I frammenti dei FermoImmagine costituiscono i pezzi vitrei di una vaso che affonda le proprie radici più di trenta anni fa, quando facevano capolino nella musica leggera i primi sintetizzatori per affermare una base di elettronica pronta a divincolarsi lateralmente e letteralmente da tutto il punk che si stava affacciando di prepotenza, dando un senso ambient maggiore ai costrutti che si alternano negli anni a venire.
I nostri FermoImmagine sono intrappolati in quegli anni, anni di sperimentazione e al contempo capacità sonora di intrecciare il testo, le parole, la poesia con qualcosa che di per sé risultava nuovo e d’altra parte sostanza essenziale, il cantautorato che si fonde in modo esemplare con l’elettronica che si apre ad incursioni sonore mai osate, delicate e ricercate in una spazialità che prende forma e unisce l’attesa con un qualcosa che ancora dobbiamo valutare e comprendere.
Si ascolti con efficacia pezzi come l’apertura La gabbia e poi via via Nebbia, la riuscita Pugile fino a 40 anni, quasi un testamento, che si conclude con 11.12.13 remixata a dovere per dare un nuovo volto a qualcosa di precedentemente già sentito.
Un disco che si affaccia all’orizzonte e raccoglie le parti perse di ognuno di noi; inconsapevoli insiemi di particelle e di materia, tra certezze non ancora raggiunte e il tempo che scorre e non si ferma, tra i santo Barbaro e quel pizzico di cantautorato sospeso a creare immagini oniriche che sono parte di Noi.