The Blacklash – Mindtrap (Autoproduzione)

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Mix perfetto e a prova di bomba per in The Blacklash che sanno unire la musica degli anni ’90 con qualcosa di più moderno, dai The Smiths fino agli Arctic Monkeys, passando per Oasis e Franz Ferdinand in un incedere di brit pop scanzonato e ben suonato che porta con sé il gusto per un’internazionalità che si ritrova facilmente oltre i confini della nostra Italia. Con Mindtrap si entra all’interno di una musica che sposa un labirinto di convinzioni da cui uscire per abbandonare ciò che è stato, tentando di elaborare un nuovo suono applicabile alla quotidianità, un suono che tende all’evoluzione personale e ad abbracciare in qualche modo un senso profondo ed essenziale che parte dal di dentro ed entra in comunione con l’ascoltatore. I The Blacklash non sfigurerebbero di certo in festival d’ampio respiro come il Glastonbury e gli stati d’animo preponderanti di questa musica dal forte impatto emozionale sono solo dei piccoli tasselli essenziali per comprendere, tra dinamiche distorte e pulite, un nuovo senso di coesione tra passato e futuro. 


Denial – Different ways (VREC)

Suoni pregevoli d’oltremanica che incrociano l’indie brit pop lasciando margini di amore da scoprire nelle plurime sfaccettature di una musica che ben si interseca con le intenzioni vissute ed elencate nel disco dei romani Denial, un album che è un omaggio al rock degli anni duemila tra la musica degli Stereophonics, dei Trevis, dei The Verve e degli Starsailor in canzoni che parlano della rarefazione del momento e del continuo incedere sentimentale all’interno di scatole chiuse di vita in un’internazionalità ricca di passione che con naturalezza scava l’animo umano per una prova d’insieme che riemerge dal tunnel delle disfatte quotidiane e si pone tra il riscatto e la rivincita contestualizzando gli ambienti di ogni giorno e percependo, con forte spirito, una musica che si staglia tra il sofferto e lo spensierato, una prova che porta con sé un forte carico di potenzialità ben espresse dal singolo Strong love fino a comprimersi nel finale di Sinking proud in un sodalizio d’attesa emancipato che in questa musica trova lampo di luce alla fine del tunnel.

Sir Rick Bowman – A quiet life (New Model Label)

Una vita tranquilla è l’insperabile idea di tutti noi esseri umani abbandonati al suolo dallo scorrere dei giorni, noi esseri così difficili e poco comprensivi nei confronti di un qualcosa che sta cambiando, ma che non sappiamo ancora interpretare, alla ricerca di un suono, una voce, una parola, che ci renda unici e importanti.

I Sir Rick Bowman, al secondo album, amplificano la lezione del brit pop d’oltremanica per aggiungere al costrutto musicale una parte elettronica che amplifica le vedute e rende il tutto di ampio respiro, percependo un’internazionalità che tocca i primi Coldplay di X&Y fino agli Oasis per come gli abbiamo conosciuti, rendendo la proposta non del tutto  originale, ma sicuramente frutto di studio e applicazione sul campo, una proposta che porta appresso l’idea di rinnovamento che la musica rock può veicolare a sé grazie alla tecnologia digitale e all’uso continuo di un’elettronica ben ponderata.

La band toscana si muove molto bene già nell’apertura Otis fino alla notevole Black Horizon che chiude il disco, passando per la title track avvolgente e intima nel suo piccolo splendore, tra esercizi di stile e altri brani che si aggrappano al filo dei ricordi e degli amori scomparsi.

Un album sincero e voluto, che riassume l’idea in parte compiuta da gruppi come gli Starsailor, di dare un tocco di rinnovamento ad un genere che negli anni ’90 andava per la maggiore, un gruppo, i Sir Rick Bowman, capace di sempre nuove evoluzioni per soddisfazioni, mi auguro, continue.