Ainé – Generation One (Totally Imported)

Un suono che si fonde e cola con i nostri pensieri, un suono dal sapore internazionale e stratificato a più riprese che consente di immortalare l’efficacia di frasi in loop e sagacia artistica che permette di divincolarsi alle forme di cantautorato tradizionale per dare vita ad un approccio moderno ed emozionale al tutto, capace di raggiungere profondità che si interrogano e ci rendono continui ricercatori tra le stelle in cielo.

Ainé è il progetto solista di Arnaldo Santoro, talento nazionale che entra di diritto nel panorama della musica italiana con un disco elettronico che sa di città metropolitana, ma allo stesso tempo ha il sapore del sobborgo e della rinascita, innescando a catena e mescolandoli assieme, generi come il soul, l’hip hop e l’RNB, un suono caleidoscopico che ammalia fin dalle prime battute, vantandosi positivamente di numerose collaborazioni internazionali e non come Alissia Benveniste e Kyle Miles al basso per passare a Ghemon, Davide Shorty, Gemello e Sergio Cammariere in una bellissima Dopo la pioggia, primo singolo estratto dall’album, canzone capace di intrappolare istanti di vita in una manciata di attimi.

Un album ricco di poesia questo, in grado di parlare ai giovani del nuovo millennio, un disco fatto di una luce tenue e di un’ombra nascosta nella nostra mente; quelle di Ainé sono canzoni che fanno parte di quelle meraviglie sonore che non durano un momento, ma si fanno strada nei racconti di ogni giorno, sfidando le apparenze, in nome di una costante ricerca emozionale che si spinge oltre le nostre vedute.

Nashville and Backbones – Cross the River (Autoproduzione)

Un suono che arriva da terre lontane e si innesta tra svariati generi e dimensioni in una sperimentazione che va oltre il country come si potrebbe pensare dalla copertina e dal nome della band, un suono che spazia egregiamente dal folk al blues, fino al rock accennato e alle spruzzate reggae che intercorrono a ricreare una sintonia di immagini evocative che rendono il pensiero dei Nashville and Backbones, un pensiero più tangibile, ma allo stesso tempo onirico, tra territori inesplorati del Nord America fino alle latitudini meridionali della nostra terra, per una musica che non chiede di essere al centro di un pensiero soggettivo, ma piuttosto entra a pieno diritto in un progetto lontano dall’individualismo, in nome di una partecipazione attiva senza confini.

E proprio di confini che non esistono si parla in questi 14 pezzi, si parla di libertà da raggiungere ed esigenza nel ricreare una comunione, un legame con la nostra terra e con le nostre aspirazioni, un legame che ci concretizza prendendo spunto dai grandi della musica come gli America, gli Eagles, i Counting Crows fino raggiungere il folk d’oltreoceano dei nostri giorni.

Un disco per ballare e per riflettere, canzoni che permettono di fare un giro rapido del mondo, comodamente seduti sul divano di casa, in cerca della libertà sperata che attende oltre la nostra visione di civiltà.