Anni di lotta e conquiste, anni spesi a raccogliere il sudore del tempo migliore con una forza e speranza uniche. Con quella capacità imprevedibile, ma meditata, di attendere il momento propizio, il momento giusto per essere e diventare qualcuno attraverso una piena maturità artistica più unica che rara. Glen Hansard è tutto questo. Quarantanove anni, in attività dal 1983 e solo da qualche tempo conosciuto ai più, non solo per una splendida canzone/colonna sonora, vincitrice di un premio Oscar, per il film Once, ma anche per una serie di album capaci di portare autenticità all’interno di un mondo, come quello del cantautorato, surclassato spesso da fenomeni di moda, transitori ed effimeri.
Ultima serata per il Festival Tener-a-mente, perla di rara bellezza che da anni vede in cartellone nomi del panorama indipendente e non racchiusi in una cornice invidiabile, eterea e alquanto suggestiva. Ultima serata di festa stupefacente e sentita. Venire al Vittoriale per un concerto è un’esperienza che consiglio a tutti, davvero.
Sul palco, ad aprire Mark Geary, talento conterraneo dello stesso Glen Hansard. Gente di Dublino per intenderci. Un cantastorie raffinato ed elegante, simpatico accompagnato da un duo italiano d’eccezione, lui li chiama amici. Un cantautore che sa reggere il palco e nel contempo magnetizza il pubblico snocciolando pensieri, quotidianità, avventure o più semplicemente vita.
A seguire l’altro irlandese. Quello che ha iniziato come artista di strada a tredici anni per poi proseguire con i The Frames, i The Swell Season e raccogliendo dalla polvere del giorno un’essenza unica che si snocciola grazie ad una voce che conquista, ti sussurra e piano ti accoglie per poi portarti verso altre latitudini e terre da scoprire. Una persona semplice, abituata a parlare da sempre con la gente e a stare con la gente.
Un uomo che raccoglie l’eredità dei grandi del passato per trasformarla e consegnarcela stasera con la capacità di chi ha vissuto momenti che si possono solo raccontare. World music, jazz, rock e blues mescolati assieme. Dallo Springsteen migliore al primo Bob Dylan, passando per l’inglese Tom Mcrae Glen Hansard e band suonano vecchie e nuove canzoni creando un rapporto unico e invidiabile con il pubblico. Bird of Sorrow, When your mind’s made up, Don’t settle, Falling slowly, The closing door sono solo alcune gemme di rara intensità che hanno saputo dare profondità ad un concerto ricco d’atmosfera, energia e bisogno continuo di parlare con il mondo circostante.
Uno spettacolo ad alti livelli fatto da persone che riempiono di bellezza il mondo. Suoni mescolati a dovere e quell’essenzialità pura che nasconde le rughe del tempo, ma parte proprio da queste per segnare un cammino, un incedere costante di aspettative, desideri e promesse. Una nave poi su di un lago infinito. Un anfiteatro galleggiante che anche stanotte ci ha accolti e ci ha resi a tratti immobili e silenziosi, a tratti scatenati e con l’essenza primordiale della musica nelle vene. Una nave, laggiù, ora che diventa ricordo da custodire e portare a casa. C’è tempo e possiamo ancora scegliere la nostra direzione.
Foto: Giovanni Vanoglio
Report: Marco Zordan