Medulla – Camera Oscura (Autoproduzione)

copertina album  Medulla - Musica  Camera Oscura

Entrare in una camera oscura dopo un flash poderoso e introspettivo, dove a pagare il riscatto per l’uscita di scena è il tempo  inesorabile che sbaraglia la concorrenza e relega il possibile all’impossibile.

Una fotografia impressa nella mente, una pellicola che conosce il profumo del tempo e come buon vino maturato al sole  i “Medulla” confezionano un degno secondo album dai tempi di “Introspettri”, acquisendo un suono più maturo e al tempo stesso elegante, contaminato dalla miglior scena italiana in primis fra tutti “Teatro degli orrori”, “Baustelle” e “Paolo Benvegnù”.

I quattro di provenienza “periferia Milano Ovest” sembrano voler racchiudere all’interno delle dodici tracce di “Camera oscura” tutta la rabbia che si respira tra il cemento e il degrado, tra le macerie e gli eco-mostri che non si differenziano dal cielo grigio, una rabbia che deve essere il punto di svolta per un miglior domani, un punto di svolta per fuggire da un cubo di piombo che distrugge senza comporre; quasi ad essere un puzzle legato da tasselli mancanti.

Ecco allora che il suono prende forma tra le chitarre di Michele Scalzo, quest’ultimo anche alla voce, coadiuvato dai synth di Carlotta Divitini e il basso di Marco Piconese, con la solidità ritmica di Giuseppe Brambilla alla batteria.

Un suono in continua ricerca ed espansione, che si permette incursioni parlate in pezzi come “Il nulla” e nelle finali “Il coniglio” e “La tenebra”.

Un disco ricco di chiaro-scuri esistenziali, di bianchi e neri che inesorabilmente cercano una propria via d’uscita: quasi ad essere come dispersi in un labirinto, quasi ad essere sostanza aggregante che congiunge molecole diverse, per far spuntare, tra il cemento, sempre e comunque  un po’ di vita.