Fabio Biale – La gravità senza peso (Autoproduzione)

Disco di finezza e sudore che ingloba la lezione del tempo passato per abbandonarsi a solitarie serenate di vita capaci di raccontare i singoli passaggi, i singoli particolari di un mondo alquanto variegato che gira attorno a noi, un complesso di poesie in musica capaci di donare spazi di contaminazione tra il cantautorato, il folk e e lo swing da ballare come non esistesse un domani. Fabio Biale è tornato e questo ritorno è caratterizzato da un disco davvero stratificato, ricco di sfumature e nel contempo di essenzialità, quell’essenzialità di fondo che si perde nel raccontare le vicende amorose di gatti che guardano la luna in una peripezia gitana tra violini suonati dallo stesso cantautore, contrabbassi corposi e chitarre manouche a ricomporre quel paesaggio di vita agreste e di periferia che annega negli amori stagionali e nel contempo non smette di cercare una propri strada da seguire, una propria via di fuga dalla realtà. Ospiti presenti Zibba, Dario Canossi dei Luf e l’attore Mauro Pirovano ad impreziosire un album davvero sorprendente sotto molti punti di vista, un disco che trasforma la pesantezza delle nostre giornate in qualcosa di leggero, senza gravità.

Fabio Biale – La sostenibile essenza della leggera (Prestige Recording)

Il polistrumentista Fabio Biale concentra un’espressività fuori dal coro con questo disco in cui note elettrizzanti denudano un animo attentobiale alla prosa e all’assonanza di pensieri.

Già premio Tenco 2012 con gli “Zibba & Almalibre” da filosofo solitario, il savonese, incrocia carovane di nomadi con il cantautorato più intimista e riflessivo capace di aprire voragini di bellezza ad ogni ascolto.

“La sostenibile essenza della leggera” è un disco di musica quasi etno – europea in cui chitarre acustiche si mescolano a blues di violini impreziosendo il tutto da fiati scoppiettanti e da “requiem” solenni.

Le 10 tracce risultano essere molto orecchiabili non scadendo mai nella banalità.

Perle le possiamo ascoltare in pezzi come “Gesti” ricordando “Marta sui Tubi” e “Med in Itali”.

“Canzone d’amore per un nonno addormentato” è visione nuda di corpo allo specchio e solitudine che impreziosisce le giornate di leggero sole.

Altro pezzo degno di nota è “Psycho Killer”, una vorticosa salita verso il più classic rock d’annata.

Menzione speciale per la canzone “A zonzo” che scanzonatamente ricorda l’azzurro del Celentano più famoso.

Un disco ben suonato e curato dove il cantautore, privo di una band vera e propria si cimenta nel percorso ostico del debutto in solitaria dando forma a un qualcosa di concretamente importante. Promosso.