Circolo Lehmann – Dove nascono le balene (Libellula/Audioglobe)

Sanno parlare di posti lontani, di territori che fanno parte però del nostro vivere quotidiano, quei territori dell’anima da esplorare attraverso elucubrazioni prog che si spingono ben oltre le maree e ci lasciano con il fiato sospeso ad immortalare il momento, a segnare in modo indelebile una contaminazione che si innesta dentro al sogno psichedelico e attraverso una folata di vento, riesce a ristabilire equilibri scavando nelle passioni dei giorni perduti.

Ascoltare il Circolo Lehmann è prima di tutto fare un passo indietro, negli anni ’70 italiani, tra suite sonore che meritano più ascolti per essere interpretate, una musica che poi si proietta nei giorni nostri toccando le corde di un cantautorato alla Niccolò Fabi in divagazioni alla Paolo Beraldo con suoi Public, per passare prepotentemente ad una quiete acustica che ammalia e sincera commuove, in una ricerca stilistica dei pezzi che incontra la letteratura e il conflitto eterno tra il criptico e l’evidente in una dicotomia sogno e realtà che si respira in apnea lungo tutte le undici tracce che compongono questa piccola opera seducente, dalla bellissima e incontrastata Marlene fino a Cosa ci siamo persi a rincorrere un vuoto che ci vede protagonisti per passare ad osservare l’oceano in Dove nascono le balene, pezzo di pregevole fattura che da il nome al disco e che in qualche modo è il sunto di un pensiero a tratti oscuro e di denuncia, che si contorce nel suo abbaglio e ritorna nelle profondità degli abissi, a ristabilire una comunione d’intenti con le nostre aspirazioni future.