Fankaz – Burning leaves of empty fawns (OverDubRecordings)

La velocità fa bene, la velocità è pura delizia per un corpo che non riesce a controllarsi tante sono le incursioni sonore che si respirano e tante altre sono quelle che ancora non conosci e vorresti condividere in un mondo diverso da questo, più naturale dove l’armonia si coniuga in modo perfetto al fragoroso incedere di nuvole elettriche che non smettono di tuonare.

Fankaz è un po’ la medicina per i mali di stagione, ispirati da gruppi come Action Men, NoUseForAName e Sun Eats Hours, non però i convertiti sulla via di Damasco The Sun, ma i primi più sfuggevoli e vissuti, i nostri si concedono il privilegio di spaziare dal melodico e più classico hardcore fino a toccare attimi di brutal death tra sezioni ritmiche da cardioplama dove i fusti della batteria sono pronti ad incediarsi in un solo alto fuoco che si comprime al pensiero che tutto possa svanire da un momento all’altro.

Attimi di luce quindi in una foresta in cui la luce ci sfiora appena lasciando solo quel piccolo spiraglio per respirare e rendere tutto omogeneo in una continua disillusione.

14 tracce con echi di cori in lontananza, che in modo massiccio si fanno sentire e si fanno ascoltare; quella caparbietà che solo il pensiero più lontano può rendere vicino, quella grinta che poche band accomuna e che i Fankaz sanno sfruttare appieno nel semideserto di ogni giorno.

Un disco sicuramente da esportare che sarà presente anche nel mercato internazionale e che vedrà i nostri portabandiera di un’italianità svanita in molti campi, ma nello stesso tempo sarà anche portavoce di qulacosa di più grande.

 

Emmanuele Gattuso – Plaything (Autoproduzione)

emanueleSolo 6 tracce per entrare in un mondo e non uscirne più, solo 6 i passi che accompagnano nell’inconscio e nelle terre inesplorate, solo 6 i brani che racchiudono un’energia segreta e misteriosa, potenza nascosta dietro a foglie di alberi plurisecolari.
Emmanuele Gattuso scardina la forma canzone per far parlar di se con un album strumentale e onirico, fatto di sintetizzatori e parole rigenerate in bilico tra il primo James Blake e il Kid A passando per Massive Attack su tutti.

Un incrocio di stili che già si pongono con accento meditativo nella traccia di apertura “Loser” accompagnata da rumori disturbanti e intrecci chitarristici a quietare animi pronti al sussulto quotidiano che ti fa capire quanto perdenti possiamo essere nella vita di tutti i giorni.

“Bist du auch in meinem Traum?” tradotta “Sei nel mio sogno” romba di colore invernale, calpestata da una batteria e un synth schizzato e cerebrale.

“Ocean” è pura bellezza sonora legata a mescolanze lunari, mentre la spiazzante “Plaything” sembra una ninna nanna robotica dove nulla è affidato al caso aprendo il campo a “Your Sunday” l’altro pezzo cantato del disco che incrocia Kings of Convenience a Jimmy Gnecco.

Nel finale l’aria si fa leggera con “Wire Field”: 6 minuti di pura catarsi.

Questo disco ha del magico perchè conquista per le atmosfere e le trame sonore eleganti ed essenziali, un quadro dipinto su di un tablet dove i colori sono bit sonori impressi su di una tela infinita.

ASCOLTA IL DISCO QUI

http://emmanuelegattuso.bandcamp.com/