Andy Fredman – Pieces of paper (Seahorse Recordings)

Passione che non si ferma ai confini moderni, ma piuttosto si tuffa nel passato musicale più lontano e scava nelle profondità degli anni ’60 e ’70 alla ricerca di suoni non troppo elaborati, ma di sicuro effetto per un’esigenza di buttare su carta impressioni e sensazioni di quegli anni, attraverso una convincente prova che sembra non sentire il divario di un’epoca ormai lontana. Andy Fredman all’anagrafe Andrea Cavedagna, dà alla luce un album che prima di tutto è un viaggio emozionale per chi ascolta, le canzoni non passano di certo inosservate e la cura e precisione negli arrangiamenti fa in modo di dare un senso pieno e compiuto all’intero lavoro. It’s only a cry fa da apripista per poi via via creare continuità con The show fino al finale lasciato a The hardest game per un risultato finale in bilico tra sperimentale e classico frutto di elaborazioni continue capaci di raggiungere un meritato e ricercato traguardo. 


Edoardo Chiesa – Canzoni sull’alternativa (DgRecords/L’Alienogatto)

Edoardo Chiesa è un cantautore che va oltre il concetto di cantautorato e si presta a snocciolare otto pezzi che si rifanno ad un costrutto che tende ad essere opposizione all’alternativa, un generale ricambio di codici che si fanno via via sempre più essenziali.

Forse è tempo di cambiare e di dare un senso diverso al tempo, lasciare in disparte, gran parte delle creazioni italiane di questi ultimi anni e ritornare a fare le cose in modo più classico, dal sapore retrovintage, un modo per ritornare alle origini.

Canzoni sull’alternativa porta all’interno già un pensiero che è veicolo di costruzione di un nuovo modo di pensare, si apre con il botto con l’alternativa e via via si scrollano di dosso dissapori passati ascoltando un blues ben suonato e calibrato, gestito e autogestito, meraviglie sonore che abbracciano testi di velata introspezione e forte capacità visionaria.

Un disco pieno di spunti e di riadattamenti, quasi fosse un circolo da cui non poter uscire e dove le parole acquistano valenza sia nelle intenzioni che nei risultati.

Una cover che viene direttamente da una scatola di cioccolatini, successivamente colorata e pronta a contenere piccole dolcezze un po’amare, come dolce/amara è la vita che Edoardo Chiesa vuole cantare, tra alti e bassi, salite e discese da superare e da vivere.

Ladri di Mescal – La violenza del benessere (Autoproduzione)

Ci hanno portato via gli affetti, ci hanno portato via il tempo, ci portano via la felicità, ci sottraggono i respiri ai nuovi giorni che devono arrivare, ci hanno portato via la dignità e quella capacità che era insita in noi di creare, manipolare, scoprire, regalare e donare nuovi spazi al mondo che ci circonda.

Un’epoca, raccontata dai Ladri di Mescal in questo loro secondo cd autoprodotto, che parla con i nostri occhi, occhi che inseguono ambizioni per un futuro diverso, ma vedono nella richiesta di aiuto l’unica speranza per stare meglio almeno con noi stessi.

Musicalmente l’incontro tra diverse contaminazioni rende il suono piacevole e molto simile ad un classic rock di matrice pop con composizioni canoniche di strofa e ritornello.

Nonostante questo il suono risulta curato e in qualche modo coinvolgente, con incursioni di assoli elettrici in grado di far entrare in modo preponderante la sezione ritmica di basso e batteria.

Un disco che trasmette energia e messaggi, il tutto grazie ad un’elettronica ben calibrata e soppesata, quasi ad essere da sfondo per un tappeto sonoro mutevole.

Un album che sogna ancora che la violenza del benessere termini la sua ascesa verso nuove vittime contente, felici, di volere solo ciò che non si ha, nove tracce quindi di speranza e ragione sul domani, nove tracce di vitalità ponderata da ascoltare in un solo e unico istante.