I misteri del sonno – Il nome dell’album è i misteri del sonno (LaRivoltaRecords)

Rock d’avanguardia clashato tutto in italiano che fa l’occhiolino alle produzioni straniere e a qualche altra cosetta del nord Italia, pur mantenendo una costante ricerca e attenzione per il suono ruvido e divincolato dando forma e sostanza a nuove poesie 2.1 che prendono spunto e appiglio dalla quotidianità, quella quotidianità e quell’essere che inonda i nostri giovani leccesi di un’aurea di intoccabilità e mestiere, produzione egregia e attenzione al particolare che non li fa dimenticare nel brodo del nuovo millennio, ma li proietta direttamente all’attenzione di chi la musica la fa ogni giorno.

Sono dieci pezzi in un susseguirsi di testi diretti intercalati da sognanti pensieri che decollano dal potenziale singolone Resto in casa per passare a canzoni memorabili come L’uomo dell’anno, dimostrando interessante l’approccio anche nella coralità e nell’utilizzo delle voci, fino all’avvolgente blues nel finale di Sugar Man di Rodriguez senza dimenticare la spaventosamente bella, più dell’originale, I am happy dei Soerba.

Un disco tutto d’un pezzo, da cantare mentre magari fuori piove, per dare un po’ di luce alle giornate piovose post primaverili in attesa dell’estate che deva ancora arrivare.

June and the well – Gudiya (Waterslide Records)

Un emo post rock emozionale che contrasta le onde estive per regalarci una prova dal sapore internazionale capace di entrare in profondità tra chitarre pulite accompagnate dai distorsori americani che hanno segnato gli anni ’90, con impatto emotivo riconoscibile e altrettanta malinconia per un tuffo nel passato senza fine, ma con forti rimpianti.

June and the well è il progetto di Luigi Selleri, batterista dei Suburban Noise, ad affilare la scena con un ritmo emozionale e dilatato che attorniato da amici, si concede e realizza questo Gudiya che uscirà come 131° creatura dell’epica etichetta giapponese Waterslide Records.

Gudiya è il nome di una bambina indiana, vittima di abusi e soprusi, un modo diverso per concepire un’idea, un modo diverso per essere parte e raccontare di un mondo in distruzione e pienamente assorbibile; noi vittime quotidiane del potere, dei poteri forti, di quel distratto camminare verso il nulla, sotto i riflettori di un cielo azzurro invisibile.

Ecco allora che le canzoni prendono vita e si fanno narrazione per essere parti centrali di una creatura che vuole farsi sentire, che ha bisogno di esporre i propri limiti, ma anche le proprie potenzialità, tanta luce in questo disco, tanta speranza in queste 6 tracce, a partire dalla bellezza velata di Francis, passando per S-low con Matilde Davoli e il finale alla memorabile The Bend.

Un disco che ci porta a fare capriole infinite lungo i prati del passato, tra discese scomposte e verità celate, tra omertà che deve riaffiorare e raggi di luce pronti ad illuminare la scena, ridando dignità a ciò che si perde e certezza per un futuro se non migliore almeno diverso.

Noon – Noon (Autoproduzione)

Questo è un disco per fiori forti che stanno sbocciando, lasciando la neve al suolo per ricondurti a qualcosa di più vero, in stato emozionale, contorte visioni del futuro, li in mezzo ad un campo tra la terra e il sole, in mezzo a  quei fiori che stanno per crescere.

Sono i Noon e con questo primo ep ci fotografano all’interno di paesaggi nordici dove le incursioni sonore post rock cantate in italiano, si stagliano al suolo con reminiscenza affamate di Camilla che incontrano i milanesi Les Enfants per ricreare un mondo prima sommerso, quattro racconti di vita che si dipanano su ciò che ora non abbiamo più, su ciò che ancora è lontano, su quello che ancora speriamo di avere.

Titoli criptici citando i non lontani musicalmente Sigur Ros e trovandosi uno spazio vitale in cui vivere tra pop emozionale e rock in divenire cha fa di questo mini album un grande trampolino di lancio per soddisfazioni future.

Valdaro è citazionismo puro, è il Battisti che corre a fari spenti nella notte è annientamento delle aspirazioni, Scatola #1 racchiude un mondo quotidiano pieno di attimi e di paure, Cerbero è traghettare le anime all’inferno o forse ci siamo già? Chiude il disco Duluth con echi primordiali di poesia sussurrata che sia apre fragorosa nel finale.

Un disco dalle forti ambizioni che rende necessario un approfondimento per questa band, gruppo che  possiede tutte le carte in regola per entrare a pieno titolo nelle future migliori proposte della nostra penisola, coniugando la sofferenza con il divenire, l’introspezione con l’amore.

Sofia Brunetta – Former (Piccola Bottega Popolare)

Incursioni soul influenzate da un pop internazionale che scalda le valvole di una musica oltre confine. oltre le barriere a cui siamo abituati, regalando ritmo e decisione, grande caparbietà e precisione nel ricreare e soprattutto nel dare speranze ed emozioni, innovazione sonora quindi, in Italia, per un’originalità indipendente che con difficoltà si può replicare.

Sofia Brunetta parte per un viaggio, quei viaggi che forse ti cambiano la vita, ci mette passione in questo viaggio, ci mette tutta se stessa, un viaggio dove l’onirico si immola ad incontrare il reale, riscoprendo il gusto per il vintage e per il caldo abbraccio di suoni che a fatica possiamo ancora ascoltare.

Il Nord America, il Canada e la natura incontaminata, sento tanta natura in questo disco, un essere tutt’uno con le radici della nostra coscienza che si divincolano e trovano nell’espressione interna la parte più geniale del se e poi il ritorno in un paese diverso, ma sempre pronto ad accoglierla per riversare le fantasie di una donna in un disco che brilla di luce propria.

Ecco allora che come farfalla la nostra esce allo scoperto, e con precisione regala ad ognuno di noi una parte di se stessa, quella parte custodita gelosamente, che pian piano si lascia sciogliere per raccontare un bisogno di essere diversi tra Low e Black Little Star, piccoli paesaggi sonori in bilico tra una poetica d’autunno e uno stato di grazia difficilmente replicabile.

Aeguana Way – Cattivi Maestri (Warning Records)

Affrontano la realtà la affrontano per lottare e per gettare il tutto all’interno di un qualcosa che ora più che mai è sentimento di disgregazione passante per il centro che in questo caso è il nostro cuore.

Questo disco entra dentro già dalle prime battute, già con il singolo che da il titolo all’album Cattivi maestri, raccontando di sogni che non si riescono a perseguire e immutate carezze che non sono più carezze.

Questo album è uno schiaffo in faccia alla realtà presa in questo caso da esempio per non essere imitata, fin da bambini, fin da quando le nostre innocenze erano definite tali, rincorrendo aquiloni che ora sono grigi color del cielo.

Aeguana Way hanno dei collaboratori d’eccezione membri di Marta sui Tubi, Management del dolore post operatorio e la loro musica è tutto ciò che di meglio possiamo trovare nel panorama rock italiano.

Si attraversano Subsonica in catarsi marleniana fino a comparire disinvolti nell’attraversare un mare in tempesta che è quello di tutto l’indie internazionale targato ’90.

10 pezzi che parlano di Noi dei nostri desideri andati in fumo e della voglia di ricominciare ora come non mai.

Incomodo – Un po’ di silenzio (Mammut Produzioni)

Toni dirompenti inframmezzati da attimi di riflessione sonora che ti integrano un mondo che lontano si avvicina per fondere il pensiero con un’unica e grande vittoria lungo i tracciati della vita, che non sempre risultano comprensibili, anzi, si portano con se incertezze e malesseri, vissuti distorti e raggelanti previsioni.

Gli Incomodo lo sanno bene e sono arrivati a questa certezza perchè a loro piace sperimentare; quella sperimentazione che parte dal substrato cosciente di un rock aternative di pura matrice indie che strizza molto bene entrambi gli occhi a Pixies e conterranei Verdena, mettendo in discussione i tempi moderni e il costante cataclisma che stiamo vivendo, interrotto solo di rado da attimi di felicità.

Con gli Incomodo parlano prima di tutto i testi: un pugno nello stomaco contro il banale e già sentito, trasformando il tutto in una materia tale che le lacerazioni provocate non sono altro che pezzi di vetro incastrati come specchi di selfie arruginiti.

Della vita i nostri non vogliono di certo fare un’autocelebrazione e si concedono di spaziare in territori sonori del tutto accattivanti e interessanti, un labirinto metaforico da cui è difficile uscire.

Notevole il punk di fine ’80 di E’andata così come non passa inosservata la ballata L’ignavo e poi come non dimenticare le sonorità accattivanti di Ora non mi va e gli attimi di respiro con E’ andata così e Sai ti dirò.

Un disco che brilla per giovinezza, freschezza e capacità espressiva, un disco che si concentra su di un punto preciso per passare all’argomentazione sperimentale, lasciando dietro di sè solo attimi di lucidità.

Se fossimo negli anni ’90 qui si parlerebbe di storia.