Julitha Ryan – The winter journey (Atelier Sonique)

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La senti nell’aria e come un brivido sale su per la schiena, non si ferma incontrando le difficoltà quotidiane, ma assapora la vita istante dopo istante, attimo dopo attimo in un magma liquido e penetrante, multiforme e aggrovigliato che accoglie e poi abbandona, in un sali scendi emotivo di rara bellezza. Tra la rabbia e la malinconia le forme espressive ridanno colore a ciò che colore non ha e questo disco, dopo cinque anni, della cantautrice australiana Julitha Ryan è un vero toccasana per tutti coloro che vogliono ricercare nella musica non banalità, ma pura essenza, puro racconto, un maestoso declino verso il baratro per risalire piano toccando le corde dell’anima, accostando in una sola persona mostri sacri quali Antony, Joan as a police woman e Bjork per imprevedibili incontri autoriali che trovano nella canzone pianistica un avamposto per strutturare archi sintetizzati in pezzi stratificati che si aprono immensamente a pezzi di una certa caratura come Bonfire e Like a Jail, per passare ai labirinti di Memento e poi già a convogliare in un sodalizio che chiude il cerchio con There is no turning back, il tutto per stabilire che non si può tornare indietro, anzi solo proseguire il cammino, con la speranza che tutta questa magnificenza non sia effimera bellezza, ma qualcosa che possa durare ancora.