Il silenzio delle vergini – La chiave di Berenice (Resisto/I dischi del minollo)

Dark wave fuori controllo per il quarto album della band bergamasca ad intessere movenze che prendono lo stomaco e attanagliano l’ascoltatore grazie ad un saliscendi emozionale che trova nell’estremo bisogno di interiorizzare il momento la chiave di volta di un’intera produzione. Quarto album che cattura e non distrae. Tiene bene incollati e cerca, nelle tempeste dell’esistenza, una parte di terreno fertile da conquistare attraverso canzoni che scavano nel profondo e provano, grazie ad un’integrità mai celata, di penetrare la carne fino all’anima. Sono dieci pezzi che parlano di vita e di morte, parlano di rapporti e di persone, delle loro esistenze, del loro esistere oltre ogni stereotipo quotidiano. Quello che ne esce è un affresco carico d’amore nei confronti di un suono e di una ricerca testuale che non smettono di migrare verso territori lontani. Un album vero e tangibile che parla di vissuti e compartecipazione, di tristezza e luce.


Il silenzio delle vergini – Su rami di diamante (Resisto)

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Evocativo nome per evocativo disco intessuto di trame chitarristiche e di basso a sciogliere voci che si immolano su testi che lacerano la carne cercando un punto di svolta laggiù dove l’amore sembra essersi fermato, laggiù dove tutto tace e quel bagliore di umanità sembra essersi dimenticato di noi. Su rami di diamante non è un disco di facile appeal, piuttosto è un viaggio in bilico tra incubo e sogno, dentro di noi, un viaggio fatto di sapori e profumi oscuri, un vagare nell’eternità della notte dove a farci compagnia troviamo i fantasmi del nostro passato impressi in pezzi che sono metamorfosi del nostro essere e scoprendo l’apice di questi parallelismi in canzoni come Londra  o nel singolo Amore. Il duo composito formato da Armando Greco e da Cristina Tirella e che per l’occasione vede la presenza di Michele Guberti ad aumentare la caratura artistica, ricerca nelle profondità mancate un punto d’appoggio per scrivere ancora di questa ed altre storie con la lucidità di chi cerca la particolarità nell’ovvietà, scardinando preconcetti e guadagnando respiri ad ogni passo. 


Il silenzio delle vergini – Colonne sonore per cyborg senza voce (Resisto)

Eterogeneo miscuglio musicale che incasella il tempo perduto in attimi distorti di solitudine post atomica in grado di delineare paradigmi pensanti e bisogno di accomunare spazi di realtà con ciò che che proviamo ogni giorno in una tranquillità soffocante che si fa speranzosa rinascita, si fa attenzione per creare un flusso continuo di pezzi senza titolo tranne che per il singolo Non ho, prestando attenzione particolare nel ricavare essenza dal metallo e dalla finzione. Nell’era informatica e materiale i nostri confezionano un disco apprezzabile per discernimento e capacità di dare un senso maggiore al rapporto uomo-macchina, sottolineandone limiti e proponendo una visione di mondo in distruzione ed esigente di ritrovare un sottile velo di speranza laddove la speranza sembra essere morta da un po’ in una poliedricità di fondo che fa scuola per approccio di situazioni create e in grado di ricavarsi un posto d’onore nelle produzioni di genere.