Dead cat in a bag – We’ve been through (Gusstaff Records)

Buio interiore al tempo della musica troppo luminosa ad intessere momenti di introspezione profonda nel riconquistare spazi di tempo, spazi che diventano vuoti d’anima per cuori da colmare. Torna, con un bellissimo disco, la band piemontese Dead cat in a bag. Un album che riesce, grazie alle consuete atmosfere dilatate e crepuscolari, ad immergere l’ascoltatore all’interno di deserti in decomposizione dove l’essenziale è tormentato risveglio per comprendere appieno ciò che ci aspetta da qui al futuro. Ci sono echi di Tom Waits, Leonard Cohen, Nick Cave, ci sono i lamenti e la rabbia, forse, per questa nostra realtà, ma nel contempo un desiderio mai totalmente esteriorizzato di vivere ancora, in modo pieno, di nuovo. We’ve been  through è un puzzle emotivo mai scarno. Gli elementi orchestrali si fondono per dare vita a soluzioni musicalmente ineccepibili. Da The cat is dead, con la preziosa presenza di Gianni Marrocolo al basso, alla title track finale, i nostri ci regalano una meraviglia mai sopita fatta di sudore e passione, significati da veicolare, percorsi da costruire.


Dead cat in a bag – Sad dolls and furious flowers (Gusstaff Records)

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Sguardi che si incrociano oltre il futuro che conosciamo portando parallelismi di luce oscura pronta a rinfrancare la scena, a stabilire una comunione unica e irripetibile con l’ascoltatore e con il mondo più buio che questo può abitare per anfratti celati alla quotidianità che percepiscono cenni d’amore in una furiosa vibrazione che ha il sapore delle cose migliori. I Dead cat in a bag sono tornati con un disco bellissimo capace di racchiudere al proprio interno meccanismi strumentali che hanno il sapore e il vigore di un’opera, di un concept album studiato a tavolino dove i suoni sono profondamente innovati e capaci di incrociare un folk introspettivo con un rock che racchiude i nervosismi sonori di Nick Cave e di Tom Waits per parallelismi d’intersezione con  la musica tradizionale mossa dal bisogno di comunicare, di penetrare la carne, di scendere fino all’inferno più tetro per ritornare inesorabile sotto forma di carezza prima dell’attesa sera. La voce di Luca Swanz Andriolo costringe le tenebre a fermarsi per un momento creando una bolla d’aria di inequivocabile bellezza inalterata pronta a stupire ad ogni passo circostante e se Thirsty può essere una grandissima traccia Le vent racchiude al proprio interno una poetica essenziale che fa di questa band qualcosa di impressionante nel panorama della musica italiana. 


Dead cat in a bag – Late for a song (Viceversa Records)

 

Non so che cosa indosserò per il mio funerale, ma di certo questa sarà la mia colonna sonora, una lenta e degradante discesa lungo l’incerto, l’oscurità perpetua che se non fosse altro che un colore impresso nelle nostre menti, potrebbe tranquillamente risolversi in bianca luce celeste.

I Dead cat in a bag sono Tom Waits e Nick Cave messi assieme, sono Micah P. Hinson e sono anche Robert Johnson; racchiudono in modo espressivo un mondo e un colore che all’interno si ritrova a far da battaglia con assi di legno rotte e scricchiolanti.

Strumenti fuori dal tempo e foto fuori dal mondo che si immedesimano in un’epoca che non ha età e non ha confini, priva di quelle barriere a cui, magari questa musica potrebbe essere incasellata.

Questo dei Dead cat in a bag è tra i migliori album del 2014, sarà per indole verso questo tipo di musica, sarà perché colpiscono per la cura maniacale dei suoni, a ricreare un contesto assai intricato e poderoso che si lascia alle spalle sontuose ballate per uomini solitari, sarà perché entrano dentro fino a scavare in profondità, ma la loro musica resta pura e cristallina, non rappresa da finzioni legate al marketing, ma intrisa di quella poesia che si fa arte ancora una volta.