C’è tanto di quel rock anni ’90 in questo disco da far spavento, un rock legato indissolubilmente a piccoli ritocchi estetici di elettronica commistionata al cantautorato in modo sublime, dove le parole si legano alla musica e creano un vortice di sensazioni che non stancano, ma in loop ossessivo concedono una quadratura del cerchio che arriva fino ai Placebo, partendo proprio con i cari Radiohead in una Rivoluzione cosmetica che riecheggia nell’airbag del gruppo di Oxford.
Una linea continua che fa sospirare e vede nell’immaginario coltivare con risaputa capacità, ciò che il nostro aveva già gettato con Due, una ricerca stilistica di un proprio io che ricava attimi di esplosioni chitarristiche in un pop che per sua definizione è antipop per eccellenza, in divenire, raccontando di posti lontani e amori supremi, di battaglie da vincere e di perdite assicurate.
Un album di otto canzoni che svela un tiro deciso fin dall’inizio, con un’ottima e affilata registrazione accompagnata da un egregio mastering, otto brani a dominare la scena, la rivoluzione cosmetica è alle porte e questo atto di denuncia per ciò che non siamo più suona molto attuale nel mondo che ci circonda.