So Faking – So Faking (I dischi del minollo)

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Album fresco e di spessore nato sull’urgenza del momento e in grado di catturare l’idea di un garage rock in evoluzione e lineare quanto basta per dare un senso alle dieci canzoni proposte sotto la stella della semplicità, ma soprattutto dell’efficacia, in grado di mantenere promesse e attese per un progetto, quello del genovese Paolo Pretto, di intercettare sapientemente una musica principalmente legata agli anni 60′ che riesce a centrare l’obiettivo di creare un ponte con gli anni ’90 di band come Blur in una unione di intenti che rigogliosa si sposa bene alla causa e trattiene un’enciclopedica discografia di mostri del rock come i Beatles per rilanciarla a dovere in un rispolvero che si fa tangibilità in pezzi come l’iniziale So young fino a Raging Doll in un disco che esso stesso cerchio di continuità con un passato dall’aspetto vintage, ma non troppo, in cui la destrutturazione e il cantato sono forme essenziali per la buona riuscita di una produzione che mira alto, qualitativamente parlando e si porta con sé uno strascico importante da mantenere nel tempo.

Dipensieri – Non colleziono farfalle (Autoproduzione)

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Cantautorato influenzato dal rock per dare vita, forma e sostanza ad un paradigma musicale che ricerca la propria strada nel mare di produzioni odierne per un suono originale che trova nella giusta unione, tra grandi del passato e del presente, il punto di raccordo per una musica fatta di veridicità e di parole studiate a tavolino dove l’impronta del suono anni ’90 è tangibile per ricerca contestualizzata, ma anche per esigenza cronologica in un dibattere di pensieri e forme che si muovono nella quotidianità, nelle difficoltà di ogni giorno  ottenendo un risultato che di per sé è la prova tangibile che costanza ed impegno portano ai frutti sperati, mescolando le carte in tavola e dando al tutto quel sapore di vintage reale che accompagna questo disco fatto di ricordi, emozioni e lotta costante all’evoluzione del mondo che ci circonda in nome di una libertà troppo spesso negata, nella naturalità delle cose, nella naturalità degli intenti che si immolano ad arte e rendono ancora più reale un suono che non è puro e semplice sottofondo.

Santacroce – Migras (Ghost Label Record)

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Rock raccontato che si scontra con un cantautorato e con un fardello più pesante legato ad orpelli hard che ben si sposano nel progetto di Alessio Santacroce rocker livornese fautore di un disco, Migras, in grado di raccontare fasti e cadute di una società in via d’estinzione prendendo quasi come spunto d’obbligo le migrazioni interiori, quelle dell’anima, quelle che ci troviamo a vivere sotto l’effetto narcotizzante dei media moderni in un sodalizio che sposa genere differenti e si lascia al conturbante ed emotivo uso delle parole alla ricerca di un messaggio da comunicare per vivere appieno una vita che trova nell’illusione del momento un appiglio da dove poter partire per ritrovare la strada verso casa. All’interno di queste canzoni ci sono tracce evidenti di una musica di fine anni ’80 e inizio ’90, dai Litfiba passando per gli Afterhours in un suono concentrico che apre le porte nel valorizzare la forma canzone nella sua interezza, nella sua importanza, garantendosi d’obbligo un posto tra chi usa il linguaggio musicale per andare oltre il mondo stereotipato, alla ricerca di una propria strada da seguire e facendo parte di quel sempre più esiguo gruppo di cantautori in via d’estinzione.

The dolly’s Legend – Past&Present (Autoproduzione)

Autoproduzione enciclopedica formata da due dischi che porta il bolognese Francesco Nobile a ricavarsi un posto nel cantautorato vecchio stile di matrice americana in concomitanza con il passaggio essenziale di una musica legata agli anni ’70 al mondo in cambiamento e alla rinascita del blues in chiave rock, per un suono che è anche un amalgama omogeneo di vissuti intrappolati nella rete della pellicola della vita e voracemente ridistribuiti per dare un senso ad una produzione solitaria dove il passato è legato indissolubilmente al presente e dove quella voce di bimbo iniziale, in entrambi i dischi, ci accompagna nello scoprire un blues acerbo, ma vissuto, capace di entrare in profondità e scovare, grazie alla costanza, all’interno della scatola chiamata realtà in un excursus temporale che nella sua semplicità naif rende questa proposta apprezzabile e ben legata ad uno spirito di continuità con un tutto che vede la dimensione per così dire live prendere il sopravvento in una rievocazione di ciò che è stato, con voglia di mettersi in gioco e sperimentare altre forme di comunicazione.