Paolo Tocco – Ho bisogno d’aria (IRMA Records)

Canzoni soppesate al filo della quotidianità che entrano in punta di piedi all’interno di stanze possibilmente vuote da dove poter creare e ottenere bagliori di luce nella mediocrità che avanza e in tutto quello che la felicità nasconde lontana. Il cantautore Paolo Tocco, al terzo disco, incornicia una prova acustica sussurrata, in grado di attraversare le tempeste di ogni giorno in modo introspettivo e atmosferico, contando i minuti che lo separano dalla bellezza attraverso canzoni fatte per scrutare l’orizzonte lontano, parlando di abbandono, di rabbia e della difficoltà di interagire con un mondo che corre e non riesce a fermarsi, mai. La title track ci fa entrare nell’universo di Paolo e tutto il disco è un insieme omogeneo di stati d’animo davvero bellissimi e vissuti, per certi versi il nostro ricorda la malinconia stagionale di Danio Manfredini, in un insieme di poesie che portano la voce di chi voce più non ha. Ho bisogno d’aria sarà anche un romanzo che uscirà in concomitanza con il disco, sarà un libro di quotidianità vissuta che se si dimostrerà all’altezza del’album certamente continuerà quel percorso di apertura mentale volutamente mosso e analizzato tra le canzoni ascoltate. Ho bisogno d’aria è uno spaccato di vite inglobate dall’ineluttabilità della vita, canzoni però piene di tenacia e capacità d’analisi che fanno di questo grande cantautore un contemporaneo da scoprire. 


Non Giovanni – Stare bene (IRMA Records)

Secondo album per Giovanni Santese, cantautore pugliese che utilizza l’ironia di fondo in modo arguto e meditato parlando di piccoli patemi e di stati d’animo che influiscono nel nostro essere al mondo, nel nostro stare bene. Il senso profondo del disco lo possiamo scovare all’interno di un pop elettronico ben condito e farcito, come l’attuale scena indie vuole, mettendoci però anima e cuore nello stabilire una profonda comprensione di sé e del circostante, narrando di piccole vicende e facendo del citazionismo, soprattutto nella traccia d’apertura Dan Brown, una chiave di lettura per comprendere in profondità stilemi appunto identificativi e canzone d’autore che strizza l’occhio al passato creando ponti di collegamento con tutto ciò che è stato. Canzoni come stare bene con te, Questa è la migliore, Quest’estate, Non lasciarmi indietro sono, a mio avviso, punti importanti di un’omogeneità davvero bella nel senso più intero del termine che grazie ad un’ottima produzione raggiunge picchi emozionali elevati e di sicuro effetto. Stare bene è un disco più maturo del precedente che non segna un confine, ma sicuramente getta le basi per approcci di originalità da intensificare nel corso del tempo. Un album che scova nelle parole la bellezza del momento, la bellezza di tutti gli attimi da vivere da qui al futuro.

Skelters – Rivoluzione 9 (IRMA Records)

album Rivoluzione 9 - Skelters

Cantautorato sottile e studiato che ha il sapore degli anni ’90 e del primo 2000, un indie d’autore capace di seminare cristalli di luci e ottenebrare il circostante con leggerezza mai troppo compressa, ma piuttosto raggruppando un insieme di caratteristiche intrinseche ad una specificazione e ad un intrecciarsi di rapporti umani e di vite vissute. Un ciclo quindi quello degli Skelters, un ciclo che raggruppa malinconie pop alle schitarrate arancioni della Terra d’Albione in un concentrarsi quasi metafisico di poesie in musica che si spingono oltre e vogliono costituire un punto d’approdo per soddisfazioni e meriti ricchi di rimandi al Bianco dei Beatles, ma qui riproposti in chiave attuale senza mai strafare, ma piuttosto concentrandosi sulla pulizia dei suoni e sulle parole che nel disco contenute danno un senso diverso ai sentimenti che ci toccano da vicino. Siamo è la traccia d’apertura che conduce ad Eroe e poi a pezzi necessari come Senza lei o il finale lasciato a Chimica dell’amore per un gusto vintage che riprende aspetti e stilemi passati, senza però dimenticare l’epoca in cui viviamo, un’età dove l’assoluta ricerca di un qualcosa di diverso per sopravvivere porta alla luce dischi notevoli come questo e ci fa sperare in un ritorno all’essenzialità che anche in musica ha il bisogno necessario di ritrovare la propria purezza.

AnimaRea – Holidays in Rome (IRMA Records)

Si respirano a pieni polmoni le profumazioni che emanano le vacanze romane, quelle della Dolce Vita degli anni ’50 e ’60 accompagnati da una musica sopraffina ed elegante, un po’ lounge, ma non troppo che interseca i miti passati e quelli presenti in trasferimenti emozionali che rendono questo disco una piccola perla dei nostri giorni. Animarea è un progetto d’insieme che risiede nell’anima di Gabriele Toniolo e Rossana Bern, un sound delizioso contaminato dal jazz, lo swing, la canzone d’autore in una musica di caratura davvero sostanziale che unisce Diana Krall e Barry White, passando alle sperimentazioni notturne di band come The Style Council. Appartamenti e balere estive occupate fino a tarda notte, uno schioccare di dita e la sensazione che tutto quello che abbiamo intorno non può e non deve finire. Emblematici pezzi come l’apertura Holidays in Rome e You shine on me garantiscono bellezza delicata fino alla chiusura meritata di I will come, una chiusura che si fa promessa, quasi fosse un’estate che ritornerà ancora, una promessa da mantenere almeno fino al prossimo disco.

Schena – Canzoni ad uso interno (IRMA Records)

Disco che scava a fondi nei meandri del nostro vivere, a tratti con superficialità mai banale, a tratti con passione mai celata, ma piuttosto sospinta verso l’alto nel creare una forma canzone cantautorale si, ma nel contempo proiettata ai giorni nostri. Schena affonda le proprie radici negli anni’70, lo fa con pezzi che ricordano il miglior Jannacci, passando per Ivan Graziani in canzoni sorpresa che non si accontentano di vedere la superficialità delle cose, ma che piuttosto si contendono quello spazio d’aria tra il già detto e quello ancora da fare. Un moto perpetuo che generosamente e con eleganza viene accompagnato da strumenti come violino, trombone e fisarmonica ad intessere trame tra passato e presente, a rimarcare ancora quell’originalità di fondo che in in pezzi brevi e significativi come Buchi nella sabbia, Dormi, Un’altra storia o la finale Canzone in una noce trova passione, gusto e sostanza in una carrellata di emozioni da amarcord e bisogno di comunicare: esigenza naturale di chi la musica la vive dal di dentro.

Virtual time – Long distance (IRMA Records)

Suoni di una eco lontana che richiamano i fasti di una musica rock dura e pura che non esiste più, calcando palchi polverosi con addosso camicie sbottonate e rilievo di paesaggi suburbani dove l’energia si trasforma in speranza e dove le note distorte regalano emozioni atemporali e cariche di spessore a riportarci con una DeLorean proprio all’epoca dei Led Zeppelin dove capacità canora e virtuosismi strumentali erano il marchio di fabbrica per una musica che non ricercava le mezze misure, ma colpiva sapientemente al centro di quell’isola chiamata cuore. I Virtual Time sanno rimescolare alla perfezione le carte di un tempo che non c’è più, lo fanno egregiamente, con la capacità di chi ha nell’animo una grinta pronta ad esplodere in ogni situazione, una grinta che si esprime nella bellezza di canzoni riuscite che aprono a concentriche fughe verso l’orizzonte che abbiamo di fronte, accarezzando Jack White e mescolando una formula davvero originale nonostante il già sentito, per virtuosismi moderni che sanno e che conoscono i punti essenziali dove colpire.

Rhumor Nero – Eredi (IRMA Records)

E’ il suono del petrolio in liquefazione è il suono martellante e costante che riempie la testa di visioni in dissolvenza e bellezza che scompare lasciando il posto ad una quotidianità che divora e incasellando pezzi di solitudine che ci appartiene e ci indossa come un abito fatto a pennello per le grandi occasioni, un abito cucito ad arte per l’occasione del momento che rispecchia i nostri sensi, le nostre scelte, i nostri paradigmi, inoltrando una forza rock spruzzata da una vena alternative che rende la proposta originale e pregna di quei significati che consolidano la bellezza di queste canzoni che riescono ad auto sorreggersi e riescono ad immedesimare l’ascoltatore in un mondo che in qualche modo appartiene a tutti noi. Un disco deciso che non ha bisogno di molte spiegazioni, anzi le spiegazioni si possono trovare all’interno dei testi delle canzoni, da Un miliardo di anni fino a Sotto le stelle, passando per quella fortunata Schiavi moderni vincitrice di premi e di tante soddisfazioni, a ribadire sempre e comunque un concetto di fondo che risiede nella parte più oscura di noi e ripetutamente non ci lascia andare, ma si fa portatore di lotta costante e sincera.

Mi sento Indie – Anna Luppi/Andrea Piermattei/Alessandra Rugger/Valentina e il trio d’eau (IRMA Records, RadioCoop, MEI)

Continua la ricerca sonora da parte di persone attente e organizzazioni come IRMA Records, RadioCoop, MEI: un gruppo di gente che vive nella musica e per la musica a caccia di veri e propri talenti da far emergere oltre le logiche televisive dei talent usa e getta in una coltivazione continua che si prende cura, assiste e da slancio al panorama della musica indipendente italiano oramai saturo di proposte, ma sempre pronto a regalare soddisfazioni che vanno ben al di là di qualsivoglia ordine precostituito trovando intese e affinità che si aprono a dischi come quelli che teniamo tra le mani in questo momento.

Mi sento Indie, iniziativa che valorizza il talento giovanile, sembra essere diventata un appuntamento fisso nella ricerca di nuova linfa nel panorama conterraneo e dopo aver parlato precedentemente su queste pagine virtuali di quattro meritevoli gruppi/artisti: Cortex, Crude Diamonds, Juredurè e May Gray, quest’oggi ci soffermeremo a parlare delle quattro nuove proposte presentate: Anna Luppi, Andrea Piermattei, Alessandra Rugger e Valentina e il trio d’eau.

Anna Luppi, già recensita in queste pagine grazie al suo piccolo EP d’esordio In mare aperto, conferma, come già detto in precedenza quella capacità di creare piccole scatole sonore in bilico tra un cantautorato pop italiano e una ricerca di vie di fuga che abbracciano il viaggio e la sostanza di ogni giorno, in un’intesa che si fa arte quando si ascoltano pezzi come Caro amore ti scrivo o Karin tra arrangiamenti studiati, ma non troppo appariscenti che ben si amalgamano con l’interezza della proposta.

E’ il turno del folksinger Andrea Piermattei, abile con la voce, quanto con la chitarra, in sperimentazioni introspettive che conquistano al primo ascolto e aprono la strada a pezzi che entrano dentro facilmente, brani pop mescolati al folk d’oltreoceano che rendono il tutto una commistione importante che ha i suoi punti di forza, forse proprio nei testi, nelle parole che Andrea usa per spiegare stati d’animo e intenzioni nei confronti di una vita che non è sempre generosa.

Alessandra Rugger, cantantessa diretta e immediata sposa bene le inquietudini folk con le sperimentazioni jazz swingate in un concatenarsi di racconti che esprimono quotidianità e interezza, melodia si, ma anche bellezza che non si ricerca nella facilità d’ascolto, ma piuttosto in una coerenza di base che parla all’ascoltatore e tesse trame di sicuro effetto emozionale, capaci di parlare in soggettiva di un qualcosa in grado di toccarci nel profondo.

L’ultimo album invece è un atto d’amore alla musica di un tempo, il jazz mescolato al walzer e alla musica classica, per suoni antichi che si perdono nelle melodie dei bistrot parigini fino ad intersecare l’amore per le cose migliori, per la sincerità d’intenti e la forte capacità che i Valentina e il trio d’eau riescono ad esprimere grazie a cinque brani che hanno il sapore della polvere sui mobili laccati e lo sguardo proteso al futuro con l’intento di scardinare l’attualità con una sferzata di energia proveniente da un tempo lontanissimo.

Quattro nuove promesse quindi, in prove che hanno il sapore più di cantautorato rispetto alle precedenti, ma che nella sostanza danno forma sostanziale alle produzioni e alle speranze che verranno.

Tiziano Bianchi – Now and Then (IRMA Records)

Il tempo che non concede spazi di apertura e pian piano però, sedimentate le prove passate, concede luci e bagliori in grado di fare da ispirazioni per questo disco che intrappola il momento e lo consegna ad arte in sospensione cosmica per brani perlopiù strumentali che accarezzano i ricordi, le memorie e tutto ciò che vive nel nostro quotidiano, lo fa con il piglio di chi ha la musica che gli scorre nelle vene, lo fa con semplicità e modestia, pur conoscendo le proprie qualità che lo caratterizzano, in un viaggio di bellezza di fondo che stratifica e convince e porta l’apice del tutto nella meraviglia interpretata da Ferretti, quella meraviglia sonora che da il titolo all’album e che racchiude il sunto, il significato del bisogno di andare avanti, oltre ogni aspettativa, oltre ogni muro che ci impedisce di vivere, tra sospensioni e collaborazioni, tra il bisogno di osare e nel contempo il bisogno di accarezzare le bellezza delle cose più semplici, lentamente, nella meravigliosa Grease con il maestro Tiger Okoshi fino alle introspezioni del lato oscuro di Kid A e cioè Amnesiac dove qui è proposta una rivisitazione da pelle d’oca di Knives Out, il tutto condito da un carisma che crea connubi con la natura circostante, con un modo di essere che racchiude un mondo in continua scoperta.

Baba Sissoko/Nicodemo/Lilies On Mars – Djelibit (XXXV Label/IRMA Records)

Natura incontrastata che si estingue pian piano e un grido da lontano ad intessere trame sonore ricercate e moderne, con la forza elettronica di ricomporre il perduto per un suono che si fa veicolo di movimento e trasporto, di eccezionale momento perpetuo che si ripete nei contrasti quotidiani, attraverso una prova che contiene l’anima eccentrica di tre artisti completamente differenti che trovano in questa fusione la particolarità del momento e l’emblema di una multiculturalità che abbraccia il nostro meridiano e gli adiacenti per costruire ininterrottamente suoni contaminati tra Africa e Techno in beat meravigliosamente ponderati per dare un senso alla proposta 2.1 in incursioni sonore che vanno da Djallo Djallo fino a I Yele Yele, lasciandoci trasportare al centro di un qualcosa di difficile comprensione, ma con la consapevolezza di avere davanti tre artisti che immolano ad opera il suono, lo fanno per loro, per il loro cuore e un po’ anche per tutto quello che ci gira intorno; tra fusioni emblematiche e simboliche il trio meraviglia spiazza e confonde, crea e manipola, alla ricerca di un suono che si perfeziona con la potenza del ritmo.