Lou Mornero – Grilli (Cabezon Records)

Sensazioni tra fili d’erba notturni in prati contaminati da questo tempo triste. Elementi di disturbo che evocano visioni psichedeliche di un giorno che tende a non svanire. Elementi di sostanza e di insieme capaci di scavalcare l’etere e veicolare energia melliflua, indisciplinata, meravigliosa. Suoni che evocano un cantautorato bisognoso di scoperta. Sperimentale quanto basta a convogliare l’attrito verso galassie lontane. Suoni che coinvolgono e non tradiscono, ma accompagnano l’ascoltatore all’interno di scatole inclassificabili di puro godimento ed elevata capacità compositiva. Torna il cantautore milanese Lou Mornero. Torna con un album composto da otto tracce che si perdono e si avvicinano ai nostri pensieri. Si perdono e si riavvicinano condensando elementi compositi in pezzi introspettivi come Grilli, Due, Caro mio, Piccolo tormento. Un album che è più di una visione d’insieme. E’ piuttosto un eterogeneo bisogno di dare spazio alla materia in dissoluzione che qui trova uno sfogo salvifico nel mare del nulla quotidiano.


Thing Mote – Robokiller (Cabezon Records)

album Robokiller - Thing Mote

Grunge distopico intelaiato a dovere in un costrutto necessario di passione che si estende oltre l’infinito e rende matura un’esigenza sempre più reale di colpire nel segno e di non lasciare nulla al caso. Il disco dei veronesi Thing Mote è un concentrato di rock ben suonato e atteso. Un insieme eterogeneo di muscoli e passione che trasforma la forma canzone in un disco concetto che parla della nostra società, del progresso, del mondo delle macchine e di ciò che alla fine ci influenza. I pezzi scorrono alla velocità della luce. Si fanno fermento. Si fanno eclissi e adombrano il sonno degli uomini con energia ben ponderata e ben diluita. Ciò che ne esce è un disco solido e bello. Mai esagerato. Un album lasciato a decantare il giusto tempo per poi risorgere dalle ceneri della mediocrità. Un disco importante e convincente.


I funketti allucinogeni – Ombre (Xo La Factory/Cabezon Records)

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Funk stradale sotterrato al suolo e pronto a scoprire un mondo lisergico e aperto a cambiamenti che si discosta dal circostante per ampiezza di vedute e capacità originali di ponderare l’ascolto per trovare nelle ombre della vita luce oltre ogni cosa. I funketti allucinogeni, un nome un programma, costruiscono un’impalcatura davvero solida in questa prova, reagendo al mondo esterno in modo del tutto inusuale, implementando un groove sopraffino senza strafare, ma piuttosto sacrificando l’inutile per ampliare vedute assestate da solide basi. Ombre è il primo EP della band proveniente dalla provincia di Brindisi e grazie ad un suono ricercato e curato riesce ad impreziosire una prova davvero interessante sotto molteplici punti di vista. Da Show me the road fino a Ombre i nostri ci regalano un disco che sa stupire e sa convogliare il necessario all’interno di una manciata di canzoni suonate come non ci fosse domani. 


Jocelyn Pulsar – Contro i giovani (Cabezon Records)

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Amarcord di situazioni da apprezzare estrapolate dall’album del tempo e piene di rimandi alla storia che viviamo, alla nostra storia, in un acustico e delicato modo di esprimere significati che si affacciano alla realtà con sapienza distribuita e parole, modi, opinioni che reagiscono agli sfoghi adolescenziali proiettandoci in un’età adulta che ci vede protagonisti interi del nostro venire al mondo. Il nuovo di Jocelyn Pulsar, all’anagrafe Francesco Pizzinelli, esce dal cilindro dell’illusione dopo due anni di gestazione e parla a cuore aperto di una età anagrafica che in tutto e per tutto va contro le mode preimpostate ed etichettate del momento, un disco che parla degli anni ’90 nel 2018, un album che usa il linguaggio di quegli anni, tra citazioni e vita vissuta, vita vera che non si scorda in un bicchiere d’acqua o in una canzone mp3, ma piuttosto scava attraverso un cantautorato interiore e autobiografico. Bombe inesplose fa solo da apripista a pezzi fondamentali come la title track, Mi volevo comprare un bar o Le balene nel finale a risarcire in qualche modo un debito o più semplicemente raccontando di questi giorni dove tutto il fondamentale sembra essere sempre più dimenticato. 


House of tarts – H.O.T. (Cabezon Records)

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Già passate su queste pagine con un demo che faceva presagire tutta la loro capacità di fondere suoni e atmosfere le Lilies on Mars nostrane e cioè le House of tarts escono per Cabezon con un disco completo che conta due inediti e sei rifacimenti cesellati e presenti nella loro prima prova non ufficiale in un flusso magmatico e direi ipnotico capace di infondere e confondere ad arte vicissitudini aperte nel riempire voragini di vuoto che per l’occorrenza sono riempite da sintetizzatori umorali e da sostanze magnetiche in lento divenire. Il disco in questione è un bel passo in avanti rispetto alla precedente prova soprattutto in fatto di qualità di registrazione e cura negli arrangiamenti che rendono la proposta più accattivante e di sicuro appeal emozionale. H.O.T è un disco complesso e stratificato capace di catturare le illusioni della vita per riconsegnarle all’ascoltatore in formato tascabile e percepibile attraverso suoni contemporanei e vivi, attraverso una ricerca che permette alle nostre paladine di costruire un’architettura importante per qualcosa che di certo non possiamo definire passeggero. 


TrèHùs – When you’re anything but ok (Cabezon Records)

album When you're anything but OK - TrèHùs

C’è un cuore oscuro pulsante nella musica enigmatica e compatta dei TrèHùs, c’è una musica apribile allo scibile umano per combattere indifferenza e convogliare energie in substrati cosmici, elettronici, dove il benessere passa per l’elettricità di un pop alternativo che si fa apprezzare per incursioni in territori da esplorare, in dinamiche che diventano isole e affrontano la realtà circostante in simbiosi con il proprio essere, con il proprio gestire la vita moderna, da Bon Iver a James Blake passando per qualcosa di più movimentato che incastra le atmosfere degli ultimi Arcade Fire concedendo egregiamente la possibilità di tentare di comprendere a fondo la bellezza di questa musica. E proprio nella formula dell’ossimoro, della contrapposizione i nostri ne escono vincitori, segnando un confine che non è mai netto, ma piuttosto interagendo su più piani grazie ad una musica d’insieme che non si accontenta di chiedere, ma piuttosto regala, dona, convince, dalla splendida apertura Ocean fino a Black Tide, passando per le essenziali Orfeo e Captivity. I TrèHùs tirano fuori dal cilindro un disco magnetico e a tratti inquietante dove l’internazionalità di fondo esplode in una purezza che non attende, ma colpisce a fondo, nell’immediato. 


MinimAnimalist – WOK (XO La Factory/Cabezon Records)

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Duo composito ad intessere relazioni e trame con una musica esplosiva che rinfranca ogni tipo di amplificatore posto al massimo volume in un bisogno essenziale di spolverare palchi e incedere grazie ad una psichedelia blues attraverso il nostro tempo per come lo conosciamo. I MinimAnimalist confezionano una prova esplosiva e potente che ricorda le elucubrazioni di band come Bud Spencer Blues Explosion passando per i Verdena e toccando vertici sonori alla White Stripes e alla QOTSA confinati però in territori nostrani in un classico apparato di esigenze che si mette a disposizione per dare un punto di vista innovativo, per concretizzare storie che trasudano vite e si fanno voci narranti nell’ascolto di questo WOK, di questa mistura cucinata assieme di bellezza e di forza aggiustata a dovere. Pezzi, canzoni come Ing.Giannino, Hai già vinto, Elefante, Giuda, Disturbo tripolare non passano di certo inosservate, anzi permettono all’ascoltatore di entrare all’interno di un mondo nebbioso, ma nel contempo concreto, dove il sudore si mescola alle gocce di pioggia e dove il pensiero, il nostro pensiero in dissoluzione è l’unica arma che abbiamo per affrontare il domani. 


Lou Mornero – Lou Mornero Ep (Cabezon Records)

Acustica che riempie stanze intrise di moquette polverose a rischiarare gli animi, a rendere necessario un ascolto attento che si dibatte sinuoso all’interno di un piccolo appartamento dove i suoni avvolgono e consentono di percepire nuove strade, nuove avventure accolte da una voce penetrante che ricorda il Godano degli ultimi progetti con i Marlene Kuntz, un canto tanto introspettivo quanto necessario che si dibatte, si consuma, costruisce e poi rimane a terra cullato da un sonno immortale. L’esordio del cantautore Lou Mornero è un piccolo album vibrante attesa e pieno di rimandi con un certo fare musica di un tempo ormai passato e lontano. Le introspezioni irrompono la scena per mostrare un’anima folk spruzzata dal blues e accenni di psichedelia contorta che costruiscono impalcature da OK passando per L’attesa fino ad arrivare a quella Strade dove tutto sembra avere una fine, ma per noi è soltanto l’inizio di qualcosa di davvero importante. Malinconie autunnali quindi pronte a rischiarare il cielo e a comprendere la profondità di ogni singola lettera, di ogni singola parola.

El Matador Alegre – Dreamland (Cabezon Records)

Quello che El Matador Alegre, dopo cinque anni di silenzio vuole farci comprendere attraverso questo disco è la bellezza sostanziale nel sogno, un sogno di vita che si esprime attraverso acquarelli folk che colpiscono per immediatezza e naturalità d’intenti quasi a soffermarsi sulla dimensione onirica per poi, inesorabilmente, approcciarsi ad una soluzione più matura e reale, quasi verista che si concede a sentimenti pronti ad aprirsi e a consegnarci un mondo di purezza cristallina che ha il sapore e il profumo delle lenzuola pulite e degli amori senza fine in anfratti sonori colorati da colori vivaci che sanno virare in tinte più sobrie, quasi pastello ad innescare mentalmente, già nella prima canzone, con quell’onomatopea di un orologio, un mondo fatto e popolato da creature fantastiche una terra di sogni dove l’irreale diventa reale, dove il futuro alle porte si diletta in solitudini alla Nick Drake in una incantevole discesa nelle profondità dell’animo umano, una discesa che a ben guardare e a ben sentire porta con sé non solo una malinconia pura di fondo, ma si concede, si consuma, ama, come fosse l’ultima volta, come fosse la prima.

Nicola Battisti – Bellissimo così (Cabezon records)

Cambiamento in divenire per il nuovo di Battisti, cantautore veronese con alle spalle una crescita costante e un disco di tre anni fa che lo ha visto protagonista del suono di quel tempo fatto prevalentemente di chitarre acustiche e canzoni strutturalmente ambiziose nonché difficili da eguagliare.

Oggi si cambia, oggi è il momento di dare una ventata di novità al cammino passato, oggi ci sono le basi elettroniche e un’ambizione connotata dal forte respiro internazionale, capace di penetrare fino in fondo con pezzi più diretti, da canzone radiofonica con piglio alternativo che male non fa e galleggiando in un r&b emancipato e una voce che convince sempre più.

Un disco sulla bellezza dell’amore e sulle istantanee che si ammirano solo in quel momento, un disco sulla lucidità in divenire contornata da un pop mai mieloso, ma accattivante e convincente, una leggerezza che non è sinonimo di mancanza di spessore, ma è proprio quella grandezza di cui abbiamo bisogno per ammirare i gesti quotidiani da un altro punto di vista.

La bellissima Ti porto al mare è l’esempio di come la melodia tessa trame sostanziose e allo stesso tempo disimpegnate, sempre alla ricerca di un buon motivo per confezionare dischi così, sempre alla ricerca di un proprio cammino; un talento che non ha bisogno di discussioni per un album che ne è lo specchio.