Ilaria Pastore – Il faro la tempesta la quiete (Tiktalik / Rollover Production)

Un disco leggero, ma non per questo superficiale, capace di scandagliare i sentimenti dell’animo umano e gettarli nel racconto della vita, lasciando alle emozioni il sopravvento del tutto e dando un senso maggiore alla proposta ascoltata.

Ilaria da un pezzo non si faceva sentire, l’avevamo lasciata con Nel mio disordine ad arrovellarsi in manierismi apprezzati e introspettivi, ora la ritroviamo, dopo qualche anno, più matura e convinta, quasi più libera nel raccontarsi, facendosi essa stessa veicolo per emozionare grazie ad una musica che si muove tra territori pop e cantautorali, tra il detto e il pensato, il tutto ben confezionato, con l’aggiunta di pianoforti, fiati e archi a dare un senso maggiore al nostro divenire, creando una comunione d’intenti con l’ascoltatore che fa da perno a tutta la sua produzione.

Un disco di una sensibilità rara, che si esprime al femminile, ma che non disdegna di guardare oltre, oltre le apparenze e oltre il quotidiano, tra vissuti in prima persona come in i Ricordi Migliori e la narrazione del conosciuto in Jole, l’introspezione di Buio Pesto e Va tutto bene fino a Decifrato a chiudere una perla di rara bellezza.

Un album sulle consuetudini e la quotidianità, un disco che parla di noi e di ciò che forse un giorno saremo, senza dimenticare la strada percorsa che come un faro illumina la notte, tra il chiarore e l’oscurità, tra ciò che abbiamo lasciato e ciò che raccoglieremo.