Candybag – EP Ending (Autoproduzione)

Gioco di parole per un lieto finale che invece è pura ricerca di un posto nel mondo, di un posto dove stare, soffocati dal nostro vivere, dai ricordi e dalla tavolozza di colori che ingloba la nostra anima e la fa incedere lungo strade prive di uscita, lontano dagli occhi e lontano dal cuore trovando però sempre il modo per ritornare a casa.

Un Iva Graziani moderno, che incrocia le vie del cantautorato più attuale, il nostro Candybag, all’anagrafe Vincenzo Adduci, che con gli amici Giuseppe Porciello, Francesco Franzese e molti altri, ci regala una prova emozionale, in una solitaria discesa verso l’oscurità, colorata dalle digressioni sonore del Jeff Buckley più solitario e intimista capace di colpire con parole immediate e dirette le malinconie che trasformano l’esigenza di vivere in parti strumentali frapposte alla durata del nostro essere soli, in un percorso sonoro di meritevole interesse, persistente e coraggioso.

Sono solo venti minuti, venti minuti di classe e maturità artistica nel calcare un palcoscenico insidioso e non facile da gestire, venti minuti però che attestano una strada da seguire per soddisfazioni future, tra collaborazioni che sanno di grande famiglia e una capacità di mettere in musica le esigenze del momento.

SAID – Istruzioni per Loser (RocketMan Records)

Ruvidi e sporchi, taglienti e irrefrenabili, in un concentrato di suoni che escono direttamente dall’asfalto ruvido e si incuneano nei timpani, disgregando ogni forma di opinione e lanciando al mondo un’idea di miscuglio di generi che va dal metal, molto ben rappresentato, fino al rock passando per il funk fino a quel garage che incontra l’elettronica che nulla ha da invidiare a produzioni più blasonate.

Loro sono i SAID e sono al sesto album, il primo disco però registrato in power trio dando voce a sonorità che risultano essere molto più dirette e meno ricercate del solito, con una maggiore  produttività nei testi, ben ingegnata quest’ultima e ben sospinta nel creare un interesse culturale che ci vede protagonisti delle situazioni giornaliere in cui viviamo, dove le istruzioni per perdenti possono diventare, esse stesse distruzioni, in un vortice emblematico dove costanza e immediatezza sono veicolo di esigenza sospinta nel creare e inglobare gli stili di questo progetto.

Rimasti in tre, Ricky, Gill e Matte, sputano al suolo una summa del punk rock fresca e coinvolgente, soprattutto in chiave live, dove le caratteristiche del gruppo possono travolgere e stravolgere ogni forma di movimento, io vi avevo avvertiti.

La Suerte – Uno (Discipline)

La Suerte è un concentrato sonoro di pregevole fattura che non eccede mai in stravaganze cosmiche, ma approda verso lidi più dolci e ben suonati, in una musica che è abbraccio morbido ottenebrato da testi taglienti in un continuo aprire scatole della nostra esistenza per comprendere i particolari, per comprendere la sostanza che è racchiusa in questo lavoro: pop macchiato cantautorale, un macchiato caldo, che prende forma già dall’artwork capolavoro dove uomini avidi tentano di ritrovare se stessi e la propria capacità primitiva nel far proprio un pesce che purtroppo ha scelto il suo destino, in un fagocitarsi e saziarsi tipico dei tempi moderni.

E proprio di questo parliamo, con una rarefazione che è quasi tangibile parliamo del nostro essere al mondo, interrogandoci e partendo dal principio, partendo da Uno, delineando paesaggi sonori lievi e colorati, a tratti malinconici e a tratti spiritosi, come c’ha abituato la grande tradizione della musica dei cantautori nostrani, un veicolarci verso nuovi spazi dell’anima da conquistare, in bilico tra new wave e Nick Cave, lo sporco del garage, quello punk si intende, fino a coprire un lasso di tempo indefinito, da FIAT a Mondo Cane, sovrastando spazi e segnando un percorso chiaro e maturo, dove strumentisti di gran classe  e caratura, eccedono in bellezza, quella di cui abbiamo bisogno, ogni giorno.

-FUMETTO- Il Sesto – Lucio Perrimezzi/Francesca Follini (Edizioni NPE)

Titolo: Il Sesto

Autori: Lucio Perrimezzi/Francesca Follini

Casa Editrice: NPE

Caratteristiche: Brossura, 148 pp., b/n

Prezzo: 9,90€

ISBN: 9788897141198

 

Il viaggio è l’interpretazione del fantastico, è l’occasione che abbiamo di addentrarci nei pensieri che ci coinvolgono e ci toccano da vicino, è forse l’unica possibilità di sognare non solo nello spazio, ma anche nel tempo.

La vita di Trevor Between è uno stare in mezzo a tutto questo, è esso stesso viaggio, interpretato, vissuto e inglobato, emozioni contorte e fantastiche che si dipanano lungo le ere, lungo i secoli, un’anima errante che si ritrova a vivere un concentrato di vite, non avendo età e soprattutto essendo immortale; sesto figlio del resuscitato Lazzaro vede morire le persone care che fanno parte man mano della propria vita, vede sciogliersi l’idea di vicinanza e soprattutto vive la perdita in modo indissolubile: centrale realtà di uno spettacolo che lo fa ammiratore inerme. A cambiare la vita del protagonista una presenza femminile, Alison, che riproduce in lui quel senso di stupore verso il mondo che lo porterà a legarsi all’amore, in cerca di nuove forme di passioni e allo stesso tempo in cerca di affetti e di legami profondi.

In questo fumetto c’è un grande lavoro di caratterizzazione dei personaggi che li rende in qualche modo indimenticabili e proiettati alla scoperta di un sentimento che travalica lo spazio e il tempo più lontani, un delineare, sia concettualmente, grazie alla notevole sceneggiatura di Lucio Perrimezzi, che visivamente, i disegni di Francesca Follini sono e diventano dei chiaro scuri emozionali di pregevole fattura che permettono al racconto di diventare esemplificazione narrativa dal sapore di altri tempi, una storia generazionale che guarda al futuro dimenticando per un attimo l’idea delle ere che scorrono e concentrandosi in un’ interrogazione interiore che tocca le corde più profonde dell’animo umano, quel sapore ritrovato, nel volere esprimere a tratti, una solitudine di fondo che sovrasta l’ambito mistico per concentrarsi in un susseguirsi di vortici temporali ed espedienti narrativi che fanno e faranno scuola.

Un racconto che incrocia l’arcano e l’esoterismo, tra domande filosofiche sulla vita e sulla morte, il senso del morire qui come punto di partenza, come bisogno per riscattarsi e salvare una vita, perché forse a Trevor mancava proprio questo: vivere fino alla fine.

NI NA – Only Ghosts (Nimiq Records)

copertina

Una nuova idea, una nuova concezione astratta, ci avevano abituati bene con il loro primo omonimo EP e questo disco completo conferma la maturità artistica dei NI NA e la capacità di snocciolare dance e musica elettronica con cantati in inglese e peripezie quotidiane che sfidano l’infinito e lasciano ai piedi infuocati in pista il gusto di dire come il giorno finirà.

Gli avevamo lasciati nel 2014, questi Daft Punk  italiani e ora li ritroviamo direttamente sommersi da sintetizzatori abissali e vocoder distorto che rendono i ritmi, percorsi sonori, capaci di imbrigliare le concezioni del tempo e creare una realtà fatta di immagini psichedeliche e trance suggestiva, movimentando il tutto con la presenza in due featuring di Naif Herin in Amy e di Clelia Antolini in True Romance a valorizzare un disco di tentazioni future e di luce brillante a calcare la scena, ad illuminare i club che il duo ferrarese ha potuto calcare in questi anni.

Un disco pieno e transitorio che non cerca compromessi, ma immola l’arte della musica come pensiero costante dentro al proprio corpo, quest’ultimo utilizzato come strumento per trascinare e inglobare un pensiero che di certo farà tremare anche la notte più nera.

SDANG! – La malinconia delle fate (La Fornace Dischi, DGRecords, Taxi Driver Records, Toten Schwan Rec, Acid Cosmonaut Rec)

Raccontare storie senza parlare, perché questa filosofia di partenza sa di incontrare l’apprezzamento di chi, con il tempo, ha potuto capire che tante volte i discorsi non sono necessari, ma quasi più importante è il flusso di emozioni che la musica creata riesce a trasmettere, in una continua ricerca della sostanza, dell’elemento magico che accomuna e non disgrega, che meraviglia e accende speranza dove luce non c’è.

Loro sono solo in due, anche se sembrano in quattro, sono Alessandro Pedretti e Nicola Panteghini, già impegnati tempo fa con Ettore Giuradei e a fianco di Colin Edwin negli Endless Tapes ed ora, formati Gli SDANG!, contribuiscono a portare linfa senza usare le parole, ma abbracciando uno strumentale disseminato di contaminazioni dal post rock fino allo stoner passando per grunge e metal, creando disorientamento in primis in quanto i titoli dei pezzi fanno parte di un coinvolgimento emotivo lontano da stereotipi di genere, raccontando in musica di sentimenti e di giorni persi, di malinconie per il passato e soprattutto per quelle future, nutrite di speranze nell’insuperabile Scrivimi una lettera tra nove anni.

Un album che sa di esplosione sonora e di scintille di nuova luce, un diario sonoro per i giorni passati e per quelli che verranno.

Portoflamingo – 1400g (BProduzioni)

1400g è il peso del cervello, è il peso della nostra sostanza e di ciò che crea le nostre immagini, un mondo racchiuso in un altro mondo che si ripercuote nel nostro vivere quotidiano, la capacità intrinseca di generare ricordi e soprattutto storie di vita.

Queste nove canzoni sono per l’appunto, nove punti di vista, i concetti che si diramano dentro di noi e via via prendono forma in sentimenti, aspirazioni, traendo linfa vitale direttamente dal nostro vivere quotidiano che ci appartiene e non ci abbandona.

Ecco allora che i Portoflamingo viaggiano con la musica e i synth degli anni ’70 e ’80 in testa, tra cantautorato ben bilanciato e sostanza grunge targata ’90, quasi lieve, non notevolmente distorta, ma che ci accompagna sollevando i piedi da terra in puliti conclamati che ricercano la melodia nell’interezza e la volontà di ribadire concetti già conosciuti, in forma mutevole e cangiante a segnare la scena.

Nove pezzi che pesano, nove canzoni che sono frutto di una ricerca stilistica mai banale, un viaggio dentro al viaggio, dalla nostra nascita fino all’ essere parte di un tutto, alle volte difficile da interpretare, ma che si nutre quotidianamente delle speranze che portiamo nel cuore.

Duo Bucolico – Cosmicomio (LaFabbrica/Cinedelic Records)

Sfrontati e irriverenti, capaci di fondere i loro stili in un divenire musicale che abbraccia situazioni cantautorali in bilico tra Elio e le storie tese e Jannacci, in un delirio sognante e di certo non parsimonioso, che non si risparmia appunto nulla e rende ogni canzone unica nel suo genere, impacchettata a dovere, quasi fosse episodio a se stante in modo che ogni pezzo possa diventare singolo assoluto capace di auto alimentarsi.

Il duo bucolico non ha bisogno di molte presentazioni, li ritroviamo qui, con il loro sesto disco, a spruzzare di vitalità contagiosa canzoni che parlano dei nostri giorni, quasi in modo inverosimile, un buco nero che risucchia, ma che crea, in grado di stabilire intelligentemente un divario netto con la canzone d’autore italiana per come la conosciamo, tra non sense e poesia strampalata che racconta di paesaggi interstellari e personaggi alquanto inusuali che cercano, nel quotidiano, di fuggire da un realtà che forse non appartiene loro, in deliri comici e grotteschi a cui ci siamo abituati nel tempo.

Sono tracce che si auto completano, dieci pezzi che ci danno la possibilità di vedere un po’ di luce nei falsi sorrisi di ogni giorno dando importanza alla speranza e lasciando da parte, almeno per una volta, il grigiore del tempo che passa.

Steven Lipsticks and his Magic Band – Steven Lipsticks and his Magic Band (Autoproduzione)

Un disco che travalica i confini della cameretta per approdare a lidi lo-fi  caldi e amichevoli, dove la malinconia della terra d’Albione si sposa perfettamente con il costrutto musicale che il nostro one man band, Stefano Rossetti, riesce ad esprimere, grazie a pezzi sgangherati di un folk tenero ed essenziale, dove gli strumenti più inusuali sono dispensatori di un bisogno che si fa musica nel battere le mani, nel suonare giocattoli, una malinconia quasi provocatrice e allo stesso tempo saggia, che incanala ciò che di meglio il tempo ha da offrirci e ci rende legati ai colori della vita, minimal folk lo si potrebbe definire, impastato a dovere fino a creare un eclettismo di garage pop che ha nell’immediatezza il punto più alto, l’apice della propria sostanza.

La bellezza di queste canzoni sta appunto nella creazione della proposta, nel nostro essere partecipi a sensazioni che tutti abbiamo affrontato, un disco in bilico tra le atmosfere più vissute di Micah P.Hinson, fino a raggiungere le stratificazioni di Persian Pelican, un ibrido che prima di tutto si fa umano, per raccontare, ancora una volta, la propria storia.

 

Ladro – Ladro EP (Autoproduzione)

Commistione portentosa di più generi, di più stili intellegibili, per un power trio di notevole sostanza, capace di sbaragliare la scena a colpi di emozioni assicurate e imprevedibilità racchiusa nel loro Ep d’esordio; questa band milanese incornicia una prova ricca di atmosfera e pregnante di quell’esigenza quasi naturale di trasformare la rabbia e l’immediatezza in una musica che abbraccia psichedelia cosmica al grunge di Seattle, Nirvana su tutti, fino a comprendere un cantautorato nostrano che tocca vertici oscuri e raffinati in un sentiero influenzato dal carisma e dalla portentosa malleabilità nel creare nuove forme sonore partendo da ciò che già conosciamo e portando a casa cinque pezzi, tra cui la stupenda e più significativa Temporary Shelter, che sanno di passato e anche di nuova sperimentazione, tra Sycamore Age e quel gusto per ciò che di nuovo si può creare, nell’alchimia del suonare assieme.