Rusvelt – Milk (Bananophono records)

Nostalgia per un suono che non c’è più a scombinare attimi di vita vissuti e sbiaditi, come una fotografia, come quel mare che percepiamo in lontananza e a cui non sappiamo dare un nome, non sappiamo trovare un appiglio, uno scoglio lontano nel tempo e nello spazio.

Urbino la loro città e quella voglia di tornare indietro, di far parte di un movimento, di riuscire a creare in modo perfettamente limpido seppur complesso un mondo dentro a un mondo, La città ideale, in vicende storiche che coinvolgono, già dall’infanzia, già da quel latte, milk per l’appunto, da quell’appartenenza alla vita che ci rende liberi e allo stesso tempo legati ad un qualcosa che non sappiamo identificare ancora.

Un disco di pop raffinato, calibrato e studiato, un modo di raccontare e raccontarsi che va ben oltre le forme del già sentito, ma percependo le aperture di Battiato, passando per Baustelle e Non voglio che Clara, senza tralasciare riferimenti d’oltreoceano come Arcade Fire.

I suoni sintetizzati si mescolano in modo inebriante lungo le quattro tracce che compongono Milk, lasciando un sorriso di disincanto al tempo che è già passato e al tempo che verrà, all’abitudine di essere sempre uguali e all’abitudine di cambiare.