Indefinibili, a tratti eterei a tratti fondamentalmente punk.
Questi sono i 4 Axid Butchers, intro prolungate e cambi di ritmo repentino toccando Clash, Ramones e Police incoronati da batteria e basso che fanno il loro dovere, puntuali e precisi ricordando Editors e Interpol.
8 le tracce che compongono Villa Gasuli e altrettante sono le sperimentazioni che possiamo ascoltare in questo album.
Si passa dal punk rock alla new wave, dal reggae al pop raffinato.
Punto fondamentale del loro lavoro sono le voci: tutti i componenti cantano, intrecciando le loro doti canore in cori e stacchi temporali molto gradevoli e originali dimostrando capacità compositive e leggendo nella loro musica passaggi brillanti e lucenti.
Il loro mondo è un insieme di suoni coinvolgenti e chiari, netti, ma allo stesso tempo pronti a lasciarsi andare a ricercatezze indie.
Praticamente quasi sconosciuti in Italia, ma italiani di Brescia, hanno suonato più di 300 volte in giro per il mondo e sono stati i primi in Italia a fare un tour completo in Sud Africa.
Le canzoni sono un misto di acido e organico, potente e discostante, frutto di un lavoro e di una ricerca portata avanti fino ad oggi, al terzo album.
Si parte con Gasuli e i passaggi si fanno subsonichiani, ma l’organetto è una grande trovata quasi miracolosa che in un attimo ci porta alle atmosfere più dense di phatos e reggaeggianti di A globetrottersong fino alle chiare intenzioni di Let it burn che precede di due la bellissima e dialetteggiante El zogadur.
Forse questo è un disco per emigranti musicali, una scelta, una presa di posizione l’ essere stranieri anche nella musica che sicuramente paga; dimostrando qualità e ingegno invidiabili da qualsiasi band d’oltreoceano.