Duvalier – Hay Lobos (Red Eyes Dischi)

Non è un paese per vecchi e lo sappiamo molto bene, tra desertiche e ataviche sensazioni che ci imprigionano al suolo, sotto la terra, nella miriade sconfinata di territori e lande desolate dove gli approcci costruttivi si aprono quasi a comparse di sogni/incubi in oasi solo immaginate e lontane, fuori dal tempo e dai vincoli futuri, ma dentro all’ingestione di sostanze mascherate, che alterano la percezione in una visione annebbiata e sudata.

Sono tornati i vicentini Duvalier e grazie a questo disco, il loro quarto disco, inglobano l’oscurità del mondo tra chitarre sgangherate e giustamente distorte per l’occasione che filtrano il passo a ritornelli poppeggianti e refrain che si fanno ricordare concessi all’apertura di Black is the sun che si lancia poi in voli pindarici nella fuzzeggiante presenza di Tony La Muerte, compagno di etichetta, in Il vecchio del monte, rivisitazione dello stesso one man band in chiave sonora assai differente.

Un disco di introspezione in stato di grazia, non definitivo e completo per fortuna, ma sempre  alla ricerca di quell’energia primitiva che ci incolla al terreno e ci ricorda prepotentemente il nostro essere materia in decomposizione con un’anima da preservare.

DuValier – III (Autoproduzione)

imageQuesti giovani thienesi, provinciali di Vicenza, ci sanno davvero fare.

Solo 3 canzoni sporche, piene, dense di blues maledetto e rasserenamenti post aurora boreale in cui le sostanze si complicano per avvicinarsi ad un mondo in putrefazione e alterazione continua, un mondo di risorse da cui attingere i vuoti di una memoria senza tempo, un suono che è il racchiudersi di un’orchidea maledetta e rappresa al suolo dalla nera pece.

Un ep che parla di strade, donne, maturità e senso della vita che sprofonda in canzoni dalla matrice rock ’70 e perle in disillusione pronte a colpire, pronte a far sperare ancora.

Ecco allora che i toni post punk di M.A.D. si fanno distese infinite in Texas per finire con le chitarre di pura improvvisazione in Dallas ’63.

Una bella piccola, prova, matura ed eterogenea che si lascia alle spalle le ingenuità da prima band per approdare in territori più incisivi e completi in attesa di un vero e proprio full lenght.