Pulsanti di energia giovanile e vibrante attesa i nostri Fiori di Hiroshima, ventenni e essenzialmente energici si stagliano all’orizzonte della musica italiana con questo loro primo disco di cinque piccoli racconti dal sapore dolce amaro e atteggiati da spirito di appartenenza nei confronti di sodalizi cosmici e chiaro scuri luccicanti e vibranti, un piglio deciso e desiderio di stupire, tra distorti non celati e quella classe che tende ad uscire allo scoperto, fresca energia di puro indie rock nostrano, quello che va di moda oggi, quello che si sente ai concerti, quello che la gente vuole sentire.
Nociva apre le danze elettro acustiche fino alla compressione finale della title track Nabuk, un soffio di vento e poi la tempesta, un soffio di vento ancora per sperare, passando per quella storpiatura malata di Datemi un martello e poi via via a rincorrere un’internazionalità ambita e ricercata.
Solo cinque pezzi, ma che in qualche modo denotano le potenzialità della band, potenzialità da affinare con il tempo, ma intrise di quell’odore di gioventù che fa così bene, tanto da poter essere aria fresca in piena estate.