Le urla tra gli alberi – S/t (Autoproduzione)

Canzoni nella nebbia, sfocate e lasciate inumidire pian piano fino a comprimersi, esigenza sonora che parte dal passato, che si fa generazione, che raccoglie gli stimoli degli anni ’90 soprattutto nel campo italiano con i Kuntz su tutti per sancire una raccolta di profondità attesa, sperata e vissuta, ammaliando per dissonanze arricchite e chitarre da tappetto Gishiano di fine ’80 per tre canzoni che parlano di attimi e sensazioni parallele in costante mutamento e ricerca spasmodica di sostanza da rendere viva.

Le urla tra gli alberi si confessano Iride, Danni sul precipizio e Coma ricordano qualcosa dei primi Verdena, in fatto di suoni accumulano lo sporco tra le corde della chitarra e abrasivi come non mai si lacerano in una contemplazione cosmica che cede il passo al futuro che verrà, ricco di soddisfazioni certo, grandi rimonte e stimoli sempre nuovi; l’essere sulla buona strada alla volte non vuol dire nulla in questo caso però vuol dire tanto.

Noon – Noon (Autoproduzione)

Questo è un disco per fiori forti che stanno sbocciando, lasciando la neve al suolo per ricondurti a qualcosa di più vero, in stato emozionale, contorte visioni del futuro, li in mezzo ad un campo tra la terra e il sole, in mezzo a  quei fiori che stanno per crescere.

Sono i Noon e con questo primo ep ci fotografano all’interno di paesaggi nordici dove le incursioni sonore post rock cantate in italiano, si stagliano al suolo con reminiscenza affamate di Camilla che incontrano i milanesi Les Enfants per ricreare un mondo prima sommerso, quattro racconti di vita che si dipanano su ciò che ora non abbiamo più, su ciò che ancora è lontano, su quello che ancora speriamo di avere.

Titoli criptici citando i non lontani musicalmente Sigur Ros e trovandosi uno spazio vitale in cui vivere tra pop emozionale e rock in divenire cha fa di questo mini album un grande trampolino di lancio per soddisfazioni future.

Valdaro è citazionismo puro, è il Battisti che corre a fari spenti nella notte è annientamento delle aspirazioni, Scatola #1 racchiude un mondo quotidiano pieno di attimi e di paure, Cerbero è traghettare le anime all’inferno o forse ci siamo già? Chiude il disco Duluth con echi primordiali di poesia sussurrata che sia apre fragorosa nel finale.

Un disco dalle forti ambizioni che rende necessario un approfondimento per questa band, gruppo che  possiede tutte le carte in regola per entrare a pieno titolo nelle future migliori proposte della nostra penisola, coniugando la sofferenza con il divenire, l’introspezione con l’amore.