Trevisan – Questa sera non esco (Fumaio Records)

Trevisan è un pirata moderno, uno che solca i mari delle introspezioni future e lascia sul tavolo di legno tarlato l’ideale di sentimento che attanaglia, circoscrive e rassicura, contorcendosi a dismisura e ponderando una sorta di musica d’autore che si fa ponte tra passato e futuro, una voce roca sopra coperta, l’acqua tutt’attorno e il nostro imperscrutabile navigare lungo i flutti della coscienza, a raccontare storie, a non dare giudizi e soprattutto a non dare nulla per scontato in un’esigenza quasi letterale di approfondire gli istanti, le bellezze e le persone, un po’ con ironia un po’ con il fare di chi in vita ne ha viste molte, da Il mio disco nuovo fino all’omaggio esaltazione dei Rancid Olympia, WA il cantautore bergamasco si concede ad un temerario esistenzialista punk d’avanguardia acustico, imperniato da strutture che si affacciano direttamente nella quotidianità di ognuno di noi, intrecciando il cantautorato a qualcosa di più complesso chiamato vita e che ci rappresenta oggi forse più di ieri.

Danubio – Danubio (Vollmer Industries/DGRecords/I Dischi del Minollo)

Disco corrosivo che riempie l’etere di tanta sostanza sonora capace di rinfrancare gli animi più esigenti in un concentrato di rock sudato che fa da perno ad una produzione di tutto rispetto che cavalca l’esigenza di sputare in faccia alla realtà un significato profondo che ben si evince in questa stratificazione musicale, al di là di qualsivoglia forma di omologazione e riempiendo gli spazi con suoni che si affacciano ai primi Verdena, quelli di Solo un grande sasso per intenderci, fino a toccare vertici di apertura a band attuali come FASK in un sali scendi di sensazioni e sviluppi che attanagliano e conquistano, abbracciano e ripagano di tanto lavoro quasi ad ottenere nella naturalità del momento il guizzo giusto, la scintilla errante pronta a scoppiare e a far fuoco di nuovo, da Dailan fino a Dov’è la psicopolizia quando serve? passando per Nuoto perpetuo e Tre, se conti me per una prova che apre spazi e si confronta con una realtà tante volte troppo pesante per essere compresa, ma che in questo disco trova una via preziosa di fuga da questo stesso vivere e forse solo questo conta.

Il ballo dell’orso – Secondo me mi piace (Black Candy/Woodworm)

Cantautorato che si perde nei meandri della continuità intascando una prova che ingloba un pensiero immedesimato e quasi menefreghista di un certo tipo di non sense che parla con introspezione di un mondo in decomposizione e sazio di vicende quotidiane, sorgente stessa per una prova che sa di tempo prezioso, una seconda prova  capace di sottolineare la capacità di questa band nel ricreare scatole di ambientazioni sonore che ripagano della fatica e danno il loro meglio grazia a musica di pregevole fattura attorniata da testi erotico – vissuti che ricordano in certi passaggi le morbosità di alcune composizioni di Elio e Le storie tese o degli Skiantos tralasciando la matrice punk del tutto e valorizzando una prova che trova nel cantautorato la sua maggiore introspezione in pezzi come L’ultimo uomo sulla terra, bellissimo spaccato di genialità corrosiva, fino al grande finale lasciato a Tutto quello che mi resta, quasi a voler dar conferma del valore di questa band che sa come non prendersi sul serio e nel contempo conosce il segreto per racchiudere dentro a tutto questo disco un significato che va al di là delle apparenze.