James and the Butcher – Plastic Fantastic (RNC Music)

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Suoni sintetici e preparati a dovere per rifacimenti anni ’80 di un pensiero altamente evoluto in un’elettronica moderna che ha il sapore di internazionalità, abbracciando storiche band come Depeche Mode, U2 o cose più attuali come gli ultimi lavori degli Editors o dei veneti Phinx. James and the Butcher sanno emozionare con una musica impattante dove l’acustica del momento si sposa alla perfezione con suoni più elettrici e dove il pianoforte coinvolgente rende i pezzi preziosi e originali, legati al filo indissolubile di ciò che è stato pur non disdegnando una certa sperimentazione di fondo capace di ottenere melodie che non si fanno dimenticare, ma piuttosto capaci di sposare a dove la causa di un suono che va oltre i nostri confini geografici per come li conosciamo. James and the Butcher sono l’esemplificazione che attraverso canzoni come The Invisible Boy, Antibiotics, Miracoulous Cancer si possa fare anche in Italia una musica dal forte impatto sonoro pur non disdegnando l’alta digeribilità della proposta. Sferzate rock dal gusto pop quindi per un lavoro davvero ben strutturato e suonato, dove tutti i tasselli acquisiscono significato unico e dove la cangiante idea di innovazione risplende in tutta la sua importanza. 


Giacomo Scudellari – Lo stretto necessario (Brutture Moderne)

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Gusto eccentrico per i componimenti strumentali e le architetture fantasiose rendono Giacomo Scudellari un cantautore alquanto profondo nella sua ostentata leggerezza. Colpi al cuore di swing eviscerato a dovere, per strutture mediterranee ad incontrare l’America Latina lungo il corso di un fiume, lungo l’attimo da far nostro e custodire impreziosendo di contrappunti musicalità che abbracciano il mondo intero e si fanno da base per i componimenti sghembi di un poeta alle prese con la conoscenza di se stesso e con la semplicità delle cose che in dissolvenza rispecchiano l’inesorabile nostra esistenza. Lo stretto necessario sembra quasi una valigia pronta a partire, un paio di libri buoni, qualche disco e qualche vestito, un abbraccio lungo un’eternità e la gentilezza di un gesto sul calar della sera; poi il treno e l’ultimo saluto. Questo però non è un disco triste, non ci si vede dentro un mondo in decomposizione, piuttosto da quello stesso mondo il nostro trasforma per dare valore alle cose. Un po’ come pensare che dal letame nascono i fiori, un po’ come dire che è tutto apposto e sotto controllo anche se non lo è. Attraverso quel bicchiere mezzo pieno di vita che ci rende consapevoli dei nostri limiti e delle nostre crisi interiori Giacomo Scudellari consegna allegria dove non esiste e questa non è cosa da poco. 


Piaceri Proletari – Giungle su giungle (Manita Dischi)

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Swing e cantautorato impazzito si incontrano per dare luce ad un suono coinvolgente che incrocia Gaber, Jannacci e Buscaglione in una suadente presenza costante che si adopera nel ricreare le basi di una protesta che perlomeno ora, con la musica moderna, non esiste più. Musica d’insieme quindi da assaporare non solo nelle balere estive, ma piuttosto da interiorizzare attraverso testi dolce/amari che possiedono quella capacità  magnetica di catalizzare l’ascoltatore attraverso un pensiero che lo riguarda da vicino e che trova nelle vicissitudini quotidiane il proprio punto di sfogo. Giulio Bracaloni e Matteo Torretti dipingono quadri e situazioni che già nella traccia d’apertura, Giungle su giungle, trovano una via di fuga dalla realtà pur contestando quest’ultima passando poi per pezzi riusciti come Mass Medium o I Perdenti, Natale alla televisione e la finale Magico Ighina. Giungle su giungle è un affronto alla realtà, è un affresco sempre presente di ossimori e di contrapposizioni, di gente che va e di gente che viene, di chi trova i pezzi mancanti che qualcuno ha portato via, tentando di ricostruire quello che ci manca o quello che ci resta.

Felice Marsili De Medici – Finalmente Normali EP (Doremillaro Records)

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Suoni tendenti ai ’90 concentrati attraverso una musica composita che vede il cantautore Felice Briguglio prendersela con un mondo altamente d’élite e rovesciare a terra un insieme di canzoni fatte per essere ascoltate e assaporate nell’attimo in cui viviamo tendente ad uno zero che può trasformarsi in infinito. L’approccio lo-fi si lega tendenzialmente alla parabola composita di testi sottilmente ironici, ma ben amalgamati al risultato d’insieme dove canzoni in perenne divenire si scontrano e incontrano le parvenze di una moda che tende a passare con il cambio di stagione e non rinfranca, anzi, sotterra elegantemente qualsivoglia forma pre costituita di ardore per un cantautorato fuori dal tempo consacrando l’immagine composita di un brindisi finale ad alto tasso emozionale. Penso che la title track sia l’esemplificazione di tutto questo: un cantautorato davvero interessante che vegeta nella bellezza dell’underground senza scopiazzare nessuno, ma piuttosto inseguendo la propria strada nei cunicoli bui di questa vita.