Matteo Bonechi – 181 (Bitika Records)

album 181 - Matteo Bonechi

Suoni di piazza, suoni che si confondono con la gente, suoni cantautorali che rendono la proposta accattivante e vitale, capace di scardinare presupposti e lasciando a decantare, sul teatro della vita, questo nostro essere partecipi di un mondo in continuo cambiamento. Matteo Bonechi ci regala un album fatto di parole, monologhi, canzoni che rispecchiano un animo folk, un animo popolare che riesce a raccontare, con ironia, situazioni di strada, musiche da osteria, pezzi di cielo di questa nostra Italia. Un piccolo mondo all’interno di un altro mondo, energia a profusione che si domanda, scruta l’orizzonte, intesse rapporti, costruisce ed esplora. Un concept album che esplora, traccia su traccia, una situazione, un momento, un bisogno quasi essenziale di reagire, con sapiente sagacia, ai problemi della vita, a tutto ciò che ci caratterizza e ci tocca da vicino.


Joe Pansa – What’matter? (Autoproduzione)

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Suoni profondi che rispecchiano un’anima errante capace di incrociare con fare del tutto personale l’intimità del folk con una musica parlata stratificata a volontà che non riconduce ad un unico genere, ma intesse trame di ordito concatenate regalando meraviglia ascolto su ascolto. Il disco di Joe Pansa riesce a suscitare emozioni costruttive e interessate al mondo in cambiamento. Un artista di strada che mette a disposizione il proprio bagaglio di illusioni e veridicità impresse nella mente di chi ascolta, impresse attraverso i muri che ci sentiamo nostri, muri da abbattere, frontiere che non esistono. Nella formula indie proposta il nostro riesce a svelare i segreti dell’anima, riesce a veicolare un pensiero fatto di speranze per il futuro. What’matter? è un disco ben strutturato che in pezzi come la title track d’apertura, Take me, Merry old soul riesce a conquistare un posto nel mondo da occupare, una propria strada di interiorità lasciata a decantare nei meandri della vita.


Lola & The Workaholics – Romance (Autoproduzione)

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Influenze condite a dovere all’interno di incisioni che diventano realtà preponderante mescolata ad un pizzico di meraviglia e di quotidianità che rendono la proposta essenziale e percepibile. I Lola & The Workaholics sanno divertire, lo sanno fare bene e riescono, con intrigante presa diretta, elargire significati ad una vita tante volte troppo cupa per essere affrontata. Nel colore del dub e nella sostanza dei sogni ricreati i nostri riescono con capacità innata percepire i colori della terra e riconsegnarceli con naturale immediatezza, con una naturale energia che esplode pezzo su pezzo, raccontando del mondo che ci gira intorno, raccontando di questo e altri mondi. Pezzi come Diva, Obvious, la stessa title track, White rabbit sono solo alcuni dei momenti più felici di un disco che sa far riflettere con il sorriso sulle labbra.

Julie’s Haircut – In the silence electric (Rocket Recordings)

Nel nuovo dei Julie’s Haircut c’è sempre una ricerca costante alla bellezza espansa e metaforica all’interno di confini mai segnati, ma carichi di sostanza in divenire che come labirinto mentale intraprende strade tortuose e ricche di rimandi ad una forma canzone consapevole e strategicamente percettibile. La psichedelia si fonde con il jazz e con strati apparenti di new wave perpetua ad intrecciare vissuti ed esperienze calcanti, mai banali, ma sempre in evoluzione per un disco maturo e dal forte carattere personale. I labirinti intrinseci di In the silence electric trasformano l’ascolto in qualcosa di etereo, sognante, perpetuo, qualcosa che dalle nubi sulfuree e vaporose rende tangibilità e potenza ad un disco che nella notte e nell’oscurità trova le proprie carte interne per apparire. Da Anticipation of the night fino a for the seven lakes i nostri confondono atmosfere e ci regalano una prova superlativa.