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Rock nevrotico e distorto capace di scandagliare l’essere umano attraverso una musica che attira adepti e non risparmia parole incastrando quotidianità, essere esteriore ed essere interiore. I Metibla intersecano suoni provenienti dagli anni novanta e ce li regalano attraverso una poetica che parla del declino dell’essere umano, un declino inesorabile immolato alla società dell’apparenza e intriso di povertà mentale che si respira giorno dopo giorno. La fine quindi di un qualcosa qui raccontata attraverso dieci canzoni di sicuro interesse a ristabilire un’interiorità di valore nel nulla assoluto. Stanno tutti male, Il mio cuore bacato, La fine, Neve nera, Ammazzami, Misantropia unica via sono solo alcune delle tracce che ci permettono di entrare in un album che parla di ciò che viviamo. Stanno tutti male è specchio dei nostri tempi. Un album mai compresso. Un disco che cerca di trovare una via oscura, ma reale, alla nostra esistenza.
Packaging stratosferico per un EP emozionale carico di rimandi alla new wave passata e intriso di connotazioni artistiche che si fanno autentica visione e commistione di generi dal jazz fino al rock passando per una litania sospinta che ricorda le sperimentazioni dei PGR. Il collettivo capitanato da Alessandro Denni si propone di fare musica a scopo terapeutico. Uscire dal baratro quindi cercando di dare un senso sempre maggiore alle sfumature di questa realtà qui intrappolate in cinque pezzi che diventano emozione, cambio di rotta, stupore continuo. Difficile incasellare il tutto. Difficile confrontare il lavoro del nostro. Di certo ciò che si può ammirare in tutto questo è un uso unico che non scende a compromessi, del suono e della scrittura. Un modo unico e personale che si inserisce all’interno di pezzi come Ipersfera relazionale, Ciò che resta del fuoco, A proposito del tuo candore a ristabilire un contatto intimo e unico col vuoto intorno.
Dopo Sushi all you can it ritornano con l’accoppiata Candy crash e Felici e contenti Le canzoni giuste, band abruzzese irriverente e ironica che ha fatto della scelta delle parole un modo per comunicare oltre l’apparente formula demenziale che li contraddistingue. Un doppio singolo che crea continuità con il precedente. Canzoni che non si chiedono troppo, ma che riescono a scavare nelle mode del momento, nei cliché di questo tempo, per consegnarci un insieme, mai stereotipato, di forme e nuove possibilità. Dieci minuti spassosi con brio. Intelligenti e mai banali. In attesa del nuovo che verrà.
Rappresentare un momento così delicato con dolce ironia non è assolutamente banale. Descriverlo, immaginarlo, renderlo su carta è alquanto difficile in quanto il messaggio da comunicare è importante, presente, a volte rischia di essere frainteso, minimizzato.
Leone è un pinguino, un piccolo di pinguino. Non vuole assolutamente dormire da solo. Mamma e papà guardano all’autonomia, mentre il nostro protagonista è deciso e concreto nel guadagnarsi il proprio posto da occupare nel lettone dei propri genitori.
Una favola ricca di insegnamenti. Un piccolo illustrato d’autore che riesce a convergere all’interno di un mondo in costruzione. Quel mondo del bambino che cresce con l’esperienza, con l’atto esperienziale non fine a se stesso, ma piuttosto inglobato e catalizzato all’interno di vissuti famigliari che sono l’impalcatura necessaria per dare vita ad architetture portanti ricche di interscambi, di no che aiutano a crescere e di complicità percepibile.
Émile Jadoul racconta un mondo semplice, stereotipato, ma efficace. La capacità dell’autore di altri libricini fortunati come Scacciabua, Le mani di papà, Papà-isola, Fra le mie braccia evidenzia una peculiarità intrinseca nel partire da argomenti psicologicamente ampi e complessi per poi ridurli, con grande maestria, a testi che si fanno leggere con il sorriso sulle labbra, senza dare nessuna soluzione, senza dare insegnamenti morali, ma piuttosto evidenziando, con ironia, la realtà dei fatti.
Nel tuo letto! non diventa ordine perentorio, ma piuttosto un modo per costruire e consegnare, ai bambini, le chiavi della libertà. La libertà di autonomia che nasce e cresce, si sviluppa e acquisisce una propria forma proprio quando, davanti a noi, abbiamo una guida che ci può indicare la strada.
Il libro edito da Babalibri, come tutte le pubblicazioni della casa editrice italo-francese, segna e racconta le tappe evolutive del nostro essere trovando sempre la via giusta per entrare nel cuore del lettore.
Urgenza sonora mai statica che corre alla velocità della luce per donare una manciata di canzoni dal forte tiro emozionale in grado di scaraventare la realtà al suolo per riproporla in modo fresco e collaudato. Poche cose si sanno su questo fantomatico musicista. Lacero riesce a condensare una sorta di cantautorato punk rock che ingloba TARM, Sick Tamburo, Melt in un continuo saliscendi di intenzioni e prove che si scagliano sul muro della vita. Una musica che riscopre gli angoli più oscuri della nostra anima riuscendo ad intessere trame mai scontate che diventato diario di vita per questo e altri futuri possibili. Ci svuota le membra, Chi aveva ragione, Orso bipolare, Perdere conoscenza, Opaco, sono solo alcuni degli infiniti mondi ricreati in questo disco a ricoprire di buio essenziale la nostra quotidianità.
Eleganti sovrapposizioni d’oltremanica e d’oltreoceano si affacciano al mondo dell’alternative folk con un gusto ispirato e un’energia moderna nel catturare la contemporaneità di questo tempo. Things to share ha dei chiari rimandi al folk americano. Rimandi che riempiono gli spazi di architetture pensate per creare solide composizioni che inglobano internazionalità e momenti di introspezione sonora in grado di analizzare elementi di continuità con la tradizione. Iron & Wine, Wilco, Will Oldham sono solo alcuni dei musicisti che si possono sentire ascoltando le dodici tracce proposte. Da The lights fino a A new love passando per Crossing, The shore, Run, Fly i nostri riescono ad interpretare un genere che porta con sé il sapore del viaggio, il sapore di un’autenticità senza confini che con gusto e maturità acquisita riesce a colpire al primo ascolto.
I suoni della strada e della ribellione si mescolano all’interno di questo disco punk rock coerente con un modo di vivere la vita che ha caratterizzato la storia di una band alquanto longeva oggi al settimo disco. Tornano gli Impossibili con un suono ricercato, ma legato alle radici della stessa band. Un suono di certo non originale, ma che si affaccia prepotentemente alla musica di fine anni settanta. Una musica che trova nella spensieratezza di questa realtà un passaggio necessario per comprendere esigenze di vita, momenti vissuti e attimi che non torneranno più. Tredici pezzi, di cui dieci inediti, vibrano di luce propria e convergono all’interno di un mondo che si muove da Hikikomori fino a Sul sedile con te passando per Divinità, Non guardarti indietro, Ossessione, Reunion in un vortice contagioso e ben equilibrato di rumore e parole capace di stupire ancora grazie ad una formula impattante e di sicuro effetto.
Funk rock contagioso in grado di impreziosire gli anfratti grazie ad una musica luminosa e opportunamente incazzata che riesce ad aprire momenti sonori con attimi tracciati a definire la scena. Il disco dei Fanelli demolizioni è un concentrato di realtà da gustare un po’ per volta. Un concentrato non stereotipato che incontra la poesia sghemba ed immediata a raccontare momenti di vita, attualità, ricordi, con fare originale e personale. Aspettando Depot esce sotto l’influenza di Giorgio Canali. Gli spiriti affini si incontrano e in qualche modo riescono nell’intento di dare voce all’implosione del sistema attraverso pezzi che scorrono alla velocità della luce. Sedimentate a dovere, le canzoni proposte, riescono nell’intento di creare ambizione per l’improvvisazione e forte capacità intrinseca di dare spazio ad uno sfogo personale che si perpetua per tutto l’ascolto dell’intero album. Energia quindi, ma anche bisogno di comunicare per i nostri che riescono in una prova dal sapore genuino.
Accompagnare, prendere per mano il mondo del bambino e trasportarlo all’interno di un universo di carta colorato, un mondo dove la fantasia sfiora la realtà e si rende veicolo necessario per comprendere questo e altri futuri possibili.
Un libricino piccolo, quadrato, ma grande dentro. Minuziosa metafora ed esemplificazione della nostra vita e dei numerosi lavori che potremmo intraprendere o meglio che i bambini e le bambine, guardando le figure disegnate, potrebbero immaginare, con la mente, di compiere un giorno.
Il coniglio Moka, già personaggio ultra simpatico della talentuosa illustratrice giapponese Satoe Tone, coniglio che ricorda il Totoro di Miyazaki, ci trasporta in una narrazione fatta proprio per i più piccoli. Una prima lettura dove semplici didascalie accompagnano immagini minuziose e dettagliate. Immagini dai colori in divenire che abbracciano l’intera scala cromatica dando energia ed eterogeneità ad una semplicità di fondo che si fa sfogliare e che si fa amare.
Inutile spiegarvi il perché a mia figlia di tre mesi e mezzo piace così tanto. Il protagonista in copertina è assai buffo ed essenziale. Lo sfondo giallo attira, catalizza e ammalia. Non ci sono mezze misure. Il libro dell’illustratrice orientale sa trovare nella bellezza ricreata un senso destabilizzante di arte immediata, alla portata di tutti. Pop quindi all’apparenza. Ricercato e alternativo nella cura del dettaglio.
Nella magnifica rappresentazione proposta, il libretto edito da Kite si fa portatore di significati proprio quando tenta di spiegarci con una sola parola quel qualcosa che ipotetico sarà. L’insegnante, l’Elvis-cantante, il Moka Munch pittore, il medico, colui che offre ristoro (colui che offre ristoro è davvero spettacolare), sono solo alcune delle professioni illustrate per un libro che fa della possibilità mai celata una meraviglia di speranza racchiusa in una manciata sogni.
Serie di concerti evento nell’anno della pandemia fuori dalla sala prove degli Esterina in una cascina a Massarosa. Tra le paglie del fieno, l’imbrunire del sole e le voci della gente. Poche decine per volta, ad ammirare, all’aperto, una band in continua mutazione. Un gruppo capace di improvvisare creando per l’occasione delle rappresentazioni serali dal vivo quando tutto, o quasi, il mondo della musica e della cultura in generale, guardava immobile. Da quelle serate è uscito un disco live, il secondo dal vivo della band toscana. Una manciata di pezzi in grado di soffermare l’ascoltatore sulla parte più elettrica dei nostri in un continuo saliscendi emozionale che incorpora bellezza e veridicità creata. Concerti per esseri umani sa accogliere e dare energia. E’ una chiara rappresentazione del valore del ricordo. Fedele, mai approssimativo, maledettamente reale. Traspare l’idea di un sogno divenuto realtà. Il rock mescolato al post rock e alla musica d’autore degli Esterina ricrea, per l’occasione, immagini in dissoluzione che incrociano solidità e poesia in una sorta di abbandono che non trova fine. Fero ad aprire. Ipnotica ed esaltante. Via via scorrono a fiume Nodata, Santo amore degli abissi, Il vuoto intorno, Dio ti salvi, Salutarti tra le migliori. Un disco tappa fondamentale che fa dell’incontro un’occasione nuova per chiamarsi. Undici canzoni che accolgono la campagna, trasformano i sentimenti e riscoprono la semplicità composita nel nostro uscire allo scoperto mostrando quello sprazzo di eternità che dura un secondo.
