Doc Brown – A piedi Nudi (Autoproduzione)

Elettro pop vintage con stile che guarda al futuro con una certa ammirazione e una certa qualsivoglia ironia e fame di sapere che si rapporta al mondo esterno come se fosse un’esperienza da vivere giorno dopo giorno alla ricerca di una fessura, di uno spiraglio su cui dare speranze e sensazioni che vanno ben oltre l’ideale di essenza a cui siamo abituati.

Quattro tracce in tutto che ammaliano grazie ad un italiano credibile e a suoni filtrati che non fanno sentire la sovrabbondanza dei colori, ma che si limitano a percorrere e addentrare un’unica parte emozionale che gradevolmente ci accompagna e ci tiene per mano.

I Doc Brown si presentano dopo il fortunato L’uomo perde l’equilibrio con un EP sobrio, elegante e convincente che fa del racconto di vita un necessario per portare nelle orecchie di chi ascolta sprazzi di risoluta freschezza in un panorama che sembrava, con il tempo, appiattirsi inesorabilmente.

Ecco allora che vengono sfoggiate dal cilindro quattro piccole gemme da riascoltare più volte, assaporando i prati e camminando a piedi nudi, tra echi di Phoenix e letargici Baustelle, un tripudio di colori che si innesca alla sostanza e non lascia via di fuga per una manciata di canzoni che sanno di Primavera.

Francesco Cerchiaro – A piedi nudi (Dischi Soviet Studio)

Un uomo che si siede allo scrittoio della sua vita e racconta frasi, poesie, narrando di miti e storie di tutti i giorni dove il protagonista non è altro che il bambino diventato adulto, il neonato che diventa anziano.

In mezzo c’è tutto il resto, in mezzo ci sono nuvole di polvere e di tempesta che si sradicano grazie ai possenti raggi di sole che si inerpicano pian piano lungo le 11 tracce che con questo primo disco, Francesco Cerchiaro è in grado di regalare, di volta in volta, passo dopo passo.

Un cantautore intimista, schivo, essenziale, minimale e caratterizzato da quella dolcezza disarmante che è veicolo di comunicazione facile in tempi così difficili per la comunicazione, momenti in cui siamo bombardati da qualsiasi messaggio e discernere l’essenziale è sempre difficoltoso, quasi ostico se non impossibile.

Francesco ci riesce bene e a piedi nudi affronta la prova e ne risulta vittorioso dopo l’impresa.

Occhi che si chiudono e corpi che fluttuano lungo tutte le canzoni del disco, immaginando una realtà fatta di ricordi e continui amarcord post cantautorali dove abbandonarsi, lasciando al proprio passaggio una scia di luce.

In silenzio, quasi per caso, si inizia con Le bugie della domenica finendo con Il treno che torna da Eger, non ci si accorge nemmeno che tutta la vita di un uomo può essere stata compressa dentro a questo album, pieno di trascorsi si, ma anche pieno di speranza.