Francesco Di Bella – Nuova Gianturco (La Canzonetta)

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Francesco Di Bella uscito dai 24 Grana, confeziona un disco introspettivo che parla dell’assenza e del bisogno di reagire, quasi fosse un riscatto, la vita, che sempre ci chiede e poco ci da, quella vita di periferia ben delineata e raccontata in brani che si fondono con la tradizione di un dialetto napoletano, incomprensibile, ma musicale, una polvere che diventa musica per le nostre orecchie con gusto raffinato negli arrangiamenti e tentativi, ben raggiunti, aggiungerei io, di dare vita a personaggi che vivono ai margini, nella speranza che ci sia prima o poi un cambiamento, un senso diverso e soprattutto condiviso nella costruzione di nuovi tentativi e di nuove opportunità.

Dieci tracce che parlano di uno stato non mentale, ma quasi fisico, la fisicità del racconto si respira nella desolazione del mare in cui la città si affaccia, un mare che spazza, un mare che culla, un mare che trasporta; vite si intersecano in queste canzoni e le collaborazioni non tardano ad arrivare da Neffa ai 99 Posse, passando per un pezzo di Eugenio Bennato e Carlo D’Angiò, per un disco che colpisce al centro del cuore, lo fa innescando qualcosa, forse solo rabbia che diventa tempesta e poi quiete, quando capisci che le cose non possono cambiare, quando capisci che i sogni legati alla fortuna sono un granello di sabbia su di un’intera spiaggia baciata dal sole, così immobile da sembrare irreale, un po’ come i sogni, un po’ come il mondo di merda in cui ci troviamo.

Fabrizio Consoli – 10 (iCompany)

World music entusiasmante che canta il disagio esistenziale e il bisogno di partire in un mondo che non è fatto per gli ultimi, ma che ostinatamente sente il bisogno di questa musica per segnare il cammino da seguire, esigenza primordiale di lasciare la propria terra e sentirsi cullare da incursioni sonore che non sono propriamente nostre, anzi sono un contagio necessario per un bisogno ancora più grande nel trovare una nuova casa.

Un album sui dieci comandamenti rivisitato in chiave moderna, grazie alle parole di Fabrizio Consoli, egregio menestrello che attraverso la dura gavetta degli anni, ricordiamo l’attività di session man per, Alice, Mauro Pagani, PFM per citarne alcuni, nonché scrittore e produttore di diverse canzoni di gruppi come Dirotta su Cuba ed Eugenio Finardi, riesce il nostro nell’intento di proseguire, al quarto disco, quella strada della contaminazione che abbraccia il tango e il jazz, infarcendo il tutto con la musica latina e dell’est Europa per un risultato davvero notevole e soprattutto sentito.

Sono tredici brani di puro amore verso la musica, dieci brani che sono la summa di un intero periodo, basti pensare a Credo, La cultura, senza dimenticare Maria e L’innocenza di Giuda a dare un senso maggiore al quadro che ci troviamo davanti, nel cercare di trovare un punto di contatto, non con l’aldilà, ma piuttosto con tutto il tangibile che incontriamo ogni giorno.

Lorenzo Gileno – Kairos (Autoproduzione)

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Uscire allo scoperto e far valere la propria capacità nel raccontare storie non è da tutti, anzi è caratteristica solo di pochi, tra questi troviamo il cantautore Lorenzo Gileno che attraverso un percorso fatto di storie personali, di vissuti e di racconti del mondo che lo circonda, riesce in qualche modo a dare un senso introspettivo, anche se non dichiarato, alle vicende che lo coinvolgono, confezionando una prova ben suonata ed emozionale, in grado di attraversare il buon cantautorato della nostra penisola, soffermandosi sui particolari ed esigendo una comunione d’intenti che va ben oltre il luogo comune.

Dodici pezzi che si dipanano tra un Niccolò Fabi più intimo e l’elettronica appena accennata della bellissima voce di Alex Baroni, per un’ incisiva prova che mira alla rinascita e al sussurro, alla ricerca di un luogo dove vivere partendo dalla canzone La mia città fino a scorrere in attimi acustici ben dosati, alla fine, raggiungendo quell’Ouroboros che non poteva che essere la chiusura perfetta di un cerchio in primis interiore.

Lorenzo Gileno con questo disco mostra tutta la sua maturità, fuori da schemi e dalla moda nazionale del momento, dando un senso sopraffino ad una prova poetica che abbraccia territori lontani e ispirati come non mai.

Leon – Gli eroi muoiono (Meat Beat)

Gli eroi muoiono e ce lo spiega Leon nel suo nuovo disco, il cantautore valdostano confeziona una prova di sperimentazione innanzitutto in quanto il pop è mescolato con il cantautorato, il rock e l’elettronica e a farla da padrone sono testi generazionali in cui gran parte dei giovani ci si possono rispecchiare, tra lavoro precario e incertezza sul futuro, senza basi d’appoggio su cui sperare e senza la minima convinzione di poter far valere un proprio pensiero nella miriade di voci che fanno parte del nostro vivere.

Un disco esistenzialista che divaga, per ben quattro pezzi, nella lingua francese, parole presenti, pesanti e possenti, ci sono le poesie di Baudelaire e il colore nero prende il sopravvento dopo giorni spesi a chiedersi chi siamo; del domani non vi è certezza e noi protagonisti insicuri non abbiamo nemmeno più gli strumenti per affrontare ciò che ci troviamo davanti.

Intimo nella propria esistenza, Leon, ci regala una prova dei nostri tempi, un bel disco formato da dieci pezzi, una solitudine mescolata all’attesa e quella luce filtrata ad illuminare l’altra faccia di noi, l’altra faccia della luna, l’altra faccia che non dobbiamo far cadere nell’oscurità eterna.

Marco Bugatti – Romantico (Autoproduzione)

Marco Bugatti, già voce dei conosciuti Grenouille, confeziona una prova ben suonata e vissuta, caratterizzata da suoni abrasivi contrapposti a suoni più lucidi e reali capaci di penetrare in profondità e dando senso a refrain che entrano in testa facilmente e valorizzano questa prova mescolando sapientemente generi come il cantautorato al pop fino allo stoner rock passando per le introspezioni di pezzi intimi che raccontano attimi vissuti e giorni da ricordare.

Romantico è il disco d’esordio del monzese Bugatti, capace di trasferire rabbia e malinconia grazie ad una voce raffinata e coinvolgente, una voce difficile da trovare nel panorama della musica italiana che riesce con un sussurro come attraverso un grido lacerante, a dipingere in modo sostanziale e non sommario, le vicissitudini del tempo, le armonie che non esistono più, l’istante da cogliere che si fa esso stesso racconto di vita e passione senza dimenticare la sottile chiave ironica che contraddistingue questo lavoro.

Un album veramente variegato e multi forme, sette pezzi che racchiudono un mondo di stile e di coraggio, abbandonare il passato per guardare al futuro, forse questa è l’unica strada da seguire.

 

Igor Pitturi – Vesto Male (Frivola Records)

Igor Pitturi è il cantautore del chissenefrega, assolutamente indifferente alla fama e al successo, il nostro tenta nell’impresa di dare un senso nuovo alla forma canzone, in modo ironico e divertito, lasciando parlare di se grazie ad un linguaggio colorato e fiorito, in cerca di un posto nel mondo, con umiltà e capacità di domandarsi se tutto questo intorno abbia un senso.

Vesto male è appunto la summa di questa ricerca, è il concretizzarsi, grazia e due parole, di un mondo voluto e cercato, di un percorso che lo vede al fianco dei conosciuti Filippo Dr Panico e Matteo Fiorino, che per l’occasione si prestano alla costruzione sonora di questa sgangherata opera di riconoscimento, una piccola opera che parla di svuotamento di ideali nella nostra società e di quella ricerca sarcastica del bene nel più vicino male.

E’ meglio non prendersi troppo sul serio, è meglio vivere la vita attimo dopo attimo, le emozioni verranno e noi saremo diversi, capaci ancora per una volta di assaporare il meglio che arriverà; con piglio romantico e sbarazzino il nostro intraprende un viaggio chiamato vita che lo identifica nella massa e lo rende viaggiatore idealizzato del nostro tempo.

Russo Amorale – Russo Amorale (New Model Label)

Cantautore dal piglio vintage e di stampo analogico che regala un ep dall’indubbio spessore artistico che si muove in modo deciso tra passato e presente, tra testi impegnati e non sense disinvolto mirato a creare un nuovo linguaggio, un nuovo modo di scrittura, dopo l’abuso dicotomico toccato dai cantastorie moderni, il nostro Ugo Russo, di origini francesi, intasca una prova che non si ferma al primo ascolto ed è essa stessa raccolta di vita; un insieme di viaggi vissuti da Reggio Emilia, Nancy, Lione passando per Bologna e Parigi, citazioni che si fanno sentiero vissuto e raccontano la parte più vera dell’animo umano, quella parte che soffre e lotta, anime solitarie in cerca di un nuovo mondo possibile e che trovano nell’errare un unico motivo di speranza nei confronti di un qualcosa che è cambiato troppo in fretta; ecco allora che il cantautore si trasforma in veicolo per nuove aspirazioni, capaci di regalare qualcosa di nuovo nel panorama della musica nazionale.

Luca di Maio – Letiana (Autoproduzione)

L’imprevedibilità si fa forma canzone e consente di dare un senso agli ultimi del mondo, in un disco struggente quanto delicato, commovente e suonato egregiamente, dove gli arrangiamenti si possono percepire a pelle fin dalle prime note, come esigenza di valorizzare le vite ai margini, per immagini profonde e soppesate; nulla è lasciato al caso in questo disco e si sente.

C’è la produzione artistica di Marco Parente e alla console di regia Asso Stefana, c’è Alessandro Fiori dei Mariposa e le fluttuazioni di Vincenzo Vasi, gli amici di sempre Sergio Salvi dei My Broken Toy/Cosmosoul, Francesco Bordo dei Nasov, Federico “JolkiPalki” Camici degli Honeybird & the Birdies, Kento & the Voodoo Brothers per finire con Paola Mirabella degli Honeybird & the Birdies, Vincent Butter.

Un disco che ha il sapore in bocca del passato, un quadro ben delineato e una poesia lontana, il mare che fa da tramite per la ricerca di qualcosa di spezzato che va ricostruito, timido abbandono nei confronti di chi spera una vita migliore, attimo di coraggio prima della tempesta, il volere raccontare un’epoca dentro a nove tracce, perché la vita non è quella vista in tv, quando si vive nel quotidiano anche un filo d’erba può avere e cambiare significato, siamo soggetti in eterna costruzione, siamo soggetti che devono capire che tutto quello che vediamo può essere futuro nelle nostre mani e noi con lui dobbiamo essere eterni oppositori dei cliché precostituiti; accarezzando la vita come se fosse la prima volta.

Due venti contro – In fondo (Autoproduzione)

Raccontare e raccontarsi lungo le strade della vita tra sali scendi emozionali e quel piglio sbarazzino che permette di concentrarsi su ciò che davvero è utile, su ciò che conquista e rende la proposta di Due venti contro azzeccata quanto basta per raccontare storie di vita in bilico tra il reale e l’immaginato, frutto del tempo e di quell’ispirazione che inebria l’aria quasi di magia, di quel qualcosa di positivo che l’autore a tutto tondo vuole dedicare al tempo; una ballata d’amore infinito verso tutto ciò che gli gira attorno, nei confronti dei ricordi, nei confronti dei bei tempi andati, senza rimpianti certo, ma con una dose e una carica di savoir faire che regala emozioni a non finire e conquista l’ascoltatore facendolo riportare ad un mondo così lontano da quello attuale.

Le nostre storie, quindi quelle più nascoste, tra l’apertura di Presto passando per l’essenzialità di Metropolitana, passando per il lento Parole Nuove e poi via via fino all’efficace finale di In Fondo.

Un disco che comunica e che ci parla attraverso l’uso intelligente della musica, un album che è quasi uno sfogo diretto di ciò che fu, con la speranza che un giorno ci ricorderemo di tutto questo.

Livia Ferri – A path made by walking (BUMI / M.i.l.k.)

Un percorso a tratto continuo dove il solitario essere raccontato si concede una musicalità perenne e dove il sapere far parte di un qualcosa più ampio, che si chiama mondo, ci pone, costantemente la possibilità di essere diversi dal precostituito.

Un disco fatto di ricordi e sostanza, vibrante attesa concessa e monopolizzata dalla bravura della cantautrice romana nel creare atmosfere da luna rosa, pensando all’introspezione commovente di quel Drake che tanto deve a questa musica e consolida le basi per un futuro fatto di percorsi esigenti, ma di sicuro impatto e valenza.

Dieci pezzi che meritano questo ascolto, dieci canzoni che si fanno portavoce di un tempo vissuto e completamente sentito, dove la nostra non si concede quasi più in attimi di solitaria bellezza, ma ingloba le forze in un’esplosiva miscela di cantautorato dal forte respiro internazionale; una canzone d’autore che vive più che mai e nel calare della sera si trasforma in fiore delicato a vedere le nuove luci, lassù in cielo.