Mi sento Indie – Cortex/Crude Diamonds/Juredurè/May Gray (IRMA Records, RadioCoop, MEI)


Nella miriade di produzioni nazionali c’è un gruppo, un insieme di etichette che tenta quotidianamente di dare voce a band che si muovono nell’underground, ma che hanno tutte le carte in regola per emergere dall’oceano di musica quotidiano per farsi conoscere in un’espressione musicale che va ben oltre l’idea comune del disco lasciato in balia del tempo che verrà.

Mi sento Indie è prima di tutto un pensiero rivolto ai giovani con talento che sperimentano nel loro genere una nuova via di fuga dalla realtà, stratificando pezzi che senza l’aiuto di Radio Coop, IRMA records e il MEI resterebbero relegate poco più che in un cassetto o fatte sentire solo a nicchie precostituite.

Un progetto che pian piano sta riscontrando successo, anche per l’innovazione della proposta, in quanto i dischi prodotti sono dei piccoli EP formati da cinque pezzi , estratti da album già stampati e che hanno per comune denominatore un packaging uguale in sostanza, tranne che per il contenuto sonoro.

Dopo la pubblicazione a Dicembre degli EP di Remida, Mud, Carpa Koi e Wolther goes stranger, ora in Aprile usciranno le produzioni di Cortex, Crude Diamonds, Juredurè e May Gray.

Enrico Cortellino in arte Cortex è un cantautore atipico che attraverso refrain di effetto notevole regala emozioni radiofoniche senza essere banale, in testi ricercati e possedendo una capacità di scrittura importante ricevendo tra gli altri il premio MEI 2014 come miglior artista emergente dell’anno.

I Crude Diamonds invece fanno del rock il loro marchio di fabbrica, un suono spigoloso che passa dall’iniziale cantato in inglese della carriera per approdare ad un italiano che ben si lega strutturalmente alle canzoni presenti nell’album, un miscuglio di lingue dal puro effetto concentrico e deciso.

Con gli Juredurè si approda nel mondo della commistione di generi, nella etno patchanka, dove a legare in primis sono i significati che spaziano i confini per come li conosciamo e intensificano, grazie alla musica, i rapporti tra le culture del mediterraneo; una band già conosciuta per la colonna sonora di Il volo di Win Wenders.

Ultimi, ma non meno importanti, troviamo i May Gray, già presenti con il loro Londra nelle pagine di Indiepercui, caratterizzati da un post grunge che incrocia le sonorità californiane in un cantato multi sfaccettato e ricco di sfumature, un disco sul viaggio e sui viaggiatori di domani.

Quattro dischi che sono la volontà di dare un senso mirato al futuro, costruendo giorno dopo giorno qualcosa di nuovo e di importante.


 

IValium – Revolution (Venus dischi)

Revolution un album che ammicca ai suoni più classic punk e beat con venature brit pop  di stampo sixties.

Una carrellata di 12 canzoni ballabili fino ad avere male ai piedi, quelle dei Salernitani IValium che fanno dell’orecchiabilità una matrice di sfogo alle esigenze adolescenziali senza mettere in campo folk writer targati anni zero.

Per voce e stile, anche se meno elaborati, ma più diretti, ricordano i padovani MiSaCheNevica.

Canzoni quindi che scivolano come acqua di un fiume in piena che non lascia scampo nemmeno al più imperturbabile degli eroi.

Tracce che si fanno di certo ricordare sono “Io sono un Punk” con un ritornello strappa capelli, mentre il singolo “15 anni” fresco di un video che uscirà il 16 dicembre, è pura denuncia verso un mondo tanto stretto da far pensare che in qualcosa di meglio si può certamente sperare.

Bellissima nel finale la corale “Giochi Perfetti”, mentre attimi di psichedelia a colori fluorescenti si respira in”Syd + Lou barret”.

Un album fresco e genuino che non si sentiva da tempo, un disco che non si fossilizza nelle note oscure, ma regala attimi di gioia pura e pensieri che non sfiorano la materia cerebrale, ma che si snodano su, in alto, fino a toccare il cielo.

Fusch! – MONT CC 9.0 FIRST ACT (Jestrai)

Se con il precedente “Corinto” ci si chiedeva il pianeta di provenienza di questa band stellare ora con “Mont Cc 9.0 FIRST ACT” il dubbio è riposto in un angolo per lasciare spazio a sonorità di sicuro impatto e a vie segnate e continue.

I 4 bergamaschi rispolverano le  tute spaziali e ci consegnano 5 lunghe strade quasi del tutto strumentali per raggiungere galassie nascoste e inesplorate.

Il suono è una commistimont-cc-90-first-act-fuschone di generi soffocato da interventi atmosferici di deflagrazioni chitarristiche e sintetizzatori calibrati e sinceri che non scadono nell’ovvietà, ma che esaltano un cerchio in via di definizione  che si apre e si chiude nel migliore dei modi grazie anche al supporto di una solida base ritmica.

L’imprevedibile “Broken T-shirt” ci annienta con voci dall’oltretomba, mentre “Sbando alle Mancerie” è un gioco di parole da film di Tarantino dove la sonorità si sposa benissimo con la sequenza della pellicola.

“Sintesi” è eruzione vulcanica e orgasmica in progressione mentre “Cosmogenesi 9.0” è atterraggio senza fine; chiude l’ipnotica “Catherine Deneuve” a donare sprazzi di trombettistica follia.

E’ un progetto particolare il loro, composto da 3 atti, questo è il primo, che spero ci riserverà numerose sorprese come del resto lo è stato il disco d’esordio.

Un progetto diviso in tre che ci consegna le prime 5 strade per raggiungere lo spazio abissale, un rincorrere meno cupo il buio che avanza, un sodalizio tra sperimentazione e motori d’avviamento, per raggiungere, ancora, il pianeta “Fusch!”.

Il fratello – Il fratello (I dischi del minollo)

Una saracinesca sbarrata, scura, dalle tonalità dimenticate, 2 bambini camminano sopra  un marciapiede: sorella e fratello uniti, quest’ultimo sembra essere accecato da qualcosa, da una luce e decide di seguirla incurante di dove può portare.

Al ritorno il fratello non c’è più la bambina sembra non accorgersene; dove è finito per tutti questi anni?.

Inizia così l’avventuphpThumb_generated_thumbnailjpgra di Andrea Romano, siciliano, classe 1977 che assieme a Paolo Mei, Peppe Sindona, Francesco Cantone e Toti Valente forma alla fine degli anni 90 i Matildamay.

Poi l’avventura finisce, si sgretola, ma i rapporti rimangono e con questo disco nuove collaborazioni si presentano all’orizzonte.

Per l’occasione “Il fratello” ospita Mauro Ermanno Giovanardi, Lorenzo Urcillo (Colapesce), Giovanni Caruso, Valerio Vittoria, Angelo Orlando Meloni, Tazio Iacobacci, Carlo Barbagallo e Cesare Basile.

Un collettivo nel collettivo, amici soprattutto,  che grazie all’ispirazione inesauribile di Andrea Romano catapultano il suono a formare 8 tracce di delicata introspezione dove a parlare sono gli anni passati a rincorrere errori e gesti buoni da chiudere in un cassetto e riscoprire quando la stagione regala nuove idee e aspirazioni.

Velata amarezza nei testi, quasi aria mattutina invernale, un cuore malinconico dunque, ma aperto ad ogni forma di empatia con il mondo circostante; l’accostamento con la forma canzone e gli arrangiamenti dopo, risulta alquanto puntualizzato da sottofondi riverberati e voce soffusa, tende che si tendono in un abbraccio infinito.

Così Andrea parla del rumore di Lei, del rumore della luna o dell’assenza in “Vai via”, più dolce “Cos’ha che il mio mondo non ha” con Colapesce mentre la verità si fa auto determinazione in “E’ vero che per te” chiudendo con la meraviglia autobiografica “Nei ricordi di mio padre”.

Andrea con questo disco dipinge un mondo fatto di dissolvenze e profondità segnando la strada ad un nuovo cantautorato “nordico” figurativo dove ombre si stagliano nelle coscienze di chi ascolta, creando, grazie a rara capacità personale, quel pensiero di rimettersi in gioco sempre e comunque.

The Doormen – Black Clouds (The Orchard)

Un lavoro importante contornato da matrice bulimica di suoni british senza scadere nella retorica qualunquista cittadina e creando spazi di riflessione post floydiana di sicura classe e impatto sonoro.

I giovani Doormen ravennati e ablack-clouds-the-doormenttivi dal 2009, dopo un ep autoprodotto e esaurito in poco tempo nel 2011 danno vita all’omonimo primo full length prodotto da Paolo Mauri (Afterhours, La Crus … ) che permette alla band di condividere i palchi con artisti del calibro di Ash e The Vasellines.

Il periodo di grazia si protrae tutt’oggi, Aprile 2013, con l’uscita del nuovo miracolo di casa-circuito Audioglobe, un lavoro quasi maniacale che punta molto non solo sulla qualità estetica, ma soprattutto su di una qualità pratica e stilistica di ampie vedute internazionali.

Le influenze stagionali sono rielaborate in chiave ludico – malinconico ed ecco quindi che troviamo Editors e Audioslave, con punte subsonichiane nei ritmi sincopati del battere e levare della batteria: precisa samurai di casa Emilia.

Un piccolo gioiello ricoperto di sole e d’avorio che vede nel singolo “My wrong world” un incontro tra sonorità fine 80 e ritornelli claustrofobici a segnare inizi di una fine impossibile.

La dimensione del loro suonare prende forma in pezzi chiave come “Father’s Feelings” e “We are the Doormen” perché se l’incipit strizza l’occhio oltremanica il resto è vanità stilistica che i 4 riescono a esaltare al meglio grazie anche alla voce di Vincenzo Baruzzi che ricorda un malato Ian Curtis in pezzi lisergici come “Staring at the Ceiling” e “Silent Suicide”.

“Nuvole nere” potrebbe essere la colonna sonora di un tempo, il nostro tempo, che privo di colonne portanti emana capacità e pathos che conglobano il pensiero in un unico mondo possibile dove tristezza è sinonimo di perfezione.

Andrea Carboni – Due [] (Autoproduzione)

Ci troviamo al cospetto di una meraviglia sonora.

Il cantautore approccia lo stile, legato il tutto da una parabola ascendente e elegante, dal gusto romantico e irrinunciabilmente nostalgico.

Ascoltando andrea-carboniAndrea Carboni non possiamo rimanere indifferenti ci sono i La Crus, Afterhours, Paolo Benvegnù e quel cantautorato-rock tanto caro al mood impegnato e fantasioso allo stesso tempo che incanala energia e underground pronto a sprigionarsi ad ogni singola nota.

Andrea è poliedrico musicista che in questa ultima prova è affiancato dalla capacità di Rodrigo D’Erasmo (Muse, Afterhours) nel fondere archi sovraincisi mentre la parte dei fiati è assegnata a Enrico Gabrielli (Afterhours, Calibro 35, Mariposa e altre decine di collaborazioni) altro musicista dallo stile imprevedibile e surreale.

12 in tutto sono le tracce millesimate nelle parole e nella sostanza che non concede spazi di disapprovazione, un lavoro dalla dinamica fresca e coinvolgente, un disco legato al ricordo, alla penna che scrive parole su diari segreti fintanto che il colore non si esaurisce lasciando in fondo una sola e piccola macchia d’inchiostro.

“L’amoredopodomani” è già un piccolo riassunto del disco “Ricordi ogni tanto del nostro amore che anche se non è mai stato detto sapeva di un fiore”.

“Lento” è ballata rock con voce semi distorta che si fa muro contro la società.

“Vinceremograzie” è canzone contro sogni da uccidere e ricreare come nei migliori film e dove il sequel di “Dove sarai” fa da trait d’union all’emblema dell’avere solo ciò che si vede.

“Mille” abbraccia la parte più sostenuta del disco mentre “La migliore che ci sia” ricorda i Marlene di “Senza peso” , la pioggia si fa sassi che cadono dal cielo ricoprendo ciò che è inutile.

Alla strumentale “Rango” segue “Magari” canzone che racconta di chi fugge perchè ha vissuto troppo senza sapere dove la strada porta: “Magari mi piacerà, magari respirerò lo stesso…magari mi sono sbagliato sempre e forse questa vita non è mia”.

“Leinonsachisonoio” scivola come incroci di Brondi e Prince Billy mentre (Magari) è poesia notturna e silenziosa.

Il disco regala le ultime due ballate: “Il male minore” strizza l’occhio al Corgan migliore mentre “Bam” è buonanotte calda e avvolgente.

Nessuno può pretendere senza dare, nessuno può ricevere amore senza donarlo, il sole forse ci raggiungerà domani e noi attenderemo, perchè nessuno è più solo dopo l’ascolto di questo disco.

 

 

http://www.andreacarboni.it/?audio=due