TONTO – EXCERPTS #2 (Musica Per Organi Caldi, Weird Tapes Rekords, Insonnia Lunare, Still Fucking Angry Records, Narvalo Suoni)

Alla fine torniamo sempre qui, da dove tutto è partito, dal silenzio del mondo e dal rumore assordante che ingloba e attanaglia, il rumore dei piatti e un suono incatalogabile che apre a profonde e diverse interpretazioni. Per qualcuno forse questa musica è solo rumore, per altri invece è un vero atto di liberazione, un entrare e uscire da un meccanismo tipicamente instabile che regge il confronto con il supporto su cui è proposta questa registrazione: la cassetta, quella vecchia cassetta di ricordi, quasi a voler dire ritorno indietro per mettere ordine al rumore, quello vero della vita moderna, un caos primordiale quello di Tonto che non si lascia suicidare, anzi trova un varco per cercare dentro di sé un proprio percorso da seguire, una propria forma di identità, tra testi che probabilmente non hanno nessun significato e giustamente ripercorrono, all’insegna del puro atto liberatorio, un percorso fatto di stratificazioni, di incisioni e di groove demoniaci con la naturale tendenza di dare volto a un fenomeno veramente underground che nella sua semplicità alza la polvere dai piatti e guarda al futuro, sorridendo, con uno schiaffo al perbenismo da parata e una sostanza che alla fine se ne frega del tutto attorno.

The Bronze Bananas – The Bronze Bananas (Autoproduzione)

album-cover

Affezionati al rock ‘n’ roll degli anni ’60 quando le balere si riempivano al suono di vespe strillanti e serate che si lanciavano in balli sfrenati, affezionati ad un appeal essenziale, senza troppe ricerche, ma con un bisogno di esprimere sensazioni grazie ad una musica debitamente convogliata nell’attimo che fugge e nel rincorrere la gioia della singola nota pronta a farci ballare all’inverosimile. Loro sono i The Bronze Bananas, vengono dalla romagna, patria del folclore musicale da serate danzanti, un gruppo capace di confezionare un album carico di quel desiderio quasi imprescindibile di ritrovare punti di contatto con un tempo che non c’è più, incrociando beat dal sapore vintage riproposto in chiave, a tratti psichedelica, da Cliff Richard, passando per i The Beach Boys in uno scuotere l’interno per dare senso diverso al nostro intorno ecco allora che i nostri riescono nell’intento di registrare questi undici pezzi in lingua inglese, tranne che per una comparsa in lingua madre con la ballad Controtempo uno dei brani più riusciti dell’intera produzione proposta. Che sia un segnale questo? Di certo l’atterraggio sul pianeta della lingua italiana riesce a comunicare maggiormente e trovo che ci sia una forte musicalità nel tutto che ben si sposa con il sound in questione; spero che i nostri riescano a trovare una strada da percorrere più vicina a quest’ultima possibilità, la stoffa c’è e magari potremmo avere un gruppo come I Ribelli o I Corvi attualizzato e integrato nel nostro tempo.

Davide Iodice – s/t (Seahorse Recordings/Audioglobe)

L'immagine può contenere: natura

Miscugli eterogenei di musica classica e musica elettronica in compartimenti aperti che lasciano presagire futuri filtrati da luce soffusa che illumina la steppa innevata e lascia, al proprio passaggio, orme di una meraviglia strutturata e soppesata, affondando i colpi, affondando una voce che si sposa con una musica quasi eterea e ansiosa di contaminarsi ad influenze che per certi aspetti ricordano le sperimentazioni di un primo Battiato, quello lontano dalla forma-canzone pop e più vicino a contesti lisergici e pulizia del suono che vuole ricercare, nella commistione di genere, un proprio punto di fuga, un punto di atterraggio da dove poter meravigliosamente proclamare il proprio senso di libertà profondo in comunione con la natura circostante. Un disco non di facile ascolto, richiede più tentativi per immagazzinare l’insieme di sfumature che si protraggono all’orizzonte, di certo il nostro Davide sa confezionare una prova stilistica davvero notevole, caratterizzante e portatrice di una bellezza inconfondibile e originale.

Nicola Caboto – Hey Caboto (Autoproduzione)

Nicola Caboto è cantautore da peripezie squinternate in grado, con la sua anima blues, di entrarti nelle vene al suono di un rock ‘n’ roll impresso nel tempo, ma proiettato ai giorni nostri in sodalizi che vanno a braccetto con una scrittura che si fa carico di una vita quotidiana capace di parlare con parole semplici e testi cangianti di una realtà quasi ai margini dove i continui traslochi sono fonte di ispirazione per canzoni che saltano di pari passo, in modo quasi strampalato, da un pianerottolo ad un altro alla ricerca di un proprio posto nel mondo dove poter abitare. Nicola Caboto al disco d’esordio strappa un sorriso in faccia a chi lo ascolta e riesce nell’intento di creare quel senso di intimità profonda che abbiamo con le piccole cose di ogni giorno, quello che un po’ riusciva a fare il Dente degli inizi, ovviamente in chiave più soft, per un disco, questo, che attraversa la nostra realtà e proprio dentro a quella realtà si sedimenta cercando radici comuni in intenti preziosi da saper cogliere e assaporare. Tra chitarre e tastiere il nostro ne esce vincitore, in cerca di un posto dove vivere si, ma pur sempre vincitore.

Sixtynine – Denti (XXXV)

Canzoni che parlano della nostra quotidianità cantate in italiano e ricche di pathos emozionale capace di sconfinare oltre la canzonetta pop sanremese e accentrando testi puntuali al racconto dei giorni che avanzano intrecciando sapientemente usi e stili diversi per otto canzoni che non mirano ad essere entità a se stante, ma piuttosto sono brani in grado di ricercare una loro strada da seguire per completarsi e raggiungere obiettivi di comunione d’intenti che convincono sin dalle prime battute grazie a quella Mi sveglio che fa da apripista acustica a forme corali di passione che riesce a raggiungere l’energia sperata in pezzi simbolo come Seropram, passando per Ruggine dove è presente la collaborazione con i The Winstons: Dell’Era al basso e alla voce e Enrico Gabrielli ai synth fino a quella Dentro che racchiude speranze e dona profondità al significato totale di un disco capace di affrontare canzoni che non si sciolgono facilmente al sole, pezzi di noi che portano con sé la solitudine in divenire e il desiderio di cambiare oltre ogni cosa.

Diane Peters/Andrea Ponzoni – cafeAmaro (Autoproduzione)

L’ideale di fondo nel creare costante scambio e intreccio di informazioni per una musica alta e raffinata, strumentale e disincantata capace di proiettarsi nei nostri giorni e nel contempo rituale perpetuato con contrappunti jazz che inglobano stratificazioni elettroniche al suono dell’avanguardia disinvolta e accolta attraversando le esigenze di un’arpa nell’uscire allo scoperto per pro creare musica di altissima qualità, un suono originale da lounge bar notturno dove gli intrecci di amori perduti si raffrontano con il presente e si abbandonano inspirando la solitudine come fosse un quadro di Hopper e un’apertura necessaria a pezzi che creano strutture leggere attraverso l’utilizzo di strumenti in divenire come la viola, il violino, il flauto, la tromba per un suono sperimentale che riesce a cullare nelle ore più buie della notte.