Balentia – Nieddu (Nuragika/Roots)

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Suoni metropolitani oscuri che incrementano appoggi di vita essenziali raccontando di un’Italia in decomposizione attraverso parole che sospingono e alterano la concezione della realtà ottenendo una mistura di contemporaneità davvero essenziale. Tornano i Balentia, i rapper di origine sarda che hanno raccolto nel tempo oltre a numerose collaborazioni con artisti del calibro di Neffa, Colle der formento, Club Dogo anche innumerevoli concerti nella penisola e in Europa intascando elogi di critica per una poetica affilata e mai banale. Un disco oscuro questo, un album che non cede alle mezze misure, ma in modo introspettivo rappresenta situazioni che possiamo vivere nella nostra quotidianità sospesa alla ricerca di un qualcosa che mai potremmo avere. Nieddu è buio come la notte, ma porta con sé un desiderio di rivalsa e di libertà che si spinge oltre le consuetudini e consegna all’ascoltatore un’esigenza sempre nuova da ricercare nell’essere piuttosto che nell’apparire. 


I funketti allucinogeni – Ombre (Xo La Factory/Cabezon Records)

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Funk stradale sotterrato al suolo e pronto a scoprire un mondo lisergico e aperto a cambiamenti che si discosta dal circostante per ampiezza di vedute e capacità originali di ponderare l’ascolto per trovare nelle ombre della vita luce oltre ogni cosa. I funketti allucinogeni, un nome un programma, costruiscono un’impalcatura davvero solida in questa prova, reagendo al mondo esterno in modo del tutto inusuale, implementando un groove sopraffino senza strafare, ma piuttosto sacrificando l’inutile per ampliare vedute assestate da solide basi. Ombre è il primo EP della band proveniente dalla provincia di Brindisi e grazie ad un suono ricercato e curato riesce ad impreziosire una prova davvero interessante sotto molteplici punti di vista. Da Show me the road fino a Ombre i nostri ci regalano un disco che sa stupire e sa convogliare il necessario all’interno di una manciata di canzoni suonate come non ci fosse domani. 


Stanley Rubik – Tutto è come sembra (INRI)

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Elettronica darkeggiante apre a paesaggi di appeal emozionale in grado di scandagliare l’etere con forme sintetizzate di una poesia malinconica incrociata alle paure metropolitane di questo nostro secolo affacciato al domani. I Stanley Rubik sono tornati con un disco a tratti monumentale che mescola egregiamente suoni elettronici e asettici con qualcosa di più profondo che riesce a scaldare e a dare la sensazione che qualcosa possa avere ancora un senso. Affacciati all’indie rock nostrano, la band romana con questo Tutto è come sembra, racconta con capacità d’intenti sorprendente un mondo sottosopra, un mondo dove la ricerca costante di uno spiraglio di luce sembra l’unica via da intraprendere per dare senso alla nostra realtà. Dalla bellissima apertura di Roberto, passando per il singolo Agosto e per attimi di potenza soppesata come in Tempesta o in Kintsugi i nostri intelaiano un disco che trova nella varietà di un mondo sospeso una chiave di lettura sempre aperta nel comprendere il domani.