Il terzo istante – Estràneo (Phonarchia Dischi/The Orchard)

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Lavoro di cesello per un pop rock moderno ricco di arrangiamenti davvero sofisticati e originali che prendono spunto dalla migliore scena indie dei primi duemila per consegnarci un insieme di canzoni di rabbia discostante e di conquiste da realizzare. Il disco dei Il terzo istante racchiude al proprio interno segreti di puro lirismo cantato in italiano che affondano le proprie radici nella quotidianità vissuta, inglobando Benvegnù nel pezzo Materia Grigia e muovendosi in parallelo tra un Marco Parente più orecchiabile, un Umberto Maria Giardini ai tempi di Moltheni e un’insaziabile esigenza di racchiudere i Radiohead del periodo post OK Computer all’interno di brani smembrati e raccontati a dovere in tracce davvero emozionanti e di fondo necessarie. Estràneo è un disco che guarda al futuro pur rimanendo ancorato al passato, un bel disco di pop alternativo italiano capace di creare, con maestria esemplificata, micromondi dal sapore d’altri tempi. 


Il terzo istante – La fine giustifica i mezzi (Autoproduzione)

Alternative rock in trio direttamente da Torino che apprende la lezione del tempo per rendere in modo egregio ed essenziale un affresco di questa società fatte di sogni infranti e accomunata dall’idea di fine, qui intesa come parte costruttiva del nostro vivere; i nostri ci dicono che noi abbiamo paura di qualcosa, abbiamo paura che qualcosa finisca, senza magari pensare al presente, al vivere di ogni giorno, noi essere umani ci preoccupiamo di cosa ci sarà un domani senza lottare oggi, in questo momento, senza vivere appieno le occasioni che la vita ci porta.

E’ un disco che si fa ascoltare questo e che sa costruire attorno a un disagio un vero e proprio concept su di un costrutto inusuale senza dimenticare le apparizioni di Paolo Parpaglione dei Bluebeaters degli Africa Unite al sax in Il blues del latto versato e Lucido e la voce di Sabino Pace già nei Belli cosi e Titor, nel pezzo Fenice,  un brano tiratissimo e coinvolgente tra venature hardcore e introspezione che ci richiede ascolto e attenzione in un sol fiato.

La fine giustifica i mezzi rilancia notevolmente la qualità della proposta e confeziona un disco che sa di anni ’90, di muri da abbattere e di periferie solitarie, dove ai margini c’è sempre qualcuno che vuole gridare al mondo la propria esistenza.