Matthew & The crowd – Roads (Autoproduzione)

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Le strade infinite degli anni ’80, asfalto che si solleva e conquista in un infinito bisogno di convivere con i propri scheletri, con il proprio essere stato, alla ricerca di quel qualcosa che non è di questo mondo e che vibra ancora prima dell’esplosione finale. Matthew & the crowd è il progetto del compositore e polistrumentista Matteo Brioschi, un tuffo nei suoni di qualche decade fa senza disdegnare approcci più moderni alla Editors, accompagnati da una calda e avvolgente elettronica capace di imbrigliare il momento ad arte in una solitaria composizione di vita che ingloba la luce per dare spazio all’oscurità e ai ritmi serrati per un album che è la summa di un lavoro durato anni, un lavoro che trova in questa ricerca la strada da seguire, la strada da mantenere. Da Alter Sight fino alla finale Right Fib, passando per pezzi come Where, la meditativa Interlude e To each other il nostro dipinge un concentrato di mondi che si scontrano e rendono questo pezzo di vita credibile e nel contempo raffinato.

Inarmonics – A thing of beauty (New Model Label)

Disco dal colossale impatto d’altri tempi registrato completamente in presa diretta e che assapora in un solo istante la storia della musica rock e prog per come la conosciamo in una sostanziale ricerca che fa repentinamente un tuffo indietro negli anni fino a scovare quell’essenza di fondo che caratterizzava band passate  e che ancora oggi rivivono grazie allo spirito in musica di gruppi come i nostri Inarmonics. A thing of beauty non si limita a circoscrivere la propria ricerca all’interno di un solo genere musicale, ma piuttosto scava nelle profondità degli abissi per dare all’ascoltatore elementi di dark wave approcciati al progressive per un unione davvero inusuale, ma sicuramente impattante che mescola uno strumentale d’azione in evoluzione con momenti più meditativi e rilassanti. John Keats al proprio fianco i nostri intascano una prova davvero coraggiosa e mutevole dove una cosa bella è una gioia per sempre e dove la versatilità con cui vengono suonati i vari strumenti presenti è emblema di padronanza e valore d’insieme essenziale e da preservare.

Frank Sinutre – The boy who believed could fly (New Model Label)

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E’ un tuffo elettronico artigianale, è l’istantanea che raccoglie l’attimo e consente all’ascoltatore di fare un fermo immagine imminente e nel contempo stratificato dove i particolari e le sfumature sono accentuate da reprise sostanziali e sostanziosi e dove l’aria di fondo permette di sfidare la gravità verso nuovi limiti e mondi sempre più lontani. Il nuovo lavoro certosino dei Frank Sinutre è un disco elettronico, ma nel contempo è anche un disco d’atmosfera che riesce a racchiudere la potenza espressiva di Moby con l’idea di movimento circolare di band come Air per un suono d’insieme di notevole caratura capace di esprimersi lungo tutte le dodici tracce del disco e non ha paura di osare, anzi, al suo interno racchiude proprio quel bagliore sfrontato di poesia sonora che in questo insieme ben delineato di brani trova il suo punto di sfogo. Ascoltare ora i Frank Sinutre è un po’ come fare un salto da un grattacielo accompagnati solo da un ombrello, è lo sfidare i nuovi mulini a vento della nostra società è il ritrovare se stessi all’interno di un circuito elettronico che vibra attese infinite.

Stramare – Non preoccuparti (Autoproduzione)

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Canzoni soppesate al filo del ricordo e pronte ad entrare in una semplicità di fondo che è maestra di scuola e maestra di vita in grado di far intercorrere pensieri d’amore mai ostinati, ma piuttosto leggeri e profondi che si affacciano alla quotidianità in costruzione e rendono il tutto un affresco di idee dolci/amare di inquietudine, ma anche di rimpianti e momenti che non torneranno più. Il nuovo di Ep di Matteo Palazzolo è un concentrato di suoni neo folk moderni, chitarre da spiagge attorno al falò della vita e tanto interesse nel comunicare significati e disillusione con un approccio volutamente scarno ed essenziale, tra un vecchio Battisti e un più moderno Colapesce nell’eterna ricerca di volar trovare la canzone perfetta, quella capace di racchiudere un concetto, una sensazione, uno stato d’animo. Quello che ne esce è un raffinato dischetto pop, mai gridato, ma piuttosto sussurrato in cui tutto è in ordine e nel contempo fuori posto, in direzione del vento su di un mare che bacia la sera e il sole pronto a ritornare.

Bang bang vegas – Party Animals (Autoproduzione)

Animali da palcoscenico sguinzagliati a mordere a suon di note un’energia isterica e contagiosa, quella della potenza di fuoco espressa nella musica anni ’70 quella che ti faceva ballare, sudare ed espellere il momento a suon di incontrollate vibrazioni e riff satanici. I Bang bang vegas sanno il fatto loro, lo si intuisce già dall’intro della title track, riescono a catalizzare il momento per estenderlo e farlo ansimare di fugace osservazione grazie ad un suono che attinge in modo anacronistico il proprio valore direttamente dagli anni in cui tutto è partito, gli anni del rock e inconsapevolmente, forse, attraggono ancora folte schiere di estimatori con pezzi che parlano del bisogno di vivere, delle strade infinite da percorrere e della libertà sempre più in costruzione, sempre più in divenire, una libertà mai celata, mai nascosta, ma piuttosto esibita a pieni polmoni in pezzi come Single, Sweetest crime o la finale I wanna be rich, senza nascondersi mai e soprattutto inglobando la lezione del tempo riuscendo poi ad espellerla in tutto il suo mirabile splendore.

Doris – Doris (Autoproduzione)

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Suoni in divenire che producono un rock sospirato e sospinto capace di affilare le lame attraverso arpeggi cosmici in grado di dare un senso a questa breve produzione di sostanza. I Doris, band post rock di Taranto, ingabbia la potenza espressiva in codici fruibili e di significato e produce l’effetto farfalla ingaggiando una prova con il tempo che abbiamo dinnanzi lo fa in modo ispirato e in direzione contraria, lo fa con riverberi che coprono l’arco totale dei pezzi presenti come arcobaleni in grado di dipingere i sogni più nascosti dentro di noi. Quello che ne esce è un album di quattro tracce davvero importante, una piccola summa di un pensiero che a mio avviso darà le giuste soddisfazioni e imprimerà con forza la giusta passione e il giusto pathos emotivo ad una band che ha ancora notevoli carte da giocare sul tavolo della vita.

Sam & The black seas – Silver (Atomicfat)

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Indie folk d’oltreoceano sdoganato a dovere in grado di entrare in comunione con l’ascoltatore attraverso la cassa di risonanza emozionale che si staglia e vibra ancora, produce fertile terreno per soddisfazioni ineguagliabili e si ricava di diritto un posto nella musica d’autore soppesata, sospinta e alquanto matura. Il disco d’esordio di Sam and the black seas è un disco completo sotto molti punti di vista, un album capace di abbracciare le produzioni di ciò che fu, Nick Drake su tutti e che ingloba il pensiero di cantautori come Glen Hansard e i suoi The Frames per una musica ricca di carica emozionale e bagliori di bellezza accecante che già possiamo sentire nella traccia d’apertura Something went wrong passando per la title track e le perle come The love we owe e Agata ad accendere quel fuoco leggero perpetuato dai quattro musicisti milanesi e che si staglia come potenza in divenire capace di dare soddisfazioni importanti attraverso una prima prova d’insieme davvero spettacolare, introspettiva e delicata, un disco che farà ancora parlare di sé.

Bravi Tutti – La ruota della sfortuna (Orzorock)

Copertina di Bravi Tutti La ruota della sfortuna

Punk senza mezzi termini e mezze misure che con fare sapiente e rima facile affronta la nostra realtà con ironia disincantata producendo una musica sporca e a tratti subalterna che per definizione e spiriti affini ricorda band italiane come Punkreas, Derozer e I Melt in un bisogno pronunciato di uscire dagli schemi e di penetrare il nostro essere attraverso testi dissacranti e magnetici in un correre e rincorrersi tipico di certi generi, tralasciando l’inutilità e salendo il trono del fancazzismo con stile, denunciando proprio quel mondo e da quello stesso mondo poi attingere nuovi spunti per produzioni sempre più attente nel dare vigore ad una musica in grado di ricoprire radici che affondano nello splendore degli anni ’90. I Bravi tutti suonano dal 2009, suonano perché in primis è essenziale farlo, suonano perché in questo mondo degradato non c’è altro di meglio da fare e dentro a questa ironia, non lasciata al caso, chiamata La ruota della sfortuna ci mettono tutto il loro coraggio e la loro forza confezionando un disco piacevole che si fa riascoltare e di questi tempi, dove le produzioni di massa sono imperanti, non è cosa da poco.

-LIBRI ILLUSTRATI- José Sanabria – Con il passare del tempo (Kite Edizioni)

Titolo: Con il passare del tempoCon il passare del tempo

Autori: José Sanabria

Casa Editrice: Kite Edizioni

Caratteristiche: pag. 44, 28×21 cm.

Prezzo: 16,50 €

ISBN: 9788867450510

Il prezioso trasformarsi e trascorrere di quella cosa che chiamiamo tempo risplende nelle poche pagine di questo cartonato illustrato d’autore, un libro che fa della potenza visiva un punto d’ancoraggio per sostenere lievemente un concetto alquanto delicato, mai sottinteso e reinventato a dovere che per l’occasione si perde all’interno di un cerchio concentrico chiamato vita che trasporta le nostre ambizioni fino negli abissi più profondi, per veicolare significati, veicolare ambientazioni che parlano da sé e moltiplicano la speranza, moltiplicano la nostra forma di divenire e la rendono chiara e vivida, facilmente interpretabile.

Le opere d’arte in genere dovrebbero esprimere con concetti semplici idee, tramite spiegazioni che si fanno largo senza sviluppare complicati appigli o ricercatezze astratte ed ermetiche, l’opera d’arte dovrebbe parlare a tutti tramite un’esplosione di emozioni che ben risultano espresse in questa grandiosa produzione firmata Kite Edizioni. Un racconto scritto ed illustrato dal colombiano José Sanabria, argentino d’adozione dal 1992 e famoso in tutto il mondo grazie alle sue opere d’impatto grafico dipinte ad acquarello che entrano in comunione con l’immerso mondo del maestro praghese Zavrel e capaci di compenetrare le ambientazioni attraverso disegni che occupano in toto la pagina e lasciano al testo solo un’esigua parte dell’intera stampa perpetuando l’idea di moto ondoso e di ineluttabilità che proprio attraverso queste pagine riesce a raggiungere una forma comunicativa a tratti ineguagliabile.

Con il passare del tempo inizia con una nave, con delle persone e finisce con una nave e con delle persone, una storia che è cerchio perpetuo dove l’ambientazione di fondo segue il mutare delle stagioni e il mutare delle maree in un imprevedibile gioco chiamato vita che dona e che prende senza un algoritmo fisso, ma piuttosto seguendo gli spostamenti ondosi dei nostri sentimenti, scardinando l’idea di staticità e dando un senso vorticoso ad una narrazione che si sofferma sulla cronistoria degli eventi lasciando al lettore un’interpretabilità che attinge linfa vitale dalla potenza stessa delle immagini.

La grande nave della vita è emblema delle nostre cadute e del nostro mettersi insieme è il prendersi cura di qualcosa e nel contempo è il prendersi cura degli altri, nel libro il singolo non esiste, ma l’insieme è stimolo per ricominciare a perpetuare azioni che danno un senso al nostro vivere. La nave che procede senza una direzione, ma con senso davanti a sé e se non è la rotta a delinearne la via di certo le persone sono le uniche a fare la strada e a scegliere il proprio destino in un’infinita ricerca del recuperare l’abbandonato per farlo risplendere ancora.

Per info e per acquistare il libro:

http://www.kiteedizioni.it/it/libri/illustrati/view/444:con-il-passare-del-tempo

Chrome Sky – Artificial (D Cave Records)

Non è avanguardia, ma sperimentazione musicale e sonora capace di fare un tuffo nell’inconscio umano per scandagliare a ritroso le nostre vite e rigettarle al suolo come fossero bambole di pezza o di carta straccia, un’alienazione viscerale che incrocia diversi stili, diversi generi, suoni pesanti che introducono parti di elettronica cattiva a sottolineare reminiscenze con il proprio modo di essere, con il proprio stare al mondo che permettono ai Chrome Sky di trarre consapevolezza da una prova davvero notevole. Il duo di Catania formato dal poliedrico Paolo Miano e il programmatore Mario Ferrarese ci dona un disco alquanto strutturato e potente, di quella potenza madre di ogni anfratto musicale in grado di valorizzare tematiche davvero importanti ai nostri giorni e che trovano il loro punto di svolta in ogni singolo brano presente in Artificial. Da Artificial man a My scars i nostri comunicano con una musica alquanto espressiva e lo fanno così bene da far paura.