musicista sia un lavoro. Sulla mia carta d’identità c’è scritto musicista perché non sapevo cosa scriverci, ma non proverei a convincere un muratore che facciamo la stessa fatica. Diciamo che mi guadagno da vivere principalmente con la musica e quando non mi basta faccio altro.
  • Davanti a me ho un piccolo vinile, il vostro 45 giri del 2006 con Bene e Non torneranno più, mi ha da sempre colpito la frase sul retro di copertina “Durante un recente trasloco, mi sono imbattuto in un vecchio quaderno, con canzoni che avevo scritto fino al novantasei. Cose mai pubblicate e presto dimenticate. “Non torneranno più” è il brano migliore di quel periodo. Portarlo a termine è stato come restituire un senso a quelle giornate di tanto tempo fa, per le quali nutro ancora seri rimpianti”. Quei momenti di cui parli e immagino parti integranti della tua vita, quanto hanno inciso nelle stesura di Hotel Tivoli? 
  • E’ passato un sacco di tempo, e più il tempo passa e più le cose spiacevoli si dissolvono fra i ricordi migliori. E’ un naturale meccanismo di autodifesa per cui anche quando le canzoni sono ispirate dalla sofferenza, la stessa nel frattempo si è trasformata in qualcos’altro, anche proprio per merito di quelle canzoni. Come le vecchie fotografie, a distanza di tempo magari ne riconosci ancora la bellezza, ma le emozioni sullo sfondo si fanno più indefinite. Hotel Tivoli era sicuramente un disco malinconico, ma conteneva anche la voglia di reagire, di sfuggire alla malinconia, di trovare delle risposte.

Per info e per il pre-order vi rimando alla pagina ufficiale dell’etichetta http://www.lavorarestanca.com/