Atmosfere intime soffuse a raggruppare la notte all’interno di un viaggio interiorizzato a dovere dove l’introspezione costante è punto focale ed emblematico nel recidere l’inutilià e moltiplicare la bellezza all’interno di una porzione di universo che si fa appartenenza accolta, leggera condivisione di intrinseche visioni fatte per durare nel tempo. Andrea Zacchia alla chitarra accompagnato da Angelo Cultreri all’hammond e da Maurizio De Angelis alla batteria, riesce a creare un ambient sofisticato e persistente, un High Beat Per Minute che si fa ricordare attraversando porzioni di sogni a venire che si mescolano al passato. Una mescolanza che gioca con le parole e omaggia. Su tutti Wes Montgomery, ma lo stesso titolo del disco può essere anche analizzato percependo i segreti nascosti delle due parole Hard Bop e Pat Martino, quest’ultimo tra i migliori chitarristi jazz mai esistiti. Uno studio quindi, un divenire che riecheggia in tutti i brani proposti. Dalla stessa title track fino a Send in the clowns passando per le riuscite The days of wine and roses di Henry Mancini, Nuages di Django Reinhardt e la bellissima Song for Elias dello stesso Zacchia, per un risultato d’insieme, a tratti, davvero sorprendente.