I Comrad distruggono il circostante bisogno di apparire attraverso un sodalizio con il punk a rinvigorire di potenza sonora un costrutto di parallelismi con questa società malata. Si corre alla velocità della luce in questo Placenta e il venire al mondo odora di buone intenzioni e freschi risultati percepibili in dissonanze e atmosfere mai circoscritte amalgamate al nostro stare. Sono cinque canzoni che compongono questo EP, cinque pezzi di sostanza usciti dal cilindro della contemporaneità ad intrecciare vissuti necessari a risarcire troppi anni persi nel vuoto del nostro tempo. Il buio, I ministri, I FASK mescolati insieme a creare significati nel rapportarsi con la società. Camaleonte ad aprire le danze, Il fondo poi a dare man forte, procedendo spediti con la bellezza di Cado morbido, Apriremo porte e nel finale la descrizione di mondi lontani con il pezzo In orbita a narrare un disco che sfida la gravità, proiettandoci, con i piedi incorporati al suolo, nel distorto presente.
Category Archives: Alternative Rock
Too left 2 be right – Candies (Resisto)
Caramelline indie rock che conquistano per immediatezza sonora che profuma di punk, ma con la giusta dose di sperimentazione che di certo non guasta e centra l’obiettivo di intavolare un bel discorso con la quotidianità in cui viviamo. Il dischetto dei Too left 2 be right gioca con le parole e con i suoni. Ricopre l’etere di sostanza proveniente direttamente dai primi duemila e convince grazie ad una creatività che odora di psichedelia lontana, ma proiettata nella contemporaneità. Sono dieci tracce succose e comunicative. Dieci quadretti intrisi di polvere cangiante lasciata al tempo che verrà ad indicare un futuro fatto di impegno e leggerezza, di creazioni metafisiche multiformi e perennemente in bilico tra sogno e realtà. Candies sembra un album immediato, ma nasconde al proprio interno buon gusto calibrato e soppesato nel dare risalto ai molteplici significati di un’evoluzione continua.
Emoji of soul – Non avere paura (Resisto)
Pioggia di ricordi intrisi di emozioni e significati nell’intraprendere uno spassionato bisogno di comunicare elementi costanti e mutevoli capaci di penetrare la carne, il cuore, il nostro dentro. Gli Emoji of soul, progetto di Emanuela De Canio e Stefano Volini, riescono nel tentativo di dare voce ad una sorta di diario esistenziale che riesce a parlare di amori andati a male, di bisogno di correre oltre la contemporaneità e in simultanea creare freschezza concentrica all’interno di una musica a tratti minimale, ma sempre composta ed elegante. Suoni blues, soul, dichiaratamente pop, con elementi di funk circoscritto, sono essenziali per comprendere una poetica fatta di sogni e speranze per il futuro. Testi abbarbicati nei luoghi più oscuri della nostra anima si fanno energia vitale nel creare un disco che si muove dalla bellissima apertura affidata a Ginestre fino al finale riuscito di Sola? Ferma! per un risultato complessivo che convince e trova nella modernità un senso necessario per il nuovo costruire.
Zugabe – Lowland (Re_verb)
Shoegaze estremizzato che guarda oltre confine intessendo trame complicate di grigie città abbandonate allo scorrere di questo tempo infame. Piogge di sudore si addentrano nel circoscritto mondo notturno ricreato a stabilire un cerchio, un territorio, un movimento da dove poter partire per dare un senso intimo al tutto, ma in costante divenire. Un movimento che respira la concezione di questo nostro mondo ricoprendo di anfratti sonori i buchi che ci portiamo dentro. La band veronese, attraverso queste tracce, ci trasporta in un universo dove la calma e la tempesta sono elementi inscindibili di una stessa realtà e dove le sensazioni ricreate ci invitano a combattere contro i mostri che camminano quotidianamente con noi. Lowland è un EP ambizioso e riuscito. Le cavalcate dei Mogwai si fondono con la parte più introspettiva dei Placebo per un risultato d’insieme che sa di luce e conquista.
CRP – Beati Voi! (Autoproduzione)
Post punk con rimasugli di ore contate a rimembrare il passato scardinando le sicurezze acquisite per dare forma e sostanza alle ombre, mai scomparse, della realtà e intrappolando, nella militanza, quel senso di appartenenza al tutto che abbandona il materialismo, riuscendo a dare, sempre più valore, a ciò che conta veramente. I CRP snocciolano e tirano fuori dal cilindro, delle illusioni contemporanee, un dischetto che possiede un fascino che da tempo non siamo più in grado di respirare. Un bisogno unico e sentito di travalicare il consuetudinario nostro vivere attraverso pezzi di protesta ben calibrata come Manifesto, la stessa title track, Re furibondo, Soviet, Fuoco nero a seminare ancora il bisogno di gridare ad alta voce quell’appartenenza al futuro che solo con la sfrontata ribellione possiamo perseguire grazie a lampi di concentrica e rara bellezza.
CRM – My lunch (OverDubRecordings)

Tappeti di elettronica post punk arrivano a condensare le melodie di Moby attraverso una musica d’effetto, a tratti psichedelica che non si risparmia, ma che ritrova, nel gusto dall’andare, una vibrante attesa di novità sulfurea e sogni da costruire. Il disco dei CRM è un concentrato di pure visioni identificabili in un mood non edulcorato, ma sghembo, spesso scomposto e nel contempo lisergico quanto basta per diffondere significati che sanno di sperimentazioni notturne e di composizioni ad incrociare le stelle. Ci sono nove pezzi. Tra i più significativi la stessa title track, ma anche canzoni come Buy, Alone, Weirdo e la finale Jesus’s back a ristabilire un nuovo volo attraverso regole in divenire e trasformazioni che ricordano gli anni ottanta, ma che inevitabilmente ci trasportano in questa epoca fatta di pochi, rari, momenti da poter assaporare appieno.
Sons of shit – Freakshow (OverDubRecordings)
L’incazzatura globale si respira ancora una volta nell’intricato bisogno di apparire all’interno di un quadro mai delineato di punk, rock, hardcore, rap che sa di tempesta, di orrore mai celato e incubi a dormire dietro l’angolo. Il nuovo dei Sons of shit non delude le aspettative e racchiude, all’interno delle nove tracce proposte, l’illusione di questi tempi raccontata attraverso le peripezie notturne costruite attorno ad un crossover di bisogni da reclamare e sincerità da custodire. Un album pregno di parole. Un disco attuale per temi trattati che trova, nel desiderio di inglobare le asperità, una musica mai scontata e banale che cerca, in qualche modo, di ricucire la strada perduta grazie ad una formula innovativa e ad affetto. Dall’intro lasciata a Nelle puntate precedenti… fino a Fastidio i nostri intavolano un puzzle dove le barriere vengono abbattute e dove la parola diventa veicolo per raccontare le inadeguatezze della vita.
ThëM – Frames (OverDubRecordings)
Disco compresso all’interno di territori ostili dove stringersi e aspettare questo futuro incerto. La rabbia incisa per l’occasione in questo Frames è decisiva per comprendere una poetica che racchiude una meraviglia capace di esplodere dalla decomposizione di questa realtà. Un album magnifico che vive di luce propria e costringe l’ascoltatore a rimanere imbrigliato in una rete di luce e buio che colpisce per compattezza impattante e di sicuro effetto. Sono nove canzoni che cercano una valvola di sfogo e giustamente respirano un suono che diventa incrociatore stellare per un post rock che trova nelle sfumature hardcore un segnale di ripresa oltre ciò che viviamo giorno dopo giorno. Da Blinded fino a Time passando per le bellissime Smart pressure, Restless, Fragments, Ghost of myself, Time, i nostri ci invitano ad ammirare, questo tutto, a bocca aperta.
Alma Irata – Pillole di inquietudine sociale (OverDubRecordings)
Rock di denuncia sociale che imbriglia momenti di puro lirismo ispirato nel parlare della nostra società malata troppo spesso impressa nelle velleità dei social e poco vissuta nel quotidiano. Ritornano gli Alma Irata con un disco arrabbiato e tosto. Un album che non si risparmia fagocitando il nulla intorno e rigettandolo con potenza incontrollata e sensazionale bisogno di esistenza oltre l’inutilità di questi tempi. Un insieme di tracce che costringono l’ascoltatore a non ignorare mai il proprio credo cercando di contrapporre tutto ciò che è futile a ciò che conta veramente. C’è la politica in queste canzoni, una politica che diventa, per l’occasione, aria essenziale da respirare ogni giorno della nostra esistenza a raccontare il disastro sociale ed economico creato dal capitalismo imperante e a costruire una denuncia nei confronti di questo nostro stare che al grido di libertà per tutti raccoglie, con coraggio, la polvere della quotidianità, per ripartire, di nuovo.
Matteo Prencipe – Bianco (Alka Record Label)
Rock autorale di rinascita che profuma di civiltà urbane in decomposizione e amori finiti male tra le pagine di qualche diario disperso nelle profondità del nulla. Il disco di Matteo Prencipe abbonda di infinitesimale conforto nel raccontare storie di tutti i giorni, nel parlare di significati oltre le aspettative che perlustrano e scandagliano i fondali di un’esistenza contesa all’interno di un vivere, di un sentire che si fa pesante fardello da portare e condividere. I rumori dei giorni che passano diventano istanti da fotografare su polaroid sbiadite e la potenza di un rock ben arrangiato costruisce un’impalcatura necessaria per veicolare testi forse, a tratti, semplici, ma allo stesso tempo diretti e funzionali. Bianco è un album che unisce esperienze e fa della musica raccolta un punto essenziale da cui partire per creare unione nella diversità.