Spleeners – A storm from a butterfly (Autoproduzione)

L’angoscia esistenziale cantata dagli Spleeners è un toccasana ai nostri tempi, è un modo per comunicare un disagio mettendolo in musica e odorando il tempo che passa partendo proprio dalla polvere che abita a terra e ci ammanta in modo da non farci vedere tutto quello che c’è dopo, tutto quello che possiamo immaginare. La band milanese confeziona un disco interessante sotto molti punti di vista, dai testi quasi nichilisti passando per una musica che abbraccia le chitarre di fine anni ’80 primi ’90 ricordando band come i The Smiths o i Rem riuscendo a variegare la proposta con un’interpretazione personale attraverso poesie di colori che stentano ad uscire e si dipanano nell’orizzonte del grigio e del nero per una prova dal sapore internazionale che attinge all’esperienza personale il proprio punto di partenza e che esplode in valvola di sfogo attraverso queste canzoni. Ciò che ne esce è un disco pensato dove il cantautorato va a braccetto con il rock d’oltremanica e in canzoni come la title track sa dare il meglio di sé in una continua evoluzione che porta appresso il sapore della pioggia e dell’abbandono.