I giardini di Chernobyl – Cella Zero (Zeta Factory)

Un pugno lacerante allo stomaco, li avevamo conosciuti qualche mese fa con il singolo Un infinito inverno, ma qui parliamo della completezza che incarna rumore, un misto di rabbia e abbandono, sudore e coscienziosa reminiscenza verso il passato, quel grunge abbandonato negli anni ’90 che si intreccia in modo maniacalmente perfetto con il nu metal del post 2000 fino a coprire territori di sospensione sonora che incalzano e relegano il tutto in modo da far scoppiare solo ciò che è veramente importante.

Un cantato in italiano condensato  che convince, ha il sapore della pioggia d’autunno, un misto tra il ricoprire spazi infiniti e la certezza sicura di arrivare diritti ad un bersaglio, alla sostanza del rock che è fatto si di rumore duro e puro, ma anche di emozioni.

Si perché i nostri sanno anche emozionare, sanno colpire basso quando meno te lo aspetti e soprattutto lo sanno fare bene, immaginifica meraviglia che si scopre traccia dopo traccia, canzone dopo canzone partendo da Noir e finendo con Iago in un vortice che è sodalizio tra passato e futuro, tracciando una nuova strada.

Se parliamo di  influenze italiane ci sono i primi Afterhours, ci sono i Verdena più introspettivi e anche gli Orrori, quelli del teatro, si, infatti il disco è stato prodotto anche dal Ragno, quello del teatro appunto, quello che con dimestichezza da veterano passa da One Dimensional Man a Non voglio che Clara, suoni così totalmente diversi che si fanno stimoli essenziali di vita.

Costrutti e geometrie schematiche che colpiscono al cuore.

Questi sono i Giardini di Chernobyl e di certo non potete perderveli.

One thought on “I giardini di Chernobyl – Cella Zero (Zeta Factory)

  1. La brllissima recenzione e’ emozionante tanto quanto l’ascolto dei brani e TUTTI!!! degli emergenti Giardini…che spero fioriscano perche’ lo strameritano
    IN BOCCA AL LUPO RAGAZZI!!!!!!

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