Luca Burgio e Maison Pigalle – Vizi, peccati e debolezze (New Model Label)

La città misteriosa nascosta dalle ombre del fumo di strada, locali anni ’30 che suonano fino a tarda notte, tra balli consistenti ed evoluzioni ubriache in night soporiferi, lasciati ai vapori dell’alcol in balia delle donne e della musica folk che sbarca lungo le coste e riempie i bar di un’altra terra a raccontare peripezie e gesta di un’altra epoca con piglio scapigliato e bohémien in attesa che arrivi un nuovo giorno da ammirare, con il ricordo alle spalle delle ore vissute intensamente a giocare ad essere altri, a giocare a rincorrersi, ad essere forse in toto se stessi.

Luca Burgio e Maison Pigalle danno vita ad un disco ricco di rimandi letterari e musicali, incorporando nel proprio essere la lezione di Buscaglione e di De Andrè, proprio quest’ultimo portatore di una sentita influenza in alcune tracce del nostro, incrociando la spontaneità di Non al denaro, non all’amore, né al cielo con gli arrangiamenti sopraffini di Anime Salve il tutto condito da swing sferzato e jazz gitano capace di penetrare nelle vene e far muovere ininterrottamente gambe e mani in attesa che la notte divori la luce e il palco sia pronto ad accogliere una nuova ondata di calore umano.

Canzoni ben studiate e arrangiate in modo sopraffino permettono di entrare in un mondo tutto da scoprire, la bellissima apertura lasciata a 75cl di brindisi è un chiaro esempio di perfezione narrativa in rima capace di convogliarci fino a Buscavidas, degno finale per piccoli racconti vissuti in prima persona e capaci di creare nel nostro essere un bisogno d’avventura, un bisogno di muoverci prima che sia troppo tardi, un’esigenza reale e tangibile di vivere ogni minuto della nostra vita.

Renato Franchi & Orchestrina del suonatore Jones – Finestre (Latlantide/Edel)

Ciò che uno vede dalla finestra non è sempre uguale a ciò che vede un altro in quanto siamo esseri che mirano l’attenzione nel far si che l’apparenza alle volte inganni o più semplicemente il mondo che vediamo ogni giorno scorrerci davanti non è che un’interpretazione soggettiva di un mondo più grande che portiamo dentro.

Questa di Renato Franchi e dell’Orchestrina del suonatore Jones è una prova dal sapore d’altri tempi, è una musica prima di tutto che attinge la propria linfa vitale dalla conoscenza profonda del cantautorato italiano, partendo da Fabrizio De Andrè sino ad arrivare a uno dei suoi più importanti co – autori di musica e parole: Massimo Bubola, per un suono e un testo che si fa racconto in primis di situazioni di vita vissuta, malinconia cantautorale che divampa in note rock spruzzate dal suono che rimanda agli Stati Uniti desertici mescolati al folk delle nostre terre e dal carico emozionale dell’Orchestrina del suonatore Jones, che per l’occasione stende un tappeto sonoro fatto di chitarre, pianoforte, hammond, flauti, basso e batteria a dar spessore ad una prova, esaltandone di sicuro il messaggio che veicola, valorizzando la capacità del gruppo di trasportare l’ascoltatore lungo dodici tracce che in primis sono un viaggio a cui non possiamo rinunciare.

Renato Franchi, per l’occasione, è affiancato da numerose collaborazioni come Marino Severini, voce dei The Gang, per passare alla presenza scenica del batterista Gianfranco D’Adda già con Battiato, fino all’armonica di Fabrizio Poggi, tra i più importanti armonicisti italiani.

Un disco che parla della nostra Italia, un album che si apre con Finestre e chiude il cerchio con Trasteverina, un album che narra di sacrifici, di giusti ideali e di speranza, speranza per chi verrà e per un Paese anche solo un po’ migliore.

Alessandro Sipolo – Eresie (fasolmusic.coop)

Alessandro Sipolo si muove in direzione ostinata e contraria, contro il vento che inonda la faccia del tempo vissuto e contro ogni forma di mercificazione che la letteratura musicale ormai ora ha raggiunto pur di riuscire nell’intento di stupire o attirare nuovi discepoli.

Parlo di letteratura musicale perché Alessandro è un cantautore che riesce a dare forma sostanziale alle parole, non semplici frasi lasciate li per caso, ma piccoli pezzi di poesie che incrociano le orecchie attente di chi ascolta e sanno comunicare un concetto di libertà e soprattutto di mondialità.

Una mondialità priva di barriere che viene narrata con l’utilizzo di luoghi geografici in molte canzoni, le citazioni territoriali servono a far immedesimare l’ascoltatore con i luoghi che per quest’ultimo hanno un valore, sono pregni e carichi di significato e questo si può definire tranquillamente un valore aggiunto di certo invidiabile.

Le mani sulla città vede la collaborazione del chitarrista e compositore Alessandro Asso Stefana, mentre in Arnaldo spunta l’acustica del bandabardiano Alessandro Finaz Finazzo, la batteria è curata da Ellade Bandini mentre al basso è presente Max Gabanizza a sottolineare l’importanza della prova stessa, in un miscuglio eterogeneo di complessità e colori.

Prodotto artisticamente da Taketo Gohara e Giorgio Cordini, questo disco ha tutte le carte in regola per fare un salto di qualità meritato e ricercato, nel mare di produzioni nostrane, nell’oceano della musica italiana.

Loris Dalì – Scimpanzé (Autoproduzione)

Cantautore torinese che con un gusto alquanto sottolineato per la musica d’autore italiana si cimenta in una prova completa, intima e veritiera.

Un disco in presa diretta per sottolineare l’eleganza e l’entusiasmo di un progetto che vede la collaborazione di numerosi musicisti, suonatori di strumenti come il violino e l’udu, lo scacciapensieri e il basso tuba, fino ad arrivare alla fisarmonica: una commistione di generi che intinge le radici nel De André più introspettivo per raccontare come si vive in Italia.

Un racconto fatto di pensieri e di speranze racchiuse da 12 preziosissime perle che alle volte fanno riflettere, altre invece fanno sorridere, perché Loris conosce molto bene il significato della parola disincanto e la sa utilizzare al meglio in ogni occasione.

Un disco quindi quasi autobiografico, ma che potrebbe narrare tranquillamente la storia di tutti, tra disillusione  e perdita del lavoro, tra conformismo e inutilità del materiale.

Un album magistralmente suonato e inusuale che si avvicina di molto, soprattutto nei live, al cabaret, sognando di amori impossibili e stelle da raggiungere, senza forse sapere che tutto questo alla fine è dentro di Noi.