Visioni di una favola sperimentale che intessono trame e architetture all’interno di mondi in divenire capaci di considerare attenzione ed emozione portando alla sperimentazione un bisogno sempre nuovo nell’aprire un percorso dentro al proprio io. Il disco omonimo di Joan Quille mescola il rock all’elettronica, i sintetizzatori alle chitarre creando un gusto prettamente ’90 che si sposa alla perfezione con un linguaggio diretto e a tratti ricercato. Trovare una nuova identità, scavarsi dentro, continuare a dare un senso a questa vita è in qualche modo lo scopo che si prefigge di raggiungere la nostra musicista. Il bel canto è lasciato in disparte per incisività a profusione che possiamo scorgere pezzo su pezzo, canzone su canzone. Dalla title track fino a Due, Joan Quille ci regala una personale visione d’insieme che concede ampi spazi al ricordo e alla divagazione sonora.