The Black Animals – Samurai (Stormy Weather)

Disco d’esordio per i The Black Animals, band nata da un progetto del cantante Alberto Fabi già presente nei Cardio e ne il Testimone, un disco che raccoglie un’idea non più collettiva, ma uno spazio preponderante per le divagazioni sonore e testuali dello stesso front man che per l’occasione si fanno corrosive e danno la possibilità di esplodere la rabbia repressa, capace di convincere fin dal primo ascolto, in un continuo divagare tra sonorità che fanno da ponte agli anni ’90, tra Nirvana e Foo Fighters per passare alla concretezza ultima di band come gli Artic Monkeys in dieci brani che sono il racconto quotidiano di un giovane in bilico tra un rock elettrico sostenuto e potente e l’eterno divenire in testi che aiutano a capire e ad entrare nell’immaginario di questa band, tra distorsioni e bassi ben presenti che si mescolano ad una batteria altrettanto precisa e roboante.

Un album senza fronzoli e orpelli, capace di penetrare in profondità e dare un senso alle giornate che stiamo vivendo, una prova d’esordio sicuramente vincente e capace di conquistare già dalla prima canzone; questo non è poco.

Hard Reset – Machinery & Humanity (SlipTrickRecords)

Un lavoro completo ricco di sfumature e capace di donare vitalità e capacità espressiva per la pura contemplazione estetica, per un forte accento su un rock che fa centro nel cuore di chi ascolta e consegna una prova che mescola con stile i fine ’80 con il pieno dei ’90 tra chitarre grintose e tanta sostanza che vuole comprendere e lasciare spazio al futuro.

Gli Hard Reset sono in tre, i numeri qui fanno la differenza, l’essere in pochi ha permesso di focalizzare gli elementi comuni e indivisibili per consegnare una prova ricca di trascinamento e passione, toccando i vertici della scena grunge di Seattle per passare definitivamente ad un rock più moderno che abbraccia Deftones e in parte anche la musica di Matthew Bellamy e compagni, in una sorta di rock spinto in chiave moderna che trova in divenire una propria evoluzione.

Il rapporto della macchina con l’essere umano, la meccanica che si fonde con l’anima per cercare una chiave di appartenenza anche se l’esito risulta essere di difficile interpretazione, temi profondi che parlano di amori che si conficcano nella carne e gesta quasi eroiche a parlare di un mondo che forse un giorno verrà, un mondo che ancora non è dato conoscere, ma che si ritrova lungo le parole che compongono il disco.

Un album fatto di sudore quindi e tanta energia, sviscerale capacità di infondere un qualcosa grazie ad un power trio che da spettacolo e incanala la potenza dell’atto in un movimento meccanico sfumando la luce che un giorno vedremo.

Neodimio – Urla Dentro (Autoproduzione)

Cantato italiano per un rock dal sapore d’oltreoceano che infrange le proprie onde su scogli impetuosi, granitici e stilisticamente vicini a suoni che rimandano a Foo Fighters in primis pur mantenendo una forte dose di personalità incendiaria che trasforma il tutto in un qualcosa di energico e positivamente inglobante.

Un disco schietto e diretto per la band composta da Francesco Cremisini, Alberto Sempreboni e Simone Gerbasi che lascia intendere nuovi orizzonti capaci di confondere e infondere in modo del tutto naturale e senza cercare mezze misure, nuovi suoni e colori da distribuire e gridare al mondo.

I romani con questa prova si lasciano alle spalle le troppe influenze musicali per dare un senso al tutto e stupendo ancora una volta con l’oscura cover di Elisa: Luce.

Pretenziosi quindi, ma anche portatori di umiltà i nostri si lasciano andare creando canzoni simbolo come Impossibile e Il frammento, episodi di certo riusciti, con un buon appeal di base caratterizzato da un’immediata orecchiabilità.

Disco pieno quindi e carico di energia, che sa dosare e in certi momenti si lascia anche andare al giorno che verrà, tra post grunge e rock del nuovo millennio con aspirazioni future e gioie da raccogliere.